Cass. civ. n. 16056/2016
L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. (Rigetta, App. Roma, 24/04/2013).
Cass. civ. n. 10347/2016
In materia di prova testimoniale, la deposizione può essere ritenuta attendibile anche limitatamente a determinati contenuti, a condizione che, tra la parte del narrato ritenuta inattendibile ed il resto ritenuto meritevole di credito, non sussista un rapporto di causalità necessaria o l'una non costituisca un imprescindibile antecedente logico dell'altro.
Cass. civ. n. 19215/2015
La valutazione sull'attendibilità di un testimone ha ad oggetto il contenuto della dichiarazione resa e non può essere aprioristica e per categorie di soggetti, al fine di escluderne "ex ante" la capacità a testimoniare. (Nella specie, la S.C. ha censurato la decisione della Corte di merito - confermativa di quella del giudice di prime cure - di non ammettere la dedotta prova testimoniale in ragione della ritenuta inattendibilità, "ab origine", degli indicati testimoni, perché residenti stabilmente nell'immobile oggetto del contratto di locazione "sub iudice").
Cass. civ. n. 25663/2014
Nelle cause per separazione personale dei coniugi - in cui ciascuno di essi muove all'altro addebiti integranti gli estremi della separazione per colpa - l'indagine testimoniale, sia nel momento dell'acquisizione delle deposizioni, sia in quello finale della loro valutazione in un contesto globale, è particolarmente delicata ed il giudice, pur tenendo in debito conto i rapporti di parentela, dipendenza o similari, che possono spingere i terzi ad una scarsa obiettività, deve considerare le deposizioni di tutti e giudicare della scarsa attendibilità di un teste non apoditticamente, in base al solo rapporto che lo lega alla parte che lo ha indotto, ma secondo la verosimiglianza delle circostanze affermate e la conferma che queste possono trovare nelle deposizioni di altri testi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva fondato il proprio convincimento, oltre che su circostanze riferite ai testimoni escussi da uno dei coniugi, anche su fatti omogenei registrati alla presenza dei medesimi testi o narrati da altri testimoni, per quanto figli minori delle parti). (Rigetta, App. Napoli, 16/05/2012).
Cass. civ. n. 11511/2014
La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili. (Rigetta, App. Milano, 18/07/2006).
Cass. civ. n. 1188/2007
La valutazione della sussistenza o meno dell'interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 cod. proc. civ., è rimessa - così come quella inerente all'attendibilità dei testi e alla rilevanza delle deposizioni - al giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata. (Cassa senza rinvio, App. Milano, 27 Settembre 2002).
Cass. civ. n. 21412/2006
La valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. (Nella specie, la S.C., con riferimento ad un ricorso in tema di impugnazione di licenziamento disciplinare, ha rigettato il motivo con il quale erano state contestate le risultanze testimoniali, rilevando l'assenza di vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata con la quale era stato idoneamente rilevato che i testi escussi non avevano fornito indicazioni univoche tali da poter considerare provata l'affissione del codice disciplinare nei termini voluti dalla legge, oltre all'emergenza della totale incertezza in ordine alla natura e al contenuto dei fogli presenti in bacheca e all'accessibilità di quest'ultima). (Rigetta, App. Roma, 14 Giugno 2004).
Cass. civ. n. 11377/2006
L'incapacità a testimoniare, prevista dall'articolo 246 c.p.c., che si identifica con l'interesse a proporre la domanda o a contraddirvi di cui all'articolo 100 c.p.c., determina la nullità della deposizione e non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata a farla valere al momento dell'espletamento della prova o nella prima difesa successiva, restando altrimenti sanata ai sensi dell'articolo 157, secondo comma, c.p.c. Qualora, per difetto di eccezione o per rigetto della medesima, la testimonianza resti validamente acquisita al processo, non resta tuttavia escluso il potere del giudice di procedere alla valutazione della deposizione, sotto il profilo dell'attendibilità del testimone, tenendo conto anche della situazione potenzialmente produttiva di incapacità.
Cass. civ. n. 1101/2006
L'interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 c.p.c., è solo quello - giuridico, personale e concreto - che comporterebbe, in ipotesi, la legittimazione del teste alla proposizione dell'azione ovvero all'intervento o alla chiamata in causa. Il relativo giudizio sulla sussistenza o meno di detta incapacità a testimoniare è rimesso - così come quello inerente all'attendibilità dei testi e alla rilevanza delle deposizioni - al giudice del merito, che è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
Cass. civ. n. 4776/2005
In tema di prova testimoniale, le disposizioni limitative della capaceità dei testi, come quelle relative alla loro identificazione, sono dettate nell'esclusivo interesse delle parti, le quali devono denunziarne la inosservanza in sede di assunzione della prova, o nella prima difesa successiva, senza di che tale nullità deve ritenersi sanata.
Cass. civ. n. 4404/1998
La parte rimasta contumace in primo grado non può godere, nel giudizio di appello, di diritti processuali più ampi di quelli spettanti alla parte ritualmente costituita in quel primo giudizio, e deve, conseguentemente, accettare il processo nello stato in cui si trova, con tutte le preclusioni e decadenze già verificatesi. (Nella specie, l'appellante, contumace in primo grado, aveva, in sede di appello, proposto eccezione di irritualità, per difetto di indicazione dei testimoni — giusto disposto dell'art. 252 c.p.c. — della prova testimoniale esperita in primo grado. La S.C., nel confermare la pronuncia del giudice di merito, ha sancito il principio di diritto di cui in massima, aggiungendo, ancora, che la prescrizione di cui al ricordato art. 252, non attenendo all'ordine pubblico, deve essere necessariamente eccepita dalla parte, che ne ha facoltà «nella prima istanza o difesa successiva all'atto o alla notizia di esso», ex art. 157 del codice di rito — disposizione, quest'ultima, all'evidenza riferita allo stesso grado del processo nel quale la nullità si sia verificata —, con conseguente sanatoria del vizio sia nei confronti del convenuto costituito, ma intempestivo nella proposizione dell'eccezione, sia, a più forte ragione, del convenuto contumace).