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Articolo 616 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/10/2024]

Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza

Dispositivo dell'art. 616 Codice Penale

Chiunque prende cognizione(1) del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prender cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime(2), è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516.

Se il colpevole, senza giusta causa(3), rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni [618](4).

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per "corrispondenza" si intende quella epistolare, telegrafica o telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza(5).

Note

(1) Tale condotta viene a configurarsi a prescindere dall'effettiva lettura del contenuto della corrispondenza, essendo sufficiente che il soggetto attivo abbia preso in considerazione parte del contenuto come ad esempio quando il soggetto legge il contenuto di una lettera ponendolo in controluce, quindi senza aprire la busta.
(2) Un esempio di soppressione è rinvenibile nel caso del postino che, non avendo potuto recapitare la corrispondenza (ad esempio per a difficoltà di individuare il corretto destinatario), si libera di questa gettandola in un cassonetto.
(3) La disposizione in esame non chiarisce la nozione di giusta causa, che di conseguenza è rimandata al generico concetto di giustizia, quindi si tratta di un richiamo all'analisi che il giudice deve condurre con riguardo alla liceità sia sotto il profilo etico sia sotto quello sociale dei motivi che hanno condotto il soggetto ad compiere l'atto.
(4) La dottrina è divisa in merito alla natura di tale disposizione, trattandosi per alcuni di circostanza aggravante di carattere oggettivo, mentre per altri di un'autonoma fattispecie di reato.
(5) La dottrina ha chiarito che ogni elemento che può dirsi parte della corrispondenza deve presentare i contenuti dell'attualità, ovvero della pertinenza al momento storico in cui avviene la comunicazione, e della personalità, intesa come la determinatezza dei destinatari.

Ratio Legis

La norma è diretta a tutelare una particolare forma di espressione della libertà individuale che si esprime nell'esigenza di garantire il rapporto di corrispondenza e la confidenzialità che è legata allo stesso.

Spiegazione dell'art. 616 Codice Penale

Il bene giuridico oggetto di tutela è l'inviolabilità del rapporto di corrispondenza, rappresentato dalla libertà di comunicare con terzi per lettera e dalla libertà di celare, a coloro che non siano destinatari, il contenuto della comunicazione, a prescindere dalla natura segreta o meno della stessa.

Le condotte punibili sono tre:

  • il prendere cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, diretta ad altri;

  • il sottrarre o il distrarre corrispondenza al fine di averne o farne prendere conoscenza;

  • la distruzione o la soppressione della corrispondenza altrui.

Rientra nel concetto di corrispondenza anche quella informatica, telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.


La comunicazione deve avere carattere attuale e personale. Il decorso del tempo, che renda la comunicazione inattuale e le faccia avere un valore storico-affettivo, comporta il venir meno del requisito. Per avere il requisito della personalità è invece sufficiente che sia indicato il destinatario, non anche il mittente.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La norma punisce chi, sapendo di agire illegalmente, prenda cognizione del contenuto dell’altrui corrispondenza chiusa, oppure la sottragga o la distragga, al fine di prenderne o di farne prendere da altri cognizione, o, ancora, la distrugga o la sopprima, in tutto o in parte.

Come espressamente previsto dalla lettera dell’art. 616 c.p., il delitto da esso disciplinato ha, tuttavia, carattere sussidiario, potendo trovare applicazione soltanto ove il fatto non costituisca un reato più grave.

La condotta tipica della fattispecie in esame può essere di tre diverse tipologie. Essa, infatti, può consistere, innanzitutto, negli atti con cui l’agente prenda cognizione dell’altrui corrispondenza chiusa, ossia negli atti con cui quest’ultima, in corso di spedizione o di recapito al destinatario, venga aperta e letta, in tutto o soltanto in parte, ma, pur sempre, in modo idoneo a conoscerne il contenuto sostanziale.
La condotta tipica può, però, consistere anche negli atti con cui il soggetto attivo distragga la corrispondenza, chiusa o aperta, a lui non diretta, al fine di prenderne o farne prendere da altri cognizione.
Integra, infine, il delitto in esame, la condotta di chi distrugga o sopprima, in tutto o in parte, la corrispondenza diretta ad un terzo.

È, peraltro, opportuno precisare che si ha “sottrazione” quando la corrispondenza viene spostata definitivamente dal luogo in cui si trova, senza essere soppressa o distrutta; mentre si ha “distrazione” qualora la stessa venga trattenuta temporaneamente, oppure sia sviata dal suo corso normale, senza essere sottratta, distrutta o soppressa. La corrispondenza si considera, poi, “distrutta”, nel caso in cui sia totalmente danneggiata, in modo tale da farne venir meno la precedente materialità; mentre è “soppressa”, qualora ne venga deviato il corso, così da impedire che possa giungere a destinazione.

In ogni caso, la condotta dell’agente, per rilevare ai fini della norma in esame, deve essere illegittima, ossia attuata da un soggetto che non agisca nell’esercizio di un diritto. Si pensi, ad esempio, al comportamento del curatore fallimentare nei confronti della corrispondenza indirizzata al fallito.

Il fatto di reato deve avvenire nel lasso di tempo in cui la corrispondenza chiusa sia in corso di spedizione o di recapito dal mittente al destinatario, ossia nel tempo anteriore al momento in cui quest’ultimo ne abbia preso visione, se si tratta di corrispondenza aperta, oppure non l’abbia ancora aperta, qualora si tratti di corrispondenza chiusa.
Va, peraltro, evidenziato che la condotta che abbia per oggetto la corrispondenza già aperta e letta dal destinatario potrebbe, comunque, integrare un’altra ipotesi di reato, come, ad esempio, il furto o l’appropriazione indebita, qualora ne ricorrano gli estremi.

Oggetto materiale del reato è la cosa in cui si trovi incorporata la corrispondenza originale, sia essa di natura epistolare, telegrafica, informatica, telematica o telefonica. Si considera, infatti, “corrispondenza”, ogni comunicazione personale che un soggetto determinato faccia ad un altro, al fine di fargli conoscere il suo pensiero, qualunque sia il mezzo usato a tale scopo, sia esso di natura epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica, come, peraltro, precisato dal comma 4 della norma in esame.

L’evento tipico è rappresentato, alternativamente, dalla conoscenza del contenuto della corrispondenza da parte dell’agente, oppure dalla modificazione dello stato esteriore della corrispondenza stessa, che si concretizza nella sua sottrazione, distrazione, distruzione o soppressione.
Nel caso in cui si verifichi più di uno di tali eventi, il delitto si considera comunque unico, stante l’equivalenza delle varie ipotesi criminose. Qualora, però, il fatto, per le modalità di esecuzione o per il fine perseguito, integri anche altre fattispecie, si può avere un concorso di reati.

Il delitto ex art. 616 c.p. si considera consumato non appena l’agente abbia appreso il contenuto della corrispondenza, o, in alternativa, non appena quest’ultima sia stata sottratta, distratta, distrutta o soppressa.

È possibile avere un tentativo nel caso in cui, malgrado l’idoneità e la non equivocità degli atti posti in essere dall’agente, non si verifichi l’evento, per ragioni indipendenti dalla sua volontà.

Quanto all’elemento soggettivo, nella prima ipotesi è sufficiente che sussista, in capo all’agente il dolo generico, quale volontà di prendere cognizione dell’altrui corrispondenza chiusa, con la consapevolezza dell’illegittimità del fatto. Nel secondo caso, invece, è necessario il dolo specifico, ossia la coscienza e volontà di sottrarre o distrarre illegittimamente la corrispondenza altrui, con il fine di prenderne o di farne prendere conoscenza da altri. Nella terza ed ultima ipotesi, infine, è sufficiente la sussistenza del dolo generico, inteso come coscienza e volontà di distruggere o sopprimere illegittimamente l’altrui corrispondenza.

L’errore sull’altruità della corrispondenza ha efficacia scusante, cadendo su una circostanza di fatto.

Ai sensi del comma 2, il delitto in esame risulta aggravato qualora l’agente abbia rivelato, in tutto o in parte, senza giusta causa, il contenuto dell’altrui corrispondenza, se da ciò sia derivato un danno e soltanto ove tale condotta non integri una più grave ipotesi di reato. “Rivelazione” significa far conoscere, anche soltanto parzialmente, il contenuto essenziale di una corrispondenza chiusa.
In ogni caso, per rilevare a tal fine, il danno, sia esso di natura patrimoniale o non patrimoniale, deve essere effettivo e deve derivare dalla rivelazione del contenuto della corrispondenza.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 616 Codice Penale

Cass. pen. n. 46063/2022

In tema di rivelazione dell'altrui corrispondenza, il nocumento, che costituisce condizione obiettiva di punibilità del reato, è integrato da qualsiasi pregiudizio o pericolo di pregiudizio giuridicamente apprezzabile, anche di natura non patrimoniale, che consegua alla lesione di beni suscettibili di valutazione economica.

Cass. pen. n. 23049/2021

Integra il reato previsto dall'art. 616 cod. pen. la sottrazione o distrazione, al fine di prenderne visione, ovvero la distruzione o la soppressione, di un atto giudiziario inviato per la notifica ad altri, rientrando tale comunicazione nel concetto di "corrispondenza".

Cass. pen. n. 18284/2019

Nel caso di accesso abusivo ad una casella di posta elettronica protetta da "password", è configurabile il delitto di accesso abusivo ad un sistema informatico che concorre con quello di violazione di corrispondenza, in relazione all'acquisizione del contenuto delle "mail" custodite nell'archivio, e con il delitto di danneggiamento di dati informatici, nel caso in cui all'abusiva modificazione delle credenziali d'accesso consegua l'inutilizzabilità della casella di posta da parte del titolare.

Cass. pen. n. 12603/2017

Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 cod. pen.) e non la fattispecie prevista dall'art. 617, comma primo, cod. pen., la condotta di colui che prende cognizione del contenuto della corrispondenza telematica intercorsa tra la ex convivente e un terzo soggetto, conservata nell'archivio di posta elettronica della prima.

Cass. pen. n. 35383/2011

Integra il reato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616 c.p.), la condotta di colui che sottragga la corrispondenza bancaria inviata al coniuge per produrla nel giudizio civile di separazione; né, in tal caso, sussiste la giusta causa di cui all'art. 616, comma secondo, c.p., la quale presuppone che la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge-controparte, considerato che, ex art. 210 c.p.c., il giudice, può, ad istanza di parte, ordinare all'altra parte o ad un terzo, l'esibizione di documenti di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo.

Cass. pen. n. 47096/2007

Non integra il reato di cui all'art. 616 c.p. la condotta del superiore gerarchico che prenda cognizione della posta elettronica contenuta nel computer del dipendente, assente dal lavoro, dopo avere a tal fine utilizzato la password in precedenza comunicatagli in conformità al protocollo aziendale.

Cass. pen. n. 11360/1998

Nel caso dell'addetto al servizio postale che manometta un plico impossessandosi delle banconote ivi contenute è configurabile il concorso tra i delitti di peculato e di violazione di corrispondenza, non sussistendo un rapporto di specialità tra l'art. 616 c.p. e l'art. 314 c.p. Infatti, la clausola «se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge», contenuta nell'art. 616 c.p., va interpretata con riferimento al fatto tipico della presa di cognizione del contenuto di una corrispondenza, ovvero della sua sottrazione, distrazione, distruzione o soppressione, eventualmente descritto in una norma penale diversa da quella dell'art. 616; condotte, queste, non specificamente enunciate nel delitto di peculato, che ha diversa oggettività giuridica rispetto all'altra figura delittuosa.

La valutazione della idoneità dell'azione che rende impossibile il reato va compiuta con giudizio ex ante, che tenga conto cioè delle conoscenze conosciute e conoscibili dall'agente al momento della condotta in relazione al raggiungimento del risultato perseguito. Risponde pertanto del reato di violazione di corrispondenza, a norma degli artt. 616 e 619 c.p. l'addetto al servizio delle poste che apre un plico «civetta» — inviato peraltro a un destinatario effettivamente esistente — e sottrae le banconote ivi contenute, i cui numeri di serie erano stati preventivamente registrati dall'amministrazione postale.

Cass. pen. n. 8838/1997

In materia di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza, la nozione di giusta causa, alla cui assenza l'art. 616 secondo comma c.p., subordina la punibilità della rivelazione del contenuto della corrispondenza, non è fornita dal legislatore ed è dunque affidata al concetto generico di giustizia, che la locuzione stessa presuppone, e che il giudice deve pertanto determinare di volta in volta con riguardo alla liceità — sotto il profilo etico e sociale — dei motivi che determinano il soggetto ad un certo atto o comportamento. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sussistere la giusta causa relativamente alla rivelazione del contenuto della corrispondenza del coniuge in un giudizio civile di separazione).

Cass. pen. n. 122/1995

È configurabile il concorso formale del delitto di furto con quello di sottrazione di corrispondenza, dato che le relative norme sanzionatorie tutelano diversi beni giuridici: il patrimonio nel primo caso, la segretezza e l'inviolabilità della corrispondenza nel secondo. Nel delitto di furto, inoltre, il dolo specifico, che si identifica nel fine di trarre profitto, non è necessariamente rivolto alla realizzazione di un vantaggio economico, ben potendo dirigersi soltanto ad una semplice soddisfazione morale o di qualsiasi altra natura. Tale profitto, tuttavia, deve necessariamente derivare dall'impossessamento della cosa sottratta, e non dal suo danneggiamento o dalla sua sottrazione, perché in tal caso l'autore non agisce secondo il paradigma del furto, ma eventualmente del danneggiamento o del diverso reato voluto. Ne consegue, che per aversi il concorso formale, cioè la violazione, con azione unica, di entrambe le norme sanzionatrici, è indispensabile accertare, in concreto, se la sottrazione della corrispondenza altrui sia stata diretta, oltre che al fine di prenderne o farne prendere cognizione, anche al fine di trarre un profitto, di qualunque natura, dall'impossessamento.

Cass. pen. n. 10898/1980

Equivale alla «distruzione» della corrispondenza il sottrarla per un tempo apprezzabile alla disponibilità dell'avente diritto e ciò in considerazione del fatto che il ritardo nella sua consegna può, secondo i casi, rendere inutile la stessa o frustrare, comunque, il perseguimento dello scopo che si proponeva il mittente con il suo invio.

Cass. pen. n. 490/1972

Con la distruzione si trasforma la materialità stessa della corrispondenza in modo che questa non esiste più fisicamente; con la soppressione si deve raggiungere l'equivalente risultato della trasformazione del suo aspetto giuridico, che è la disponibilità dell'avente diritto. Per una qualunque circostanza, non voluta né prevista dall'agente, la corrispondenza, che costui intendeva sopprimere come tale non consegnandola al destinatario, può essere trovata da altri. Tale fortuito ritrovamento, però, non ha alcuna influenza sull'azione commessa dall'agente poiché fin dal primo momento, data la sua idoneità a conseguire l'evento voluto, essa aveva violato la norma incriminatrice.

Cass. pen. n. 1549/1970

Il prendere cognizione di una corrispondenza chiusa si riferisce non solo al tenore di una lettera, ma anche ad un oggetto reale, racchiuso nella corrispondenza, il quale può essere di varia natura, come ad esempio una fotografia, e quindi anche denaro, avente anch'esso qualificazione e carattere tutelati dalla legge.

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Anonima chiede
giovedì 08/08/2024
“Buongiorno, il mio , da poco, ex convivente , mi ha rivelato di aver aperto e poi richiuso della posta a me indirizzata. Per poi fare foto e ricerche sul contenuto ( fatture, beni acquistati, ecc ) e di aver aperto, letto e fotografato il contenuto di diari personali contenenti anche materiale fotografico di cui ha acquisito le immagini scattando foto col proprio cellulare e ad oggi, diffondendone il contenuto.
Vorrei sapere se tutto ciò comporta reato.
Grazie”
Consulenza legale i 09/08/2024
Per rispondere alla richiesta di parere dobbiamo fare una distinzione tra:

- L’apertura e la visione della corrispondenza;
- La visione dei diari personali.

Quanto al primo fatto, il reato sicuramente inquadrabile è quello di cui all’ articolo 616 del codice penale.

Come facilmente evincibile dalla mera lettura dell’articolo in parola, la fattispecie può sussumere diverse condotte atteso che viene punito il soggetto che prende visione della corrispondenza a lui non diretta (anche laddove la stessa sia aperta), ovvero la distragga o sottragga dal/al destinatario ovvero la distrugga o disperda.
Il secondo comma, poi, prevede una particolare circostanza aggravante che si configura laddove il soggetto diffonda il contenuto della corrispondenza e, così facendo, crei un nocumento alla persona offesa dal reato.
Il reato è punibile a querela della persona offesa.

Si tratta, come chiarito dalla stessa giurisprudenza, di una fattispecie posta a forte presidio dell’inviolabilità del rapporto di corrispondenza che è parte integrante del principio di intangibilità della privacy.

Gli unici limiti che la giurisprudenza ha posto a tale reato sono naturalmente connessi alla personalità e attualità della corrispondenza. Ai fini dell’integrazione del reato in parola, dunque, occorre che la corrispondenza violata sia comunque riferibile al soggetto leso e contenga informazioni a lui riferibili e attuali.
Da ciò consegue, ad esempio, che non costituirà reato la violazione della corrispondenza in cui sia inserito un mero volantino promozionale o la violazione di corrispondenza che, trascorso un notevole lasso temporale, abbia più un valore affettivo e non più personale.

Se, dunque, nel caso di specie la corrispondenza violata è del tipo sopraindicato, si può agire per il reato di cui all’articolo 616 del codice penale.

Quando al diario il discorso è diverso.

Come detto prima, l’articolo 616 c.p. punisce solo la violazione della corrispondenza e non include qualsiasi altro scritto, pur privato, che non sia diretto al soggetto violato e nel nostro ordinamento penale non v’è alcuna altra disposizione sul punto
Conseguentemente, la lettura del diario non integra gli estremi di alcuna fattispecie penale potendo tuttalpiù essere sanzionabile come violazione del diritto alla riservatezza ai sensi della normativa privacy ma solo laddove abbia cagionato un nocumento al soggetto violato.
Si noti, in ogni caso, che entrambi i comportamenti possono essere sussunti nell’alveo di altre (e ipoteticamente più gravi) fattispecie penali laddove l’apertura della corrispondenza e del diario (con annesse foto) siano stati strumentali alla perpetrazione di ulteriori condotte.

Se, ad esempio, l’acquisizione della corrispondenza sia stata poi utilizzata dal reo per ricattare il soggetto violato allora potrebbe sussistere il reato di estorsione.

Antonio V. chiede
lunedì 10/06/2019 - Sicilia
“La posta non viene consegnata scrivendo di volta in volta "non consegnata per strada impraticabile" " non consegnata perchè non trovato" e altre cose simili. Tutte false.
Vorrei denunciare presso i CC come fare?”
Consulenza legale i 13/06/2019
La denuncia può essere presentata in due modi: (i) depositando un atto presso la Procura della Repubblica competente nel quale sia esposto il fatto che si ritiene costituisca reato o (ii) recandosi presso il commissariato più vicino e esponendo i fatti all’Ufficiale di Polizia incaricato che redigerà a sua volta un verbale della dichiarazioni rese che poi provvederà a trasmettere alla Procura della Repubblica.
Se non si è assistiti da un legale di fiducia, si consiglia la seconda modalità.

Quanto invece alla fattispecie delittuosa, nel caso di specie potrebbe rilevare il reato di cui all’art. 616 del codice penale che punisce la condotta del soggetto che sottrae, distrae, distrugge o sopprime la corrispondenza ad altri diretta.

La Cassazione ha rilevato che con soppressione debba intendersi ogni condotta, diversa dalla distruzione e comunque dal danneggiamento materiale, idonea ad impedire definitivamente, o comunque per un tempo indefinito o apprezzabile, che la corrispondenza sia posta o permanga nella disponibilità del suo destinatario (C., Sez. V, 15.5.1972; C., Sez. III, 24.10.1961; C., Sez. II, 12.3.1951).
Ben potrebbe, dunque, nel caso di specie, configurarsi la soppressione predetta.

Si badi bene, tuttavia, che ai fini della sussistenza del reato in questione occorre che il soggetto agente abbia agito con dolo (diritto penale) e che, dunque, l’omessa consegna non sia dovuta ad una oggettiva difficoltà di reperire il destinatario e/o altro, quanto piuttosto alla precipua volontà di non consegnarla.

Qualora dovesse decidersi per la denuncia, si consiglia di esprimersi sempre e comunque con toni dubitativi o ipotetici onde evitare una controquerela per calunnia e addurre le ragioni specifiche dalle quali risulti chiaramente evincibile la facilità di recapitare la corrispondenza in questione.

F. Z. chiede
martedì 16/10/2018 - Veneto
“Sono un amministratore di condominio. Ho ricevuto, da parte di un condomino, una serie di mail contenenti una serie di perplessità sull'amministrazione del condominio. In una assemblea successiva ho parlato di queste mail ai condomini (assente il condomino perplesso). Ho infranto l'art. 616 cp? non contenevano notizie personali ed erano dirette a me in qualità di amministratore di condominio.
distinti saluti”
Consulenza legale i 17/10/2018
Il reato di violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza, inserito nella Sezione V del libro II del codice penale comprensiva dei delitti contro l’inviolabilità dei segreti, punisce proprio la violazione della segretezza della corrispondenza tutelando al contempo il diritto del destinatario di detta corrispondenza di esserne l’unico fruitore e conoscitore.

Non a caso l’art. 616 del codice penale specifica che il reato si configura solo allorché il soggetto agente prenda cognizione di corrispondenza chiusa, purché sia a lui non diretta. Lo stesso valga per il secondo comma dell’articolo medesimo che punisce la rivelazione della corrispondenza da parte del soggetto che comunque non è il destinatario della stessa.

Stando a quanto suesposto, nel caso di specie il reato non sembra integrato proprio per il fatto che il soggetto che ha rivelato la corrispondenza ne era il legittimo destinatario e dunque difetta il requisito essenziale per la sussistenza della fattispecie di cui all’articolo 616 c.p. che, come anzidetto, è proprio l'altruità della corrispondenza asseritamente violata e/o rivelata.