La norma in esame detta il principio fondamentale secondo cui l'arbitrato è un
processo convenzionale, che si svolge innanzitutto secondo le regole stabilite dalle parti e, in secondo luogo ed in difetto, dagli
arbitri.
La disponibilità regolamentare delle parti non si estende anche all'attribuzione agli arbitri di poteri in contrasto con i principi generali dell'ordinamento processuale, tra cui la possibilità di derogare ai poteri di apprezzamento in ordine alle prove o al
potere discrezionale di ammissione delle prove; le parti, invece, possono fissare decadenze e preclusioni, anche diverse da quelle stabilite dalla legge, purchè sia osservato il principio del
contraddittorio (applicabile anche all'arbitrato irrituale).
Si ritiene che non sia indispensabile l'assegnazione di termini per la produzione di documenti e memorie, a condizione che gli arbitri mettano le parti in grado di svolgere le proprie osservazioni e presentare le proprie istanze, almeno a chiusura della fase istruttoria e prima del passaggio in decisione della
controversia.
L’intento del legislatore di voler garantire il rispetto del principio del contraddittorio può desumersi dall'espressione utilizzata nel testo riformato, in cui è detto che “
in ogni caso” gli arbitri devono attuare detto principio; ciò comporta che, anche nel caso in cui le parti abbiano provveduto a regolare lo svolgimento del giudizio, ma non abbiano prestato particolare attenzione al principio del contraddittorio, possono derogare alle volontà delle parti, introducendo, con autonoma determinazione, quelle regole volte appunto a garantire detto principio.
In considerazione del fatto che gli arbitri non sono
pubblici ufficiali, la documentazione relativa alle operazioni arbitrali da essi predisposta potrà avere valenza di
scrittura privata, ma sarà loro consentito di rilasciare copia autentica degli atti.
Il terzo comma della norma in esame prevede che le parti possano stare in arbitrato per mezzo di difensori, il che significa che non è necessaria la
rappresentanza o l'
assistenza di un
difensore.
In caso di nomina, non si applica l’
art. 83 del c.p.c. e la
procura ai difensori può essere rilasciata oralmente nel corso delle sedute arbitrali, o in qualsiasi atto del
processo, con sottoscrizione autenticata dallo stesso rappresentante. L'eventuale nullità della procura non costituisce causa di nullità del
lodo.
Al rapporto parti-difensori, che può instaurarsi sia con soggetti iscritti all'albo degli avvocati sia con soggetti che non hanno qualifiche professionali particolari, si applicano le norme sul
mandato con
rappresentanza.
Nel caso in cui vengano nominati, ai difensori sono oggi conferiti poteri estesi a qualsiasi atto processuale, anche senza espressa indicazione delle parti, compresa la
rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo.
Anche la previsione del difensore quale
destinatario della
notificazione del lodo e della notificazione della sua impugnazione per nullità, si inserisce nell'alveo indicato nella riforma, risolvendosi così un problema pratico, oggetto di dispute giurisprudenziali, in tema di notificazione dell'impugnazione del lodo, che avevano affermato la necessità di notificare l'impugnazione del lodo personalmente alla parte.
Occorre, tuttavia, precisare che non si tratta di un obbligo, ma di una mera possibilità, e ciò lo dimostra il fatto che le suddette comunicazioni o notificazioni possono essere effettuate anche alla parte personalmente (è questa una possibilità non derogabile dalla volontà delle parti).
In caso di silenzio delle parti in ordine alle regole del processo arbitrale, si attribuisce agli arbitri la facoltà di regolare lo svolgimento del procedimento nel modo che ritengono più opportuno e per tutto il corso del procedimento, non essendo richiesto che essi indichino sin dall'inizio le disposizioni che intendono applicare.
Gli arbitri possono disporre d'ufficio la consulenza, mentre è loro precluso il potere di pronunciare provvedimenti cautelari.
Nel caso in cui le parti abbiano concordato l'applicazione delle regole processuali civili al processo arbitrale, le spese processuali vanno regolate secondo i principi della
soccombenza o della compensazione; in tal caso potrebbe anche trovare applicazione il principio di cui all'
art. 91 del c.p.c. sulla condanna alle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta conciliativa.
Le ordinanze degli arbitri non sono idonee ad assumere il ruolo delle ordinanze di cui agli artt.
186 bis,
186 ter e
186 quater c.p.c.
Tuttavia, fatta eccezione per le ordinanze di cui sopra, si attribuisce espressamente agli arbitri il potere di pronunciare lodi interlocutori o ordinanze revocabili per la soluzione di questioni che possono sorgere nel corso del processo arbitrale, scegliendo l'uno o l'altro
provvedimento sulla base del carattere tecnico della questione.
I provvedimenti ordinatori e istruttori degli arbitri devono essere assunti con
ordinanza revocabile e modificabile.