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Articolo 2 Legge sulla protezione del diritto d'autore

(L. 22 aprile 1941, n. 633)

[Aggiornato al 15/11/2024]

Dispositivo dell'art. 2 Legge sulla protezione del diritto d'autore

In particolare sono comprese nella protezione:

  1. 1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto se in forma scritta quanto se orale;
  2. 2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;
  3. 3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti;
  4. 4) le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia1;
  5. 5) i disegni e le opere dell'architettura;
  6. 6) le opere dell'arte cinematografica, muta o sonora, sempreché non si tratti di semplice documentazione protetta ai sensi delle norme del capo quinto del titolo secondo;
  7. 7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia sempre che non si tratti di semplice fotografia protetta ai sensi delle norme del capo V del titolo II2;
  8. 8) i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell'autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso3;
  9. 9) Le banche di dati di cui al secondo comma dell'articolo 1, intese come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo. La tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati diritti esistenti su tale contenuto4;
  10. 10) Le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico56.

Note

(1) Numero modificato dall'art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 95, a sua volta abrogato dall'art. 246, comma 1, lett. gg), D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.
(2) Numero aggiunto dall'art. 1, D.P.R. 8 gennaio 1979, n. 19.
(3) Numero aggiunto dall'art. 2, D.Lgs. 29 dicembre 1992, n. 518.

(4) Numero aggiunto dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 6 maggio 1999, n. 169.
(5) Numero aggiunto dall'art. 22, comma 1, lett. b), D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 95, a sua volta abrogato dall'art. 246, comma 1, lett. gg), D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.
(6) Si vedano, anche, gli artt. 44 e 239, D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.

Spiegazione dell'art. 2 Legge sulla protezione del diritto d'autore

Con l’articolo in commento, il legislatore si è preoccupato di offrire un elenco di opere rientranti nella tutela della L.d.a. Il catalogo, che non ha valenza tassativa ed è, pertanto, suscettibile di aggiornamenti, è stato arricchito rispetto al passato, ricomprendendo ad oggi una vasta gamma di opere da proteggere. Tali novità si sono rese necessarie nel corso degli anni in seguito soprattutto agli sviluppi tecnologici che hanno determinato la nascita di “beni ed opere” dematerializzati, precedentemente non coperti dalle previsioni normative della l. 633/44.
Il campo di applicazione della L.d.a. è, in virtù di quanto sopra esposto, potenzialmente suscettibile di continua espansione. Prendendo in considerazione i più recenti sviluppi tecnologici, si pensi, ad esempio, all’avvento dei cd. Non Fungible Tokens (“NFT”) attraverso il cui utilizzo le opere digitali, e quelle non in esemplare unico, possono assumere i caratteri di opere autentiche, uniche, o in edizione limitata e certificata, ed acquisire un valore economico considerevole. Tali asset digitali potrebbero essere oggetto di studio ed attenzione di dottrina e giurisprudenza proprio sul versante classificatorio e, dunque, in virtù delle caratteristiche precedentemente menzionate, essere reputati meritevoli della tutela predisposta dalla Legge sulla protezione del diritto d’autore.

Massime relative all'art. 2 Legge sulla protezione del diritto d'autore

Cass. civ. n. 33100/2023

L'opera di industrial design può ricevere tutela nell'ambito del diritto d'autore ove, ai sensi dell'art. 2, n. 10, della l. n. 633 del 1941, contenga un quid pluris, costituito dal valore artistico - che va provato da chi ne invoca la protezione - sulla base di parametri oggettivi, non necessariamente tutti presenti in concreto, quali il riconoscimento delle qualità estetiche ed artistiche da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato tale da trascendere quello legato alla funzionalità, la creazione da parte di un noto artista.

Cass. civ. n. 22118/2015

In tema di proprietà intellettuale, l'art. 2, n. 10, della l. n. 633 del 1941 (applicabile "ratione temporis"), a mente del quale sono comprese nella protezione delle opere del disegno industriale quelle «che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico», va interpretato nel senso che i menzionati parametri debbono risultare riconoscibili, anche attraverso il ricorso a criteri indiziari (riconoscimento in ambiti critico-specialistici, presenza di tratti sicuramente innovativi, sia sul terreno progettuale che realizzativo, precoce ed attendibile musealizzazione), opportunamente pesati (ove presenti), sulla base di un giudizio "ex ante", formulato - se del caso - attraverso il ricorso all'esperienza e al sapere specialistico di consulenti idonei a fornire al giudice validi elementi di valutazione.

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Alessandro chiede
domenica 28/07/2019 - Emilia-Romagna
“Buongiorno,

sono un programmatore informatico; diversi anni fa su commissione ho realizzato un'APP per ios e Android; non vi era un contratto scritto, ma soltanto comunicazioni via e-mail con indicazioni, immagini da visualizzare nelle APP ecc.
In generale la grafica è stata fornita in Photoshop in modo che le APP ricalcassero la stessa, mentre la logica, il database e tutto ciò che concerne la programmazione è stato eseguito da me.

Le fatture sono sempre state tutte pagate.

Tuttavia per varie ragioni i rapporti si sono detriorati e conseguentemente io ho interrotto l'assistenza sul prodotto che tuttavia al momento è perfettamente funzionante sul server del committente mentre le APP sono regolarmente pubblicate negli store.

Ora il committente per future evoluzioni mi chiede il codice sorgente. Essendo sempre mancato un contratto scritto e non essendo mai stato deciso nulla relativamente alla titolarità dei codici sorgenti, devo consegnargli il codice come richiestomi (tramite avvocato) oppure il committente non ne ha diritto e posso farmi pagare?

Infine nella lettera dell'avvocato, non solo mi vengono lasciati soli 5 gg non lavorativi di tempo, ma si fa riferimento ad una mia frase scritta in una e-mail dopo un'ennesima divergenza con il committente (che avanzava richieste infondate e pretestuose): "Al primo intoppo ti consegno sorgenti e finiamo qui" che non credo abbia nessun valore rispetto alla titolarità dei sorgenti ma sulla quale vi chiedo di esprimere la Vs. opinione.

Grazie

Cordialmente”
Consulenza legale i 01/08/2019
I software (programmi per elaboratore) rientrano nel novero delle opere protette dalla legge sul diritto d’autore e sono assimilati alle opere letterarie. In particolari essi sono protetti “in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore” (art. 2, n. 8. della Legge n. 633 del 1941, Legge “sul diritto d’autore”).

Ogni opera dell’ingegno, infatti, per essere tutelata dalla disciplina del diritto d’autore deve assumere carattere “creativo”, perciò anche i programmi per elaboratore: “La protezione offerta dal diritto d'autore - nell'ambito della tutela dei "beni letterari" - ai "programmi per elaboratori elettronici" (il c.d. "software" ) postula, al pari di quella relativa ad ogni altra opera, il requisito dell'"originalità" degli stessi. Ad un tal riguardo, anche nel caso del "software", al fine di stabilire se l'opera specifica (ossia il "programma") sia frutto - o meno - di una elaborazione "creativa originale", si rende necessario premettere e precisare che l'"originalità" e la "creatività" sussistono anche qualora l'opera in questione sia composta da idee e nozioni semplici comprese - in quanto tali - nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell'opera stessa, purché esse risultino formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti. (…)” (Cass. civ. Sez. I, 12/01/2007, n. 581).

La legge sul diritto d’autore tutela la forma espressiva con cui i programmi sono espressi e non le idee (o funzioni) su cui il software è basato. Perciò non sono protetti né lo scopo del programma (inteso come il fine che si propone nel suo complesso e nei suoi moduli) né gli algoritmi matematici che implementano le funzioni che il programma deve svolgere, mentre protegge senz’altro il codice sorgente (ovvero l’insieme di passaggi e comandi predisposti dall’autore in una forma espressa e costituita da un linguaggio comprensibile all’uomo) ed il codice oggetto (ovvero la traduzione del codice sorgente nel linguaggio macchina).

Ebbene, il creatore del software gode di una serie di diritti, tra i quali (art. 64 bis l.d.a.):
  • il diritto alla riproduzione del programma: è necessaria, infatti, a tal fine sempre la sua autorizzazione;
  • il diritto alla traduzione, all’adattamento, alla trasformazione e ad ogni modificazione del programma: queste sono le cosiddette elaborazioni creative attribuite all’autore del programma;
  • il diritto di distribuzione al pubblico del software in qualsiasi forma.

L’unico caso in cui i diritti connessi all’opera creativa non appartengono all’autore della stessa ma a terzi è quello in cui la creazione avvenga ad opera del lavoratore dipendente nell’ambito dello svolgimento delle sue mansioni.
In questo caso, infatti, salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore creato dal suo dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro (Cass. civ. Sez. lavoro, 17/09/2012, n. 15534). Resta salvo evidentemente il diritto morale (ad esempio quello di essere menzionato come autore dell’opera).

La liceità o l’illiceità dei vari utilizzi dei software, infine, si trova meglio specificata nell’art. [[n64-quaterldiraut]] della l.d.a..

Ciò detto, tornando al quesito, è evidente che il caso di specie esula dal rapporto di lavoro alle dipendenze: si tratta, al contrario, di un rapporto professionale di collaborazione esterna (lavoro autonomo).
Il diritto di utilizzare il codice sorgente per apportare modifiche al programma, così come tutti gli altri diritti di sfruttamento economico del medesimo, spettano quindi esclusivamente a chi ha creato il software stesso, a nulla rilevando che la creazione è stata eseguita su commissione.

Si può certamente ipotizzare, sulla base dei fatti accaduti, che la riproduzione del programma e la distribuzione al pubblico siano state implicitamente autorizzate dal creatore, il quale non si è finora opposto in tal senso.
Ma è legittimo adesso, da parte di quest’ultimo, non concedere il libero utilizzo del codice sorgente, salvo pattuire (questa volta per iscritto, con apposito contratto di licenza d’uso) con il committente la cessione dietro pagamento di un corrispettivo, in forma fissa o in percentuale (cosiddette royalties).

I codici sorgente, normalmente, restano nel patrimonio di chi li crea: “L'autore del software e, quindi, dei codici sorgenti, avendo il legittimo possesso e la disponibilità (di fatto e giuridica) di quest'ultimi, può riutilizzarli nella maniera ritenuta più opportuna, senza che in tale riutilizzo possa ravvisarsi alcuna indebita duplicazione, ove difetti la cessione di ogni diritto di utilizzazione esclusiva non solo del programma realizzato, ma anche dei suoi codici sorgenti, che normalmente restano nel patrimonio del programmatore che li crea, il quale, allora, ben può, secondo la normativa di cui al D.Lgs. n. 518/1992, riutilizzarli per creare altri programmi, da ciò deducendosi che il diritto d'autore, in ordine ai programmi per computers non preclude, a colui che carpisce l'idea posta alla base di un software, di scrivere programmi simili, variando le procedure di sviluppo dello stesso programma.” (Tribunale Bari Sez. IV Sent., 14/03/2007).

Infine, confermiamo l’irrilevanza, sotto il profilo giuridico, della frase riportata nel quesito e rivolta al committente: certamente essa non riconosce titolarità alcuna del codice né, in ogni caso, costituisce impegno vincolante alla consegna.