Occorre chiedersi, tuttavia, se tale comportamento debba essere considerato sempre e comunque causa di addebito in sede di separazione giudiziale o se invece non lo sia almeno nell'ipotesi in cui il coniuge in questione, tenti successivamente di tornare a casa, ma ne risulti impossibilitato in ragione dell'intervenuto cambio della serratura della porta d'ingresso,
La risposta a questo quesito non è di poca rilevanza, dal momento che si deve ricordare come l’eventuale “addebito” della separazione - che viene pronunciato dal Tribunale laddove il Giudice ritenga accertata l’avvenuta violazione, da parte di uno dei coniugi, dei doveri che derivano dal matrimonio - esclude la possibilità per il coniuge stesso di vedersi riconosciuto il diritto a percepire una somma a titolo di contributo per il suo mantenimento.
In proposito, si è pronunciata recentemente la Corte di Cassazione che, con l'ordinanza 7163/2016, ha chiarito tale aspetto, censurando la decisione del giudice di secondo grado che aveva fatto discendere dall'allontanamento volontario del coniuge l'addebito della separazione. E ciò in ragione del fatto che l'intollerabilità della convivenza sarebbe stata causata proprio dal coniuge stesso, che aveva, apparentemente senza motivo, abbandonato il tetto coniugale e aveva tenuto, altresì un comportamento definito come “provocatorio”.
Il giudice d'appello, dunque, aveva, in ultima analisi, ritenuto che la separazione dei coniugi fosse addebitabile alla moglie, proprio in ragione dell'abbandono della residenza familiare da parte della stessa.
In sede di giudizio di legittimità, tuttavia, è stato chiarito come l'addebito della separazione non fosse legittimo, in quanto non era stata adeguatamente presa in considerazione la notevole litigiosità che caratterizzava il rapporto tra i coniugi prima dell'allontanamento (tanto che, nella specie, all'esito dell'ennesimo litigio, la moglie, in stato di gravidanza, si era addirittura recata in ospedale, nel timore che vi potesse essere pericolo per la salute del feto).
Inoltre, osserva la Corte, anche il fatto che l'altro coniuge avesse provveduto a cambiare la serratura della porta di casa, denota l'intensa conflittualità della coppia, sintomatica dell'ormai definitivo venir meno di quella comunione spirituale e materiale che deve caratterizzare la vita dei coniugi.
In tale contesto, dunque, secondo la corte, non sarebbe corretto addebitare la separazione al coniuge che abbia abbandonato il tetto coniugale, anche perché il fatto stesso che il medesimo abbia tentato di tornare, senza riuscirvi a causa del cambio di serratura, dimostra che non era sua intenzione allontanarsi in via definitiva e che, piuttosto, è stato l'altro coniuge a maturare la decisione di porre fine definitivamente alla convivenza.