L’articolo qui riportato riconosce che, dopo la diagnosi, la persona con disabilità ha
diritto a un
intervento di cura e riabilitazione mirato non solo alla
salute, ma anche al recupero dell’autonomia e all’integrazione sociale.
Questo intervento deve essere costruito sulla persona, tenendo conto delle sue condizioni specifiche, delle sue potenzialità e del contesto in cui vive.
La riabilitazione viene quindi vista come
un diritto fondamentale che permette alla persona disabile di
vivere pienamente e partecipare alla società, uscendo da una logica puramente assistenziale.
Il
legislatore stabilisce che le
persone con disabilità hanno diritto a interventi di cura e riabilitazione personalizzati. Le attività di cura e riabilitazione devono essere prestate nel rispetto della dignità umana, tenendo conto delle potenzialità residue della persona e del suo contesto familiare e sociale.
Inoltre, l’intervento deve puntare non solo al
recupero funzionale (fisico, motorio, psichico, sensoriale), ma anche a garantire
l'autonomia possibile e
l’inserimento sociale e scolastico della persona.
Le Regioni devono prevedere e attuare, nell’ambito dei servizi sanitari,
programmi personalizzati di riabilitazione, costruiti in base alle condizioni soggettive della persona, al tipo di disabilità che questa ha e alla sua età.
La norma si pone l’obiettivo di assicurare che la disabilità non sia vissuta passivamente dalla persona che ne è affetta, ma come una condizione che può essere
migliorata attraverso un progetto di vita.
La riabilitazione non è intesa in senso meramente medico, ma come un
processo complesso e globale che mira a sviluppare l’autonomia, favorire la partecipazione alla vita sociale, scolastica e lavorativa, e rispettare la dignità della persona, aiutandola a trovarsi a proprio agio con la sua condizione di disabilità.
In questa visione, la riabilitazione è
diritto e strumento di inclusione, che lo
Stato deve assicurare in virtù dei principi costituzionali su cui si fonda.