Il bene giuridico oggetto di tutela è l'
inviolabilità del rapporto di corrispondenza, rappresentato dalla libertà di comunicare con terzi per lettera e dalla libertà di celare, a coloro che non siano destinatari, il contenuto della comunicazione, a prescindere dalla natura segreta o meno della stessa.
Le condotte punibili sono tre:
-
il prendere cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, diretta ad altri;
-
il sottrarre o il distrarre corrispondenza al fine di averne o farne prendere conoscenza;
-
la distruzione o la soppressione della corrispondenza altrui.
Rientra nel concetto di corrispondenza anche quella informatica, telematica ovvero effettuata con
ogni altra forma di comunicazione a distanza.
La comunicazione deve avere carattere
attuale e personale. Il decorso del tempo, che renda la comunicazione inattuale e le faccia avere un valore storico-affettivo, comporta il venir meno del requisito. Per avere il requisito della
personalità è invece sufficiente che sia indicato il destinatario, non anche il mittente.
///SPIEGAZIONE ESTESA
La norma punisce chi, sapendo di agire
illegalmente, prenda
cognizione del contenuto dell’
altrui corrispondenza chiusa, oppure la
sottragga o la
distragga, al fine di prenderne o di farne prendere da altri
cognizione, o, ancora, la
distrugga o la
sopprima, in tutto o in parte.
Come espressamente previsto dalla lettera dell’art.
616 c.p., il
delitto da esso disciplinato ha, tuttavia, carattere
sussidiario, potendo trovare applicazione soltanto ove il fatto non costituisca un
reato più grave.
La
condotta tipica della fattispecie in esame può essere di
tre diverse tipologie. Essa, infatti, può consistere, innanzitutto, negli atti con cui l’agente prenda
cognizione dell’altrui
corrispondenza chiusa, ossia negli atti con cui quest’ultima, in corso di spedizione o di recapito al destinatario, venga
aperta e
letta, in tutto o soltanto in parte, ma, pur sempre, in modo idoneo a conoscerne il contenuto sostanziale.
La condotta tipica può, però, consistere anche negli atti con cui il soggetto attivo
distragga la corrispondenza, chiusa o aperta, a lui non diretta, al
fine di prenderne o farne prendere da altri
cognizione.
Integra, infine, il delitto in esame, la condotta di chi
distrugga o
sopprima, in tutto o in parte, la corrispondenza diretta ad un terzo.
È, peraltro, opportuno precisare che si ha
“sottrazione” quando la corrispondenza viene spostata definitivamente dal luogo in cui si trova, senza essere soppressa o distrutta; mentre si ha
“distrazione” qualora la stessa venga trattenuta temporaneamente, oppure sia sviata dal suo corso normale, senza essere sottratta, distrutta o soppressa. La corrispondenza si considera, poi,
“distrutta”, nel caso in cui sia totalmente danneggiata, in modo tale da farne venir meno la precedente materialità; mentre è
“soppressa”, qualora ne venga deviato il corso, così da impedire che possa giungere a destinazione.
In ogni caso, la condotta dell’agente, per rilevare ai fini della norma in esame, deve essere
illegittima, ossia attuata da un soggetto che non agisca nell’
esercizio di un diritto. Si pensi, ad esempio, al comportamento del
curatore fallimentare nei confronti della corrispondenza indirizzata al
fallito.
Il fatto di reato deve avvenire nel lasso di
tempo in cui la
corrispondenza chiusa sia in corso di
spedizione o di
recapito dal mittente al
destinatario, ossia nel tempo anteriore al momento in cui quest’ultimo ne abbia preso visione, se si tratta di corrispondenza aperta, oppure non l’abbia ancora aperta, qualora si tratti di corrispondenza chiusa.
Va, peraltro, evidenziato che la condotta che abbia per oggetto la corrispondenza già
aperta e
letta dal destinatario potrebbe, comunque, integrare un’altra ipotesi di reato, come, ad esempio, il furto o l’appropriazione indebita, qualora ne ricorrano gli estremi.
Oggetto materiale del reato è la
cosa in cui si trovi
incorporata la
corrispondenza originale, sia essa di natura epistolare, telegrafica, informatica, telematica o telefonica. Si considera, infatti,
“corrispondenza”, ogni comunicazione personale che un soggetto determinato faccia ad un altro, al fine di fargli conoscere il suo pensiero,
qualunque sia il
mezzo usato a tale scopo, sia esso di natura epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica, come, peraltro, precisato dal comma 4 della norma in esame.
L’
evento tipico è rappresentato, alternativamente, dalla
conoscenza del
contenuto della corrispondenza da parte dell’agente, oppure dalla modificazione dello stato esteriore della corrispondenza stessa, che si concretizza nella sua
sottrazione,
distrazione,
distruzione o
soppressione.
Nel caso in cui si verifichi
più di uno di tali
eventi, il delitto si considera comunque
unico, stante l’equivalenza delle varie ipotesi criminose. Qualora, però, il fatto, per le modalità di esecuzione o per il fine perseguito, integri anche altre fattispecie, si può avere un
concorso di reati.
Il delitto
ex art.
616 c.p. si considera
consumato non appena l’agente abbia appreso il contenuto della corrispondenza, o, in alternativa, non appena quest’ultima sia stata sottratta, distratta, distrutta o soppressa.
È possibile avere un
tentativo nel caso in cui, malgrado l’idoneità e la non equivocità degli atti posti in essere dall’agente, non si verifichi l’evento, per ragioni indipendenti dalla sua volontà.
Quanto all’elemento soggettivo, nella
prima ipotesi è sufficiente che sussista, in capo all’agente il
dolo generico, quale volontà di prendere cognizione dell’altrui corrispondenza chiusa, con la consapevolezza dell’illegittimità del fatto. Nel
secondo caso, invece, è necessario il
dolo specifico, ossia la coscienza e volontà di sottrarre o distrarre illegittimamente la corrispondenza altrui, con il fine di prenderne o di farne prendere conoscenza da altri. Nella
terza ed ultima ipotesi, infine, è sufficiente la sussistenza del
dolo generico, inteso come coscienza e volontà di
distruggere o sopprimere illegittimamente l’altrui corrispondenza.
L’
errore sull’
altruità della
corrispondenza ha efficacia scusante, cadendo su una circostanza di fatto.
Ai sensi del comma 2, il delitto in esame risulta
aggravato qualora l’agente abbia
rivelato, in tutto o in parte,
senza giusta causa, il
contenuto dell’altrui corrispondenza, se da ciò sia derivato un
danno e soltanto ove tale condotta
non integri una
più grave ipotesi di
reato. “Rivelazione” significa far conoscere, anche soltanto parzialmente, il contenuto essenziale di una corrispondenza chiusa.
In ogni caso, per rilevare a tal fine, il danno, sia esso di natura patrimoniale o non patrimoniale, deve essere effettivo e deve derivare dalla rivelazione del contenuto della corrispondenza.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA