In proposito, infatti, ci si potrebbe chiedere se trovi o meno applicazione la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 649 codice penale, il quale esclude la punibilità del coniuge che venga accusato di aver commesso un reato contro il patrimonio del proprio consorte, come, appunto, il furto, di cui all’art. [n624cp]] c.p.
Ebbene, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39480 del 2015, si è occupata proprio di quest’argomento, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Corte, il convivente era stato condannato dal Tribunale per aver perpetrato un furto nei confronti della compagna ma tale sentenza era stata successivamente riformata dalla Corte d’Appello, la quale riteneva il reato estinto per prescrizione ma confermava la condanna risarcitoria pronunciata dal giudice di primo grado.
Il condannato, quindi, riteneva opportuno procedere con ricorso per Cassazione, osservando come dovesse ritenersi applicabile, nel caso di specie, la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 649 c.p., a prescindere dal fatto che non si trattasse, nella specie, di un rapporto di coniugio ma di uno di convivenza.
La Corte di Cassazione, in effetti, ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso.
Nello specifico, la Corte osserva che “non è punibile il furto commesso in danno del convivente more uxorio”, essendo tale fatto punibile solo se avvenuto dopo la cessazione della convivenza.
Di conseguenza, poiché, nel caso di specie, il fatto era avvenuto finchè la convivenza era ancora in corso, il reato non poteva dirsi configurato.
In altri termini, deve ritenersi assodato il principio secondo cui, la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 649 c.p. (in base alla quale il coniuge non è punibile per un reato perseguibile a querela, commesso nei confronti dell’altro coniuge), si estende, per analogia, anche ai rapporti di convivenza.
I rapporti di convivenza, quindi, vengono in qualche modo “parificati” al matrimonio anche da questo punto di vista: pertanto, il reato commesso da convivente, tornerà ad essere punibile, solo ed esclusivamente nel caso in cui il fatto sia commesso dopo la fine della convivenza.
La Corte, quindi, assodato che il furto era stato commesso dal convivente, in danno della compagna, finchè la convivenza era ancora in corso, accoglie il ricorso proposto dal condannato, annullando la sentenza d’appello che aveva disposto la condanna e rinviando la causa al giudice d’appello, affinchè lo stesso possa emettere una nuova sentenza che tenga conto dei principi enunciati dalla Cassazione.