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Articolo 199 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/10/2024]

Sottoposizione a misure di sicurezza: disposizione espressa di legge

Dispositivo dell'art. 199 Codice Penale

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge [1] e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti(1).

Note

(1) La norma riconosce che le misure di sicurezza, al pari delle pene, sono soggette al principio di legalità. Si ricordi poi che a queste si applica poi anche il principio di riserva di legge, come prevede l'art. 25 Cost., comma 3. Ne deriva, quindi, che l'applicazione delle misure di sicurezza trova la propria legittimazione, nonché delimitazione solo dalla legge, che prevede dunque quale tipo di misura applicare e quando applicarla.

Ratio Legis

Si parla di "doppio binario" per intendere la scelta adottata dal codice Rocco di porre a fianco della pena, caratterizzata dalla funzione repressiva, la misura di sicurezza, la quale invece riveste una funzione preventiva di tutela della collettività, oltre che rieducativa.

Spiegazione dell'art. 199 Codice Penale

Nel nostro sistema penale vige il principio del doppio binario, con ciò intendendosi che il codice affianca alla sanzione penale tradizionale la misura di sicurezza, allo scopo di elidere la pericolosità sociale manifestata da taluni soggetti.

Così, mentre la pena assolve la funzione di prevenzione generale e di retribuzione, le misure di sicurezza presentano una funzione di chiara specialprevenzione, neutralizzando, curando e rieducando il reo giudicato socialmente pericoloso (al di là della effettiva responsabilità) e che manifesti la probabilità di futura recidiva.

Le fondamentali differenze tra misure di sicurezza e pena che scaturiscono da quanto detto sono le seguenti:

  • mentre la durata della pena principale è stabilita dal giudice in base alla gravità del fatto, la durata della misura di sicurezza si appalesa invece indeterminata, dipendendo dalla protrazione della pericolosità sociale del soggetto;
  • mentre la pena presuppone un coefficiente minimo di volontarietà del fatto, essendo destinata agli imputabili ed ai semimputabili, la misura di sicurezza è applicabile anche ai non imputabili.

Le misure di sicurezza sono disciplinate anche dalla Costituzione all'art. 25, comma 3, il quale le sottopone al principio di legalità. Le misure devono dunque essere espressamente previste sia come varie tipologie sia come ambito applicativo particolare riferito a singole fattispecie.

Anche se non espressamente disciplinato, si ritiene comunemente che il principio di irretroattività sia comunque applicabile alle misure di sicurezza, nel senso che esse non possono essere applicate per un fatto che, al momento della commissione, non costituiva reato.

Il principio di cui sopra sembra tuttavia potersi applicare soltanto alle ipotesi di nuova incriminazione, ammettendosi per contro la retroazione sfavorevole della norma sopravvenuta alla commissione del fatto già previsto come reato, la quale preveda l'applicazione di una misura di sicurezza non contemplata al momento della commissione del fatto, come anche di una misura di sicurezza più grave di quella precedentemente applicata.

Massime relative all'art. 199 Codice Penale

Cass. pen. n. 37843/2019

In tema di misure di sicurezza, il magistrato di sorveglianza, in sede di accertamento dell'attualità della pericolosità sociale ex art. 679 cod. proc. pen., non può applicare al condannato la misura dell'assegnazione ad una casa di lavoro o ad una colonia agricola in sostituzione di quella della libertà vigilata disposta con la sentenza e non ancora eseguita, pur quando, nelle more, siano sopravvenuti fatti indicativi di una maggiore pericolosità del predetto condannato, ostandovi la mancanza di un'espressa previsione di legge in tal senso.

Cass. pen. n. 1058/1999

Le misure alternative alla detenzione previste dall'ordinamento penitenziario possono essere concesse solo con riferimento alla esecuzione delle “pene” e non anche per le misure di sicurezza disciplinate dagli artt. 199 e ss. c.p.

Cass. pen. n. 804/1996

La constatata mancata convalida del sequestro (probatorio o preventivo) operato dalla polizia giudiziaria impone la restituzione del manufatto abusivo, e ciò ancorché di questo sia stata ordinata la demolizione ai sensi dell'art. 7 della L. 28 febbraio 1985, n. 47; la restituzione, infatti, non è compatibile con l'ordine di demolizione, il quale, per il principio di tassatività delle misure di sicurezza, non può essere qualificato come sanzione atipica ad effetto ablativo, parzialmente assimilabile alla confisca obbligatoria.

Cass. pen. n. 104/1995

L'ordine di demolizione ex art. 7, ultimo comma, legge 28 febbraio 1985, n. 47 non può essere qualificato «sanzione giurisdizionale atipica ad effetto ablativo», assimilabile parzialmente alla confisca obbligatoria e sostitutivo ed assorbente del sequestro probatorio o preventivo, perché non è concepibile un'assimilazione parziale dell'ordine di demolizione ad una misura di sicurezza, atteso il principio di tassatività delle stesse (art. 199 c.p.), mentre i dettati degli artt. 262, comma quarto e 323 comma terzo c.p.p. consentono il permanere del sequestro dopo la sentenza definitiva solo se sia disposta la confisca. Pertanto non è possibile mantenere il sequestro probatorio o preventivo di una costruzione abusiva dopo la sentenza definitiva.

Cass. pen. n. 2196/1994

Applicata ad un soggetto, con diversi provvedimenti, la misura di sicurezza della libertà vigilata, non è consentito, in sede di unificazione disposta ai sensi dell'art. 209, comma 1, c.p.p., aggiungere alla detta misura il divieto di soggiorno, ostandovi il principio di legalità sancito, in materia di misure di sicurezza, dall'art. 25, comma 3, Cost. e dall'art. 199 c.p., né potendosi ritenere che il divieto di soggiorno, costituente diversa ed autonoma misura (art. 233 c.p.), sia inquadrabile nell'ambito delle prescrizioni intese ad evitare le occasioni di nuovi reati, previste in materia di libertà vigilata dall'art. 228, comma 1, c.p.

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