Sono ormai rari i casi in cui il giudice dispone l’affidamento esclusivo dei figli ad uno solo dei coniugi, in quanto la soluzione preferibile risulta quasi sempre essere quella dell’affido condiviso, salvo in alcuni casi limite in cui ciò non risulti conforme al preminente interesse dei figli.
Con l’espressione “affidamento condiviso” si fa riferimento al provvedimento del giudice che impone ai genitori separati di esercitare entrambi la responsabilità genitoriale sui figli e di assumere di comune accordo le decisioni più importanti per la loro vita.
L’affidamento condiviso rappresenta, quindi, come abbiamo detto, la regola, che non può essere disapplicata per la semplice volontà dei genitori di rinunciarvi.
Va ricordato, infatti, che il giudice deve tenere in considerazione solo ed esclusivamente l’interesse dei figli, con la conseguenza che egli non è assolutamente vincolato a dare applicazione ad un eventuale accordo dei genitori che stabiliscano tra loro di rinunciare all’affidamento condiviso.
Il giudice, infatti, disporrà l’affidamento esclusivo solamente nell’ipotesi in cui ritenga che quello condiviso possa arrecare pregiudizio, anziché beneficio, al figlio.
In concreto, questo significa che i genitori dovranno, ad esempio, concordare le decisioni relative all’educazione dei figli e dovranno entrambi avere un rapporto attivo e costruttivo con gli stessi, rispettando la loro autonomia.
Tutto ciò non vuol dire, tuttavia, che entrambi i genitori debbano trascorrere lo stesso tempo coi figli, essendo, ovviamente, inevitabile che gli stessi siano collocati prevalentemente presso uno dei due, con la conseguenza che dovrà essere individuato il genitore presso il quale il figlio fisserà la propria residenza abituale.
Nello specifico, tale collocamento potrà assumere la forma del collocamento prevalente (in base al quale i figli avranno la residenza abituale presso uno dei genitori, denominato “collocatario”), del collocamento alternato (in base al quale il figlio vivrà per periodi di tempo alternati presso uno o l’altro genitore) o del collocamento invariato (in base al quale i genitori si alterneranno nello risiedere presso la casa familiare, allo scopo di evitare al figlio continui spostamenti).
Con riferimento, poi, all’esercizio della responsabilità genitoriale, va osservato che tale responsabilità comprende l’assunzione di tutte le decisioni riguardanti la vita dei figli.
In proposito, occorre distinguere tra decisioni rientranti nell’ordinaria o nella straordinaria amministrazione, dal momento che, le prime (ordinaria amministrazione), possono essere assunte da ciascun genitore autonomamente e separatamente, mentre le seconde (straordinaria amministrazione) richiedono l’accordo di entrambi i genitori.
Ciò significa che uno solo dei due genitori non potrà assumere autonomamente, senza confrontarsi e ottenere il consenso dell’altro, le decisioni di maggiore importanza per la vita del figlio, quali, per fare un esempio, quelle relative all’educazione, all’istruzione e alla salute.
Se i genitori, poi, non riescono in nessun modo a trovare un accordo in merito alle decisioni di straordinaria amministrazione, sarà necessario l’intervento del giudice, il quale potrà decidere che la responsabilità genitoriale venga esercitata separatamente, attribuendo il potere di assumere le decisioni al genitore ritenuto più adatto a curare l’interesse della prole.
Bisogna precisare che le disposizioni relative all’affidamento condiviso non trovano applicazione nel caso in cui i figli siano maggiorenni, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano o meno economicamente autosufficienti e anche se siano portatori di handicap grave.
In particolare, l’art. 337 septies c.c., secondo il quale ai figli maggiorenni ma portatori di handicap grave si applichino le norme relative ai figli minori, si riferisce solamente all’obbligo di mantenimento, poiché la situazione di handicap non comporta automaticamente il difetto di capacità di agire in capo al soggetto, che va accertato caso per caso al fine di adottare le misure più idonee al caso concreto.
Per quanto riguarda, invece, l’amministrazione dei beni dei figli che siano stati affidati in modo condiviso, la stessa viene esercitata da entrambi i genitori e a loro viene riconosciuto il diritto di usufrutto legale sui beni dei figli, fino a quando questi raggiungano la maggiore età (questo significa che la proprietà dei beni rimane dei figli, mentre i genitori possono percepirne i frutti).