L’art. 270-bis.1 c.p. (introdotto dal d.lgs. n. 21 del 2018, in un’ottica di esecuzione della delega contenuta nella c.d. Riforma Orlando, L. n. 103 del 2017) prevede specifiche circostanze aggravanti ed attenuanti applicabili ai reati realizzati per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.
Il comma 1 prende in considerazione l’aggravante della finalità terroristica o eversiva:
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con riguardo la finalità di terrorismo, occorre richiamare l’art. 270 sexies del c.p.: le condotte con finalità di terrorismo sono quelle che possono arrecare grave danno a uno o più Stati e che sono indirizzate ad incutere un terrore collettivo nella popolazione;
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in relazione alla finalità di eversione dell’ordine democratico, essa si identifica con la volontà di sovvertire l’assetto costituzionale esistente o rovesciare il sistema democratico previsto dalla Costituzione o nella volontà di deviare i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.
Come stabilito dal comma 1, con l’applicazione di tale aggravante, la
pena è
aumentata della metà.
Innanzitutto, questa aggravante si applica ai reati per cui è prevista una
pena diversa da quella dell’ergastolo.
Inoltre, nell’ottica della
natura accessoria delle circostanze del reato, occorre che queste specifiche finalità
non siano elementi costitutivi dei reati commessi.
Peraltro, l’aggravante in esame non coincide con le finalità principali dei reati ai quali inerisce poiché essa
può qualificare ogni condotta illecita (purché il fine dell’agente sia realizzare condotte in grado di provocare il panico nella popolazione). Quindi, l’aggravante di cui all’art. 270-bis.1 c.p. si rivela come
circostanza comune, che si affianca a quelle dell’
art. 61 del c.p..
Ai sensi del comma 6 (introdotto con la L. n. 60 del 2023),
si procede sempre d’ufficio per i delitti aggravati dalla circostanza della finalità terroristica o eversiva.
Il comma 2 della norma in commento disciplina il
concorso di una pluralità di circostanze, distinguendo due diverse situazioni:
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nell’ipotesi di concorso dell’aggravante in esame con altre circostanze aggravanti, l’aumento di pena previsto per l’aggravante in esame deve essere applicato per primo;
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è previsto il divieto di prevalenza o di equivalenza delle circostanze attenuanti diverse da quelle di cui all’art. 98 del c.p. (minore età) e all’art. 114 del c.p. (attenuanti applicabili ai concorrenti nel reato): tali attenuanti non possono prevalere o equivalere sull’aggravante della finalità terroristica o eversiva e su quelle aggravanti per cui la legge sancisce una pena di specie diversa o ne determini la misura in modo indipendente da quella ordinaria del reato. In questi casi, le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.
Poi, per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine pubblico e salvo quanto previsto dall’
art. 289 bis del c.p., il comma 3 prevede un’
attenuante a favore del soggetto che,
dissociandosi dagli altri concorrenti, si attiva per evitare che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze (cioè, evitare che il reato produca altri effetti rispetto a quelli già prodotti)
o collabora con l’autorità di polizia e l’autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive che portino all’individuazione o alla cattura dei correi. In queste ipotesi, la pena dell’ergastolo viene sostituita da quella della
reclusione da dodici a vent’anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.
A norma del comma 4,
quando ricorre l’attenuante appena vista, non si applica l’aggravante della finalità terroristica o eversiva.
Infine, l’ultimo comma dell’art. 270-bis.1 c.p. prevede una
causa di non punibilità che si fonda sul
volontario impedimento dell’evento e sulla
collaborazione nelle indagini: ossia, non è punibile penalmente il soggetto che, in una fase successiva allo stadio del tentativo nella sua condotta ma prima che l’evento si sia verificato, si adoperi volontariamente per evitare
il prodursi dell’evento stesso e, inoltre,
fornisca elementi di prova determinanti per la ricostruzione del fatto e per l’individuazione di eventuali concorrenti.
Però, la causa di non punibilità appena analizzata trova applicazione
fuori del caso del recesso attivo di cui al comma 4 dell’art. 56 del c.p., il quale prevede che il colpevole soggiace alla pena stabilita per il
delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà se egli volontariamente impedisce l’evento (si noti che, rispetto al recesso attivo di cui all’art. 56 c.p., nella causa di non punibilità in commento non è sufficiente l’attivarsi per impedire il verificarsi dell’evento, ma è necessario anche collaborare con la giustizia).