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Articolo 72 Costituzione

[Aggiornato al 22/10/2023]

Dispositivo dell'art. 72 Costituzione

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale [64].

Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.

Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa [76], di autorizzazione a ratificare trattati internazionali [80], di approvazione di bilanci e consuntivi [81].

Ratio Legis

L'Assemblea costituente ha stabilito le modalità di esame ed approvazione delle leggi. In particolare, ha ammesso procedimenti più snelli per consentire al Parlamento di operare più agevolmente ma ha riservato l'iter ordinario (più complesso e lungo) a determinate materie, ritenute più importanti.

Spiegazione dell'art. 72 Costituzione

La presente norma disciplina il procedimento di esame delle proposte, dei disegni e dei progetti di legge (v. art. 71).

Il primo comma regola il procedimento ordinario, che si articola nel seguente modo: la commissione (alla quale l'atto è affidato in base alla materia per cui è competente) svolge innanzitutto una attività istruttoria in quanto, nell'analizzare il disegno di legge, può apporvi modifiche o scartarlo a favore di uno migliore. Essa, se si tratta di argomento particolarmente complesso, può istituire comitati più ristretti al proprio interno; ciò garantisce un miglior apporto tecnico ma meno trasparenza sull'operato degli incaricati.

La commissione, inoltre, può essere anche richiesta di esprimere un parere sul disegno di legge (commissione in sede consultiva). Al termine dell'esame, in ogni caso, riferisce all'Assemblea il contenuto del disegno di legge da essa approvato (commissione in sede referente).

Quindi, il disegno di legge passa all'esame dell'intera Assemblea che procede secondo il procedimento delle tre letture. Con la prima se ne discutono i caratteri generali e con la seconda è approvato ogni singolo articolo. E' in questo momento che possono essere proposti dai singoli parlamentari (come espressione del loro potere di iniziativa legislativa) emendamenti per modificare, aggiungere, sopprimere, o sostituire parti del disegno di legge. Quindi, la votazione finale chiude il procedimento.

La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

Il secondo comma tratta invece del procedimento abbreviato, che non è diverso da quello ordinario se non per la riduzione a metà dei tempi. Esso, sempre usato per la conversione dei decreti legge (v. art. 77), presuppone la dichiarazione d'urgenza ad opera di Governo, singoli parlamentari o presidente della commissione competente.

Il terzo comma prevede la possibilità di utilizzare il procedimento in sede deliberante o decentrato. Tramite quest'ultimo, alle commissioni viene conferito un potere più ampio rispetto al procedimento ordinario di cui al comma 1, atteso che esaminano il progetto di legge e lo approvano.

Circa la sua utilizzabilità, per la sola Camera è disposto che il Presidente possa proporlo per questioni minori (art. 92 reg. Camera), mentre per il Senato non sono previste restrizioni. Il costituente, invece, si era preoccupato di stabilire espressamente una serie di limiti al suo operare, attesi gli ampi poteri che porta alle commissioni. Così si spiegano: la necessità che in esse siano rappresentati, proporzionalmente, i gruppi parlamentari; la possibilità di rimessione in aula; l'esclusione di certe materie dal suo utilizzo (comma 4); la necessità di rendere pubblici i lavori delle commissioni. In ordine a tale punto, però, si deve sottolineare come il dettato costituzionale risulti spesso inattuato. Così, molte volte si registrano accordi tra forze politiche diverse, a discapito della stessa coerenza delle leggi che ne nascono.

Tra le varie commissioni esistenti vi è quella per le questioni regionali. Al suo operato si lega il disposto dell'art. 11, L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, con il quale si è previsto che, oltre alla composizione ordinaria, essa possa registrare una composizione integrata da rappresentanti degli enti locali (su disposizione dei regolamenti di Camera e Senato). Ciò che rileva è che questa composizione integrata può incidere concretamente sul lavoro della commissione in sede referente, essendo previsto che quest'ultima debba adeguarsi al parere della prima (ovviamente, quando prescritto) pena l'aumentare del quorum deliberativo dell'Assemblea.

Massime relative all'art. 72 Costituzione

Corte cost. n. 188/2021

Il deputato Andrea Cecconi ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in riferimento alla decisione del Presidente della Camera di deputati, comunicata con lettera del 10 gennaio 2020, di non ammettere il progetto di legge A.C. n. 1781 presentato dallo stesso ricorrente (cofirmatario l’onorevole Antonio Tasso), recante «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica, nonché norme concernenti la determinazione e la revisione dei collegi uninominali»;

Con tale decisione, a parere del ricorrente, il Presidente della Camera dei deputati avrebbe impedito la presentazione in aula del progetto di legge, «da ritenersi compiuta solo con la pubblicazione e la distribuzione» di quest’ultimo, così menomando le attribuzioni dell’iniziativa legislativa, che la Costituzione riconosce a ciascun parlamentare (art. 71, primo comma, Cost.), di discussione e di voto dei progetti di legge (art. 72 Cost.) e, in generale, «il libero e pieno esercizio del mandato parlamentare» (art. 67 Cost.).
In questa prima fase del giudizio, la Corte è stata chiamata a deliberare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, sulla sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo prescritti dall’art. 37, primo e terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali;
Tale legittimazione deve fondarsi sull’allegazione di vizi che determinano violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari e, attraverso l’espletamento di tale onere, e, ai fini dell’ammissibilità del conflitto, le asserite violazioni devono essere rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione.
Ora, il potere di iniziativa legislativa del singolo parlamentare è espressamente riconosciuto dall’art. 71, primo comma, Cost.; tuttavia, il testo costituzionale disciplina solo in parte (art. 72 Cost.) le modalità mediante le quali deve estrinsecarsi tale potere e gli effetti prodotti dal suo esercizio, e infatti gli effetti della presentazione alle Camere del progetto di legge sono disciplinati dai regolamenti parlamentari e dalle relative prassi applicative. Fra tali effetti rientra anche l’attivazione dei poteri di controllo del Presidente della Camera dei deputati sull’ammissibilità dei progetti di legge, che rilevano nel caso di specie: il sindacato di ammissibilità degli atti di iniziativa legislativa si inquadra negli strumenti presidenziali volti a garantire la regolarità del procedimento legislativo, e gli atti e i procedimenti relativi all’esercizio delle funzioni delle Camere sono coperti dall’autonomia costituzionale a queste riconosciuta, in particolare dagli artt. 64 e 72 Cost..
Tale autonomia si esplica non solo mediante l’adozione del proprio Regolamento, ma altresì mediante l’interpretazione e l’applicazione delle disposizioni regolamentari.
In forza del richiamato principio di autonomia delle Camere, l’estensione del potere presidenziale e le concrete modalità del suo esercizio possono essere oggetto di valutazione ad opera della Corte solo in presenza di manifesta menomazione delle attribuzioni costituzionali del parlamentare, mentre nel caso di specie dalla prospettazione del ricorrente non emerge che la valutazione di inammissibilità del progetto di legge, accompagnata dall’esposizione dei relativi motivi, abbia prodotto, di per sé, l’evidente menomazione del potere di iniziativa legislativa;
che in conclusione non è prospettato un vulnus grave e manifesto della prerogativa parlamentare di cui all’art. 71, primo comma, Cost. e, di conseguenza, neppure della prerogativa della discussione e del voto in assemblea (art. 72 Cost.) e, in generale, del libero esercizio del mandato parlamentare, avendo il ricorrente fatto espressamente derivare la violazione di queste ultime dalla denunciata violazione della prima.
Il ricorso viene dunque dichiarato inammissibile.

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