Il potere di dichiarare chiusa la fase dell’assunzione dei mezzi di prova spetta unicamente al giudice avanti al quale pende il giudizio, anche nel caso in cui l'assunzione sia stata delegata ad altro giudice (italiano o straniero o ad organi consolari) e si esercita mediante l’emissione di un provvedimento formale avente generalmente la forma di
ordinanza, il quale può anche essere implicitamente contenuto nel rinvio alla
precisazione delle conclusioni (nei rari casi di procedimento collegiale, nella rimessione della causa al collegio per la decisione).
Sin dalla riforma del 1990, è stata ritenuta non più configurabile una revoca dell'ordinanza di chiusura, essendosi ormai verificate le preclusioni istruttorie, adesso previste ai commi 6 e 8 dell’
art. 183 del c.p.c..
Malgrado ciò, si ammette la possibilità che, dopo la chiusura della fase istruttoria, venga disposta la sua riapertura ed una sua rinnovazione, qualora ciò risulti funzionale alla decisione di merito.
E’ tuttavia, opportuno che le parti precisino contemporaneamente le conclusioni di merito, e ciò onde non incorrere in decadenza e non vedersi considerate come definitive le conclusioni formulate in precedenza (si ritiene, infatti, che in caso di rinnovazione non sia poi necessario procedere ad una nuova udienza di precisazione delle conclusioni).
Leggendo la norma se ne ricava che tre sono le ipotesi al ricorrere delle quali il giudice provvede, anche d'ufficio, a dichiarare chiusa l'assunzione, e precisamente:
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si è esaurita l’intera fase istruttoria, ossia sono stati assunti tutti i mezzi probatori precedentemente ammessi;
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le parti sono state dichiarate decadute dal diritto di far assumere uno o più mezzi di prova;
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il giudice, alla luce delle risultanze probatorie già acquisite, ritiene superflua l'ulteriore assunzione delle prove ammesse.
In relazione a quest’ultima ipotesi è diffusa in dottrina l'opinione secondo cui una prova può essere considerata superflua (e dunque legittimamente esclusa dall'assunzione), solo nel caso in cui i risultati già raggiunti siano sufficienti per la decisione.
In caso contrario si avrebbe una palese violazione delle garanzie di difesa di quella parte a sostegno della cui posizione la prova doveva essere assunta.
Trattasi di una facoltà che il giudice può esercitare in applicazione del principio dell'economia endo-processuale, ma che di fatto comporta per lo stesso giudice il rischio di venir meno, seppure involontariamente, ai propri doveri di imparzialità, pregiudicando il fondamentale
diritto di difesa della parte che aveva interesse all'assunzione della prova esclusa.
La superfluità della prova va dichiarata per mezzo di un provvedimento avente natura di ordinanza che, in quanto tale, può sempre essere revocata (con conseguente riapertura della fase di assunzione) nel caso in cui il giudice istruttore si renda conto di aver erroneamente ritenuto superflue prove che, invece, risultano utili alle considerazioni da svolgersi in sede di decisione finale.