Il primo comma di questa norma sancisce il divieto per chi rende testimonianza di assistere alle deposizioni altrui. Ciò comporta che nell'aula dove si rende la dichiarazione non possono essere presenti altri testimoni, e che l'eventuale presenza di altri testi ne determina l'esclusione, anche
ex officio, dalla lista dei testimoni ammessi.
Ratio di tale di tale disposizione è chiaramente quella di evitare che le deposizioni successive siano influenzate da quelle precedenti.
Perché possa dirsi rispettata la regola dell’audizione separata, si ritiene che debba escludersi, prima dell'audizione, ogni contatto o comunicazione con le parti, i loro difensori ed i testimoni già sentiti , facendosi in tal modo applicazione del principio espressamente previsto, nel processo penale, dall'
art. 149 delle disp. att. c.p.p..
Come si è prima accennato, se il teste non ottempera a questa disposizione, dovrebbe essere estromesso dalla lista, anche d'ufficio, ritenendosi che sia da qualificare nulla, per la sua inidoneità al raggiungimento dello scopo e seppure non espressamente previsto, la testimonianza resa in caso di mancata osservanza dei principi posti da questa norma.
In senso contrario si è espressa la giurisprudenza prevalente, ritenendo che l'escussione di un teste che abbia assistito alle deposizioni dei testimoni precedentemente sentiti non determina
nullità della prova, rilevando l'inosservanza di tale disposizione solo ai fini della valutazione dell'attendibilità del teste, la quale è riservata al giudice del merito e non attiene alla sussistenza dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto (in tal senso si argomenta dal secondo comma dell’
art. 156 del c.p.c.).
L'obbligo di prestazione del giuramento, per come in origine era previsto dal secondo comma di questa norma, è stato abolito in favore della dichiarazione di assunzione di impegno a dire la verità, in tal modo compiendosi un decisivo passo avanti verso la concreta realizzazione del principio di laicità dello Stato italiano (l'obbligo di prestazione del giuramento dapprima previsto da questa norma si poneva in aperto contrasto con la libertà di coscienza, garantita dall'
art. 19 Cost., dei testi appartenenti a confessioni religiose che vietano la prestazione di giuramento in ogni forma e circostanza).
In ordine alle conseguenze della mancata prestazione del giuramento ai fini della validità formale della deposizione, parte della dottrina ha affermato la nullità della deposizione stessa per inidoneità al raggiungimento dello scopo.
La dottrina prevalente, invece, non fa discendere alcuna nullità della prova dalla mancata prestazione del giuramento, ritenendo che debbano avere prevalenza i principi di acquisizione e di economia processuale, anche in considerazione del fatto che il giudice può verificare in ogni momento l'effettiva corrispondenza della deposizione alla verità dei fatti; in tal senso è anche orientata la giurisprudenza, argomentando dal rilievo che la mancata prestazione del giuramento prescritto dall'art. 251 da parte del testimone non comporta, in difetto di un'espressa comminatoria di legge, la nullità della prova testimoniale, in quanto il giuramento stesso non costituisce requisito indispensabile perché l'atto possa raggiungere lo scopo cui è destinato.