La misura dell’
affido temporaneo è disciplinata dall’articolo
333 c.c. e consiste in un provvedimento che viene adottato nell’interesse del
minore al fine di metterlo al riparo da una
condotta pregiudizievole dei genitori, senza però dar luogo alla pronuncia di
decadenza dalla responsabilità genitoriale.
Il codice, infatti, prevede che:
“Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore” e che tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento.
La questione riguardava un caso portato dinanzi al
Tribunale per i minorenni di Venezia, il quale era stato chiamato a decidere sull’affido temporaneo di tre fratelli ed aveva disposto d’ufficio il collocamento dei minori in un ambiente protetto
esterno alla famiglia.
Alla luce di tale decisione, il padre e i nonni paterni avevano presentato
reclamo alla Corte d’
appello, che ha confermato quanto stabilito in
primo grado. Sia i genitori che i nonni paterni risultavano, infatti, inadatti a prendersi cura dei giovani: il padre a causa delle
violenze nei confronti della madre, delle
percosse ai
figli e del fatto che gli era impossibile occuparsi materialmente di loro a causa del lavoro svolto; i nonni a causa della loro età avanzata e del fatto che il nonno aveva già posto in essere nei confronti di un nipote metodi educativi violenti.
Il padre e i nonni avevano perciò presentato
ricorso in Cassazione, la quale ha recentemente deciso con la
sentenza 28257/2019.
La Corte ha sottolineato che, nel valutare quali potrebbero essere i soggetti più idonei a prendersi cura del minore in caso di affido temporaneo, vanno per prima cosa
valorizzate le altre figure all'interno del nucleo familiare, tra le quali figurano proprio i
nonni. Particolare importanza, infatti, deve essere data al loro possibile contributo al
mantenimento dei rapporti dei minori con la famiglia d’origine.
Nella
sentenza, i giudici hanno ribadito la funzione tipica di questo istituto, ossia quella di aiuto al minore nei casi in cui, per vari motivi, i genitori non siano in grado di
adempiere temporaneamente al loro obbligo educativo e di mantenimento.
Tale istituto è stato dalla Corte definito come un intervento “ponte”, strumentale a tutelare il diritto del minore a crescere nella propria famiglia e avente lo scopo di eliminare temporanee situazioni di difficoltà e di disagio all'interno del nucleo familiare.
Proprio per evitare al minore dei traumi derivanti dall’allontanamento dalla propria famiglia d’origine, è preferibile, se possibile, che l’affido venga disposto nei confronti di altri membri del nucleo familiare.
Per queste ragioni, la Suprema Corte cassa il
decreto, rinviandolo alla Corte d’appello.