Particolare rilievo assume l’introduzione, a seguito della Riforma Cartabia, dell’istituto della c.d. vendita diretta, con l’inserimento degli artt. 568 bis e 569 bis c.p.c., avente la finalità di favorire una liquidazione “virtuosa” e rapida attraverso la collaborazione del
debitore, cercandosi nel contempo di non allungare infruttuosamente i tempi processuali o di perpetrare frodi in danno dei creditori.
Si intende in questo modo rendere favorevole per l’
acquirente l’acquisto del bene, in considerazione della verifica giudiziale dei presupposti e, soprattutto, dell’assunzione dei costi del trasferimento e della cancellazione dei gravami a carico della procedura (come già avviene col
provvedimento ex
art. 586 del c.p.c.).
Già prima della Riforma non erano infrequenti i casi in cui, nel corso della procedura e su impulso del debitore e con l’accordo del creditore o dei creditori, si andava a ricercare un soggetto terzo disponibile ad un acquisto fuori procedura dell’immobile pignorato prima della vendita dello stesso o, eventualmente, anche successivamente al fallimento di un esperimento di vendita.
Tale sistema costituiva un modo per evitare il rischio di una vendita dei beni pignorati a prezzi ampiamente inferiori rispetto a quello che poteva essere il reale valore di mercato, con danno non solo del debitore, ma anche del
creditore o dei creditori.
Ebbene, dal lato del debitore, la norma in esame risulta strutturata in modo tale da permettergli di evitare un eventuale deprezzamento del bene legato ai meccanismi dell’offerta minima del primo tentativo di vendita e dei ribassi propri del processo esecutivo immobiliare; inoltre, con il sistema dalla stessa previsto si intende conseguire un aumento di efficienza soprattutto in termini di accelerazione dell’espropriazione e di limitazione dei costi.
Infine, anche dal punto di vista del creditore o dei creditori, la norma mira a giungere alla conclusione della procedura senza danno in termini di diminuzione dell’importo effettivamente ottenuto.
In particolare, si prevede che, previa istanza da depositare non oltre dieci giorni prima dell’udienza ex
art. 569 del c.p.c., il debitore possa chiedere che venga disposta la vendita dell’immobile pignorato, ovvero anche di uno solo degli immobili pignorati, per un prezzo non inferiore al valore indicato nella
relazione di stima di cui al terzo comma dell’
art. 173 bis delle disp. att. c.p.c..
La formalizzazione dell’istanza, dunque, appare possibile solo successivamente al deposito in giudizio, da parte dell’esperto incaricato dal Tribunale, della propria relazione.
Inoltre, occorre precisare che l’istituto qui previsto non sembrerebbe limitato ai casi di espropriazione immobiliare portata avanti direttamente contro il debitore e potrebbe ritenersi applicabile anche nel caso di espropriazione condotta nei confronti ed a danno del terzo proprietario ex artt.
602 e
603 c.p.c.
Un particolare significato va attribuito al riferimento che la norma fa all’
art. 569 del c.p.c., da intendere nel senso che il nuovo istituto non è extra procedurale, ma si inserisce direttamente nella procedura esecutiva, essendo correlato a tale udienza (che, comunque, dovrà sempre tenersi), nel corso della quale il giudice dell’esecuzione, oltre a provvedere sulle eventuali opposizioni agli
atti esecutivi, dovrà effettuare tutte le necessarie verifiche formali, tra cui in particolare il controllo della regolarità delle notifiche ex
art. 498 del c.p.c. comma 3 e soprattutto dovrà determinare, all’esito dell’
iter previsto dai commi 3 e 4 dell’
art. 173 bis delle disp. att. c.p.c. (eventualmente delegando a tal fine il
professionista ai sensi del comma 3 n. 1 dell’
art. 591 bis del c.p.c., il prezzo base rilevante proprio in riferimento all’istanza di vendita diretta ed ai correlati e successivi incombenti.
Si legge, infatti, al secondo comma della norma, che, a pena di
inammissibilità, unitamente e dunque contestualmente alla predetta istanza, debba essere depositata in
cancelleria da parte del debitore istante una specifica offerta di acquisto, che rimane irrevocabile salvo che siano decorsi centoventi giorni dalla data del provvedimento di cui al 2° co. dell' art. 569 bis senza che sia stata accolta (così il terzo comma), unitamente ad una cauzione non inferiore al decimo del prezzo offerto.
Debitore o offerente, almeno cinque giorni prima dell’udienza di cui all’art. 569, devono provvedere a notificare l'istanza e la correlata offerta al
creditore procedente, ai creditori che sui beni pignorati hanno un
diritto di prelazione risultante da pubblici registri richiamati dall’
art. 498 del c.p.c. e a quelli intervenuti nella procedura prima del deposito dell'offerta medesima.
Sia il termine di dieci giorni prima dell’udienza ex art. 569 per il deposito dell’istanza e dell’offerta che il termine di cinque giorni prima della stessa udienza per la notifica dell’istanza e dell’offerta sono termini perentori, con la conseguenza che la loro violazione determina il venir meno, in capo al debitore esecutato, della facoltà di richiedere la vendita diretta.
E’ proprio l’udienza di cui all’art. 569 c.p.c. quella nella quale il giudice potrà valutare l’ammissibilità dell’istanza di vendita diretta, la quale occorre che sia formalizzata dal difensore processuale munito di procura, eventualmente fissando un termine per l’integrazione dell’offerta e della
cauzione nel caso di determinazione di un prezzo base superiore a quello offerto dal debitore istante.
Sempre nel corso di quell’udienza il giudice stabilirà il prosieguo della procedura nelle due diverse ipotesi di assenza o presenza di opposizione dei creditori titolati e/o di quelli intervenuti di cui all'
art. 498 del c.p.c..
L’eventuale differimento dell’udienza ex art. 569 ad una successiva data non sembra che possa consentire al debitore di essere rimesso in termini allorchè non abbia formalizzato l’istanza nei termini di legge, ad eccezione del caso in cui non sia stata depositata in giudizio la relazione da parte dell’esperto ex
art. 173 bis delle disp. att. c.p.c..