Gli
arbitri risolvono, senza autorità di giudicato, tutte le questioni rilevanti per la
decisione della
controversia, anche se vertono su materie non arbitrabili, ad
eccezione dell’ipotesi in cui si tratti di questioni che per legge devono essere decise con autorità di giudicato; in quest’ultimo caso, infatti, è prevista e disciplinata la sospensione del procedimento arbitrale ex
art. 819 bis del c.p.c., con la conseguenza che la
questione pregiudiziale non compromettibile deve necessariamente essere trasformata in causa pregiudiziale, fuori dall'arbitrato.
Come emerge dalla stessa lettera della legge, l'ambito di applicazione di questa norma è limitato al
merito della
controversia e sembrerebbe riferirsi anche a quelle
questioni preliminari di merito che possono sì portare ad una autonoma decisione e incidere sulla soluzione della lite, ma che non hanno la capacità di investire l'intera materia del contendere di un autonomo giudizio.
Su tali questioni, gli arbitri potranno pronunciare in via principale, con efficacia di giudicato, soltanto se vertano su materie che possano essere oggetto di convenzione arbitrale.
La prima condizione posta per la decisione da parte degli arbitri della
questione pregiudiziale, dunque, è che la stessa verta su materie compromettibili.
La seconda condizione prevede la richiesta di tutte le parti, se tali questioni non sono comprese nella convenzione di arbitrato; la richiesta di tutte le parti deve intendersi come manifestazione di una nuova volontà compromissoria, alla quale gli arbitri, già designati, rimangono estranei.
Deve evidenziarsi che la previsione della concorde volontà di tutte le parti trova giustificazione nel fatto che l'iniziativa unilaterale tendente ad estendere l'accertamento demandato agli arbitri a diritti o rapporti,
ab origine non concordemente individuati, violerebbe il patto compromissorio ed il principio di parità delle armi.
Ci si è chiesti se, trattandosi di un'ipotesi di allargamento del processo, cui consegue un ampliamento della
prestazione contrattuale degli arbitri, non debba ritenersi necessario, pur nel silenzio del legislatore, anche l'accordo degli stessi arbitri.
Sembra preferibile la tesi che esclude la necessarietà del consenso degli arbitri, argomentandosi dal rilievo che, in caso contrario, si dovrebbe ammettere che tale consenso occorra per la decisione di ogni pregiudiziale, anche se
incidenter tantum.
Qualora la situazione giuridica pregiudiziale, da decidersi con autorità di giudicato, sia attribuita alla
giurisdizione civile o a quella amministrativa, si ritiene che possa trovare applicazione il disposto di cui al secondo comma dell’
art. 819 bis del c.p.c..
Entro il
termine di novanta giorni dall'
ordinanza di sospensione la parte, che abbia interesse a mantenere in vita il giudizio arbitrale, deve depositare copia autentica dell'atto introduttivo di tale processo; in caso contrario il processo arbitrale si estingue.