All'interno dell'
ordinamento giuridico italiano la
condizione giuridica dello straniero viene disciplinata sia dalla carta costituzionale che dalla legge ordinaria.
Il comma due delega infatti la legislazione ordinaria a regolare tale condizione in conformità alle norme ed ai
trattati internazionali.
Il comma tre statuisce invece che lo straniero al quale sia impedito l'effettivo esercizio, nel suo Paese d'origine, delle
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiane, ha
diritto d'asilo nel territorio italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Infine, per quanto concerne il comma quattro, esso
vieta l'estradizione per motivi politici.
Si può dunque distinguere tra:
-
rifugiato politico, vale a dire chi vive nel fondato timore di venir perseguitato per motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza ad un determinato gruppo;
-
richiedente asilo, ovvero la persona che non chiede solamente il soggiorno, bensì anche la protezione, per essersi egli sottratto agli organi di giustizia del Paese d'origine;
-
profugo, fuggito per motivi legati alla guerra, alla persecuzione o a calamità naturali.
La condizione giuridica dello straniero residente in Italia è protetta dalla previsione di una riserva rafforzata di legge: il trattamento giuridico a cui viene sottoposto non viene lasciato all'arbitrio della pubblica amministrazione, ma può essere fissato soltanto dalla legge e non può essere meno favorevole di quanto previsto nelle norme di diritto internazionale, sia consuetudinarie, sia pattizie.
Ciò non esclude che il legislatore italiano possa sopravanzare il diritto internazionale nel predisporre un trattamento più favorevole, ponendosi, così, a modello di riferimento per la comunità internazionale. Attualmente esistono nel nostro ordinamento due categorie di stranieri: -- i cittadini dell'Unione europea, che godono di una tutela particolarmente qualificata e tendenzialmente assimilabile a quella riconosciuta agli italiani; -- i cittadini non appartenenti all'Unione europea (cd. extracomunitari), che possono, invece, essere soggetti a restrizioni relativamente al loro diritto d'ingresso, di soggiorno e di permanenza nel nostro territorio.
A livello di normazione primaria, la materia è disciplinata dal D.Lgs n. 286/1998, ma solo nei confronti dei
non appartenenti all'Unione Europea e degli
apolidi.
Colui che entra nel
territorio italiano deve essere in possesso di passaporto o documento equipollente e di visto d'ingresso.
In seguito, contestualmente alla presentazione della domanda di permesso di soggiorno, va presentato un Accordo di integrazione articolato per crediti, la cui stipula rappresenta condizione necessaria per il rilascio del permesso.
Trascorsi cinque anni, se sussistono i requisiti d'integrazione, si può ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (che costituisce in pratica un documento valido a tempo indeterminato).
Da ultimo, va sottolineato che agli stranieri soggiornanti deve essere
garantito il rispetto dei diritti fondamentali.
Da rimarcare inoltre le condizioni più stringenti presenti nel c.d.
Pacchetto sicurezza (L. 94/2009), che ha previsto un inasprimento della lotta contro l'immigrazione irregolare.
I
cittadini dell'Unione Europea sono invece soggetti al
Trattato di Lisbona, in particolare all'art. 21 paragrafo 1 TFUE, in base al quale: “
ogni cittadino dell'Unione Europea ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le condizioni e le limitazioni prevista dai trattai e dalle disposizioni adottati in applicazione degli stessi”.