Il bene giuridico tutelato dal presente articolo è l'inviolabilità della
corrispondenza.
La norma non ha in pratica mai trovato applicazione, richiedendosi non solo che il fatto non rientri nell'area applicativa di cui all'articolo
616, bensì anche che il soggetto agente abbia conosciuto
abusivamente il contenuto di una corrispondenza altrui, e che
dal fatto sia derivato un nocumento.
///SPIEGAZIONE ESTESA
La norma in esame punisce chi, dopo essere venuto
abusivamente a
conoscenza del
contenuto della
corrispondenza altrui, pur sapendo che essa avrebbe dovuto
restare segreta, lo abbia, volontariamente,
rivelato ad altri, in tutto o in parte, agendo
senza giusta causa ed arrecando, così, un
danno.
Come espressamente previsto dallo stesso art.
618 c.p., la fattispecie in esame ha carattere
sussidiario, potendo trovare applicazione soltanto al di fuori dei casi previsti dall’
art. 616 del c.p.
La
condotta tipica consiste negli atti con cui l’agente venga a
conoscenza del
contenuto dell’altrui corrispondenza, la quale doveva rimanere segreta, ed, in seguito, lo
riveli ad altri, in tutto o in parte, in assenza di una giusta causa.
Stante la clausola di
sussidiarietà contenuta nella norma in esame, gli
atti posti in essere dall’agente, per rilevare ai sensi dell’art.
618 c.p., devono essere
diversi da quelli previsti dall’
art. 616 del c.p.,
non dovendo, dunque, consistere nell’
apertura o nella
lettura di un’altrui
corrispondenza chiusa. Ciò comporta, quindi, che, per potersi dire integrato il reato in esame, la
corrispondenza deve essere
letta, alternativamente,
prima della sua
chiusura e
spedizione da parte del
mittente, oppure
dopo che il
destinatario l’abbia già
ricevuta ed
aperta.
Con l’espressione
“corrispondenza che doveva rimanere segreta”, il legislatore intende far riferimento alla corrispondenza che
non doveva essere
conosciuta da
estranei, in ossequio ad una manifestazione di volontà, espressa o tacita, dell’
avente diritto.
Le comunicazioni non qualificabili come “corrispondenza” non possono rilevare ai sensi della norma in esame.
Il
mezzo impiegato dall’agente per venire a conoscenza del contenuto dell’altrui corrispondenza, oltre che
diverso da quello previsto dall’
art. 616 del c.p., deve anche essere
abusivo, ossia
illegittimo, pur essendo indifferente la sua natura. Ciò significa che, in assenza di un abuso da parte del soggetto attivo, il fatto non potrebbe rientrare nella figura criminosa
ex art. 618 del c.p.
Qualora, poi, il mezzo utilizzato integri, di per sé, una fattispecie criminosa, si ha un
concorso di reati.
L’
evento tipico è rappresentato sia dalla presa di
conoscenza, da parte di
terzi, dell’altrui corrispondenza, sia dal
danno che ne sia derivato, in conseguenza del fatto che la stessa avrebbe dovuto rimanere segreta. Il momento
consumativo coincide, però, con il solo verificarsi dell’evento
dannoso.
Non è possibile il
tentativo.
Ai fini dell’integrazione della fattispecie in esame è sufficiente che sussista, in capo all’agente, il
dolo generico, quale coscienza e volontà di prendere abusivamente conoscenza del contenuto dell’altrui corrispondenza, la quale avrebbe dovuto rimanere segreta, rivelandolo, poi, a terzi, nella consapevolezza di agire illegittimamente.
L’
errore sull’
altruità della corrispondenza, ricadendo su un elemento di fatto, ha effetto
scusante.
///FINE SPIEGAZIONE ESTESA