Se taluno mette altri nello stato d'incapacità d'intendere o di volere [613, 728], al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato di incapacità(1).
Note
(1)
Viene qui descritta la situazione per cui si ha un disegno criminoso, il quale presuppone la chiara previsione e volontà di chi si serve della terza persona come longa manus per realizzare il fatto. Viene quindi punito colui che è il vero colpevole, in quanto ha avuto coscienza e volontà della condotta, insieme alla previsione e volontà dell'evento (v. 42-43). Una parte della dottrina riporta la fattispecie in esame nella figura della reità mediata, mentre altri, ritenendo questa figura estranea al nostro ordinamento giuridico, preferiscono ricondurre tali casi all'istituto del concorso di persone nel reato (v. 110 ss.). L'accoglimento dell'una o dell'altra tesi assume rilevanza nel caso in cui l'inimputabile commetta un reato diverso da quello voluto da colui il quale ha cagionato lo stato di inimputabilità. Di conseguenza, secondo i fautori della reità mediata, troverebbe applicazione la disciplina dell'aberratio delicti (v. 83), mentre, secondo i fautori della disciplina del concorso di persone, l'art. 116 del c.p.. Risulta, invece, pacifico che l'articolo in esame si rifà solo ai casi in cui lo stato di incapacità procurato in altri sia totale, diversamente si tratterebbe di concorso di persone nel reato, senza ombra di dubbio.