La norma in esame è stata introdotta con lo scopo di contrastare il fenomeno di sequestro di persone a scopo di
terrorismo ed eversione, nato negli “anni di piombo”.
Dalla formulazione letterale della norma, e precisamente dalla disgiunzione tra finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, è agevole desumere che nell'ambito della fattispecie deve ricomprendersi qualsiasi condotta che,
comprimendo la libertà individuale del soggetto passivo, sia sorretta dall'uno o dall'altro scopo.
Tale interpretazione trae ulteriore supporto dal rilievo che laddove il legislatore abbia inteso perseguire esclusivamente attività terroristiche avvinte da uno scopo di sovvertimento dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione e posti a base dell'organizzazione statale (v. Art.
270 bis), ha espressamente enunciato, nella formulazione del disposto normativo il compimento di atti terroristici finalizzati alla sola eversione.
Costituisce
finalità di terrorismo l'incutere timore nella popolazione con azioni indiscriminate, dirette cioè non contro le singole persone, ma contro quello che esse rappresentano.
La
finalità di eversione si identifica invece nel fine più diretto di sovvertire l'ordine democratico costituzionale e di travolgere l'assetto pluralistico dello Stato, disarticolandone le strutture, impedendone il funzionamento o deviandolo dai principi fondamentali cui è sotteso.
Al
secondo comma è prevista una
condizione obiettiva di punibilità, non voluta dal reo, ma al quale comunque consegue un aggravamento di pena, qualora dal sequestro derivi dal morte del soggetto, per qualsiasi causa, anche indipendente dal sequestro stesso.
Se, per contro, il colpevole cagiona la morte del reo, è prevista una
circostanza aggravante consistente nella pena dell'
ergastolo. Qui la giurisprudenza richiede la volontarietà della condotta sorretta almeno dal
dolo eventuale, mentre la condotta colposa rientra nell'ipotesi precedente.
Al fine di stimolare i colpevoli alla resipiscenza, al comma 4 è prevista una circostanza attenuante, qualora il concorrente (art.
110) si dissoci e si adoperi a far riacquistare la libertà al soggetto sequestrato.
La
dissociazione non implica la spontaneità del comportamento, ma solo la volontarietà (in ciò distinguendosi dalla
desistenza volontaria di cui all'art.
56) e si osserva che non vengono escluse dal beneficio dell'attenuante né l'ipotesi dell'unico agente né quella in cui si registri la decisione unanime di tutti i compartecipi di
dissociarsi dal reato.