Il quesito è il seguente: se uno dei partner ha provveduto a pagare interamente le spese relative ai canoni di locazione dell'appartamento dove si svolgeva la vita di coppia può pretenderne la restituzione del 50% una volta che la relazione sia cessata?
Nel caso esaminato dal Tribunale di Milano, l’ex partner aveva agito in giudizio al fine di veder condannata l’ex compagna al pagamento del 50% delle spese relative ai canoni di locazione della casa in cui abitavano al momento della convivenza, che erano, all’epoca, stati interamente pagati da lui. Lo stesso chiedeva, inoltre, il pagamento di una somma a titolo di rimborso della quota di competenza dell’ex compagna per le spese di manutenzione dell’immobile stesso.
Ebbene, nonostante fosse assodato e provato come l’ex compagno avesse effettivamente sostenuto le suddette spese, il Tribunale non ha ritenuto di poter accogliere le domande di condanna dallo stesso avanzate.
In particolare, il Tribunale si richiama a quanto affermato dalla Corte di Cassazione in materia di “coppie di fatto”, osservando come, nella sentenza n. 1277 del 2014, la medesima abbia affermato che “le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell'ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell'art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell'altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale. Ne consegue che le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente "more uxorio" effettuate nel corso del rapporto ...configurano l'adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 cod. civ., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza,... tali dazioni non hanno valenza indennitaria, ma sono espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo".
Dunque, secondo la Corte, le “unioni di fatto” sono delle formazioni sociali che presentano delle somiglianze con la famiglia nata nel matrimonio, con la conseguenza che anche tra conviventi nascono degli obblighi di natura morale e sociale che devono essere reciprocamente rispettati, con la conseguenza che se un convivente sostiene degli esborsi a favore dell’altro, gli stessi devono considerarsi adempimento di “obbligazioni naturali”, vale a dire di obbligazioni che sorgono in ragione del legame che intercorre dai soggetti, che vengono adempiute del tutto spontaneamente e che non si può pretendere che vengano restituite.
Nel caso di specie, dunque, il Tribunale prende atto che le parti in causa, seppur per un “limitato e relativamente breve periodo di tempo, hanno formato una coppia di fatto, essendo andati a vivere insieme, con il figlio che la convenuta avuta avuto da un precedente matrimonio”.
Peraltro, osserva il Tribunale come l’ex compagna avesse provveduto “in via esclusiva, al vitto, al pagamento delle utenze e della collaboratrice domestica, senza chiedere alcun rimborso all'attore”, il quale, inoltre, non aveva mai chiesto il rimborso delle spese sostenute, se non quando “è subentrata la crisi del rapporto sentimentale e la convenuta è receduta dal contratto di locazione”.
In conclusione, il Tribunale ritiene di dover rigettare le domande di condanna avanzate dall’attore, “avendo entrambi i conviventi, contribuito in misura adeguata e sostanzialmente proporzionale alla conduzione della famiglia, ciascuno facendosi carico di spese diverse e senza che alcuno di essi avesse avanzato richieste patrimoniali nei confronti dell'altro in corso di rapporto, deve intendersi che il contributo di ciascuno costituisce adempimento dei doveri sociali e morali nei confronti dell'altro, espressione della solidarietà fra persone unite da un legame intenso e duraturo”.
Di conseguenza, pertanto, “deve escludersi il diritto del convivente alla ripetizione delle attribuzioni patrimoniali a favore del convivente more uxorio effettuate nel corso del rapporto configurando l'adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 c.c.”