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Articolo 816 bis Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Svolgimento del procedimento

Dispositivo dell'art. 816 bis Codice di procedura civile

Le parti possono stabilire nella convenzione d'arbitrato(1), o con atto scritto separato, purché anteriore all'inizio del giudizio arbitrale, le norme che gli arbitri debbono osservare nel procedimento e la lingua dell'arbitrato. In mancanza di tali norme gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio e determinare la lingua dell'arbitrato nel modo che ritengono più opportuno. Essi debbono in ogni caso attuare il principio del contraddittorio, concedendo alle parti ragionevoli ed equivalenti possibilità di difesa. Le parti possono stare in arbitrato per mezzo di difensori. In mancanza di espressa limitazione, la procura al difensore si estende a qualsiasi atto processuale, ivi compresa la rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo. In ogni caso, il difensore può essere destinatario della comunicazione della notificazione del lodo e della notificazione della sua impugnazione(2).

Le parti o gli altri arbitri possono autorizzare il presidente del collegio arbitrale a deliberare le ordinanze circa lo svolgimento del procedimento.

Su tutte le questioni che si presentano nel corso del procedimento gli arbitri, se non ritengono di provvedere con lodo non definitivo, provvedono con ordinanza revocabile non soggetta a deposito.

Note

(1) Articolo aggiunto dal d.lgs. 40/2006.
(2) La disposizione in esame detta le regole fondamentali dello svolgimento del procedimento arbitrale, attribuendo un ruolo principe alla volontà delle parti, in quanto queste sono legittimate ad indicare le norme a cui gli arbitri devono attenersi per decidere la controversia. Se le parti omettono di indicare tali norme, saranno gli arbitri a dover regolare lo svolgimento del procedimento con l'unico limite del rispetto del principio del contraddittorio.

Spiegazione dell'art. 816 bis Codice di procedura civile

La norma in esame detta il principio fondamentale secondo cui l'arbitrato è un processo convenzionale, che si svolge innanzitutto secondo le regole stabilite dalle parti e, in secondo luogo ed in difetto, dagli arbitri.
La disponibilità regolamentare delle parti non si estende anche all'attribuzione agli arbitri di poteri in contrasto con i principi generali dell'ordinamento processuale, tra cui la possibilità di derogare ai poteri di apprezzamento in ordine alle prove o al potere discrezionale di ammissione delle prove; le parti, invece, possono fissare decadenze e preclusioni, anche diverse da quelle stabilite dalla legge, purchè sia osservato il principio del contraddittorio (applicabile anche all'arbitrato irrituale).

Si ritiene che non sia indispensabile l'assegnazione di termini per la produzione di documenti e memorie, a condizione che gli arbitri mettano le parti in grado di svolgere le proprie osservazioni e presentare le proprie istanze, almeno a chiusura della fase istruttoria e prima del passaggio in decisione della controversia.

L’intento del legislatore di voler garantire il rispetto del principio del contraddittorio può desumersi dall'espressione utilizzata nel testo riformato, in cui è detto che “in ogni caso” gli arbitri devono attuare detto principio; ciò comporta che, anche nel caso in cui le parti abbiano provveduto a regolare lo svolgimento del giudizio, ma non abbiano prestato particolare attenzione al principio del contraddittorio, possono derogare alle volontà delle parti, introducendo, con autonoma determinazione, quelle regole volte appunto a garantire detto principio.

In considerazione del fatto che gli arbitri non sono pubblici ufficiali, la documentazione relativa alle operazioni arbitrali da essi predisposta potrà avere valenza di scrittura privata, ma sarà loro consentito di rilasciare copia autentica degli atti.

Il terzo comma della norma in esame prevede che le parti possano stare in arbitrato per mezzo di difensori, il che significa che non è necessaria la rappresentanza o l'assistenza di un difensore.
In caso di nomina, non si applica l’art. 83 del c.p.c. e la procura ai difensori può essere rilasciata oralmente nel corso delle sedute arbitrali, o in qualsiasi atto del processo, con sottoscrizione autenticata dallo stesso rappresentante. L'eventuale nullità della procura non costituisce causa di nullità del lodo.

Al rapporto parti-difensori, che può instaurarsi sia con soggetti iscritti all'albo degli avvocati sia con soggetti che non hanno qualifiche professionali particolari, si applicano le norme sul mandato con rappresentanza.
Nel caso in cui vengano nominati, ai difensori sono oggi conferiti poteri estesi a qualsiasi atto processuale, anche senza espressa indicazione delle parti, compresa la rinuncia agli atti e la determinazione o proroga del termine per la pronuncia del lodo.
Anche la previsione del difensore quale destinatario della notificazione del lodo e della notificazione della sua impugnazione per nullità, si inserisce nell'alveo indicato nella riforma, risolvendosi così un problema pratico, oggetto di dispute giurisprudenziali, in tema di notificazione dell'impugnazione del lodo, che avevano affermato la necessità di notificare l'impugnazione del lodo personalmente alla parte.
Occorre, tuttavia, precisare che non si tratta di un obbligo, ma di una mera possibilità, e ciò lo dimostra il fatto che le suddette comunicazioni o notificazioni possono essere effettuate anche alla parte personalmente (è questa una possibilità non derogabile dalla volontà delle parti).

In caso di silenzio delle parti in ordine alle regole del processo arbitrale, si attribuisce agli arbitri la facoltà di regolare lo svolgimento del procedimento nel modo che ritengono più opportuno e per tutto il corso del procedimento, non essendo richiesto che essi indichino sin dall'inizio le disposizioni che intendono applicare.

Gli arbitri possono disporre d'ufficio la consulenza, mentre è loro precluso il potere di pronunciare provvedimenti cautelari.
Nel caso in cui le parti abbiano concordato l'applicazione delle regole processuali civili al processo arbitrale, le spese processuali vanno regolate secondo i principi della soccombenza o della compensazione; in tal caso potrebbe anche trovare applicazione il principio di cui all'art. 91 del c.p.c. sulla condanna alle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta conciliativa.

Le ordinanze degli arbitri non sono idonee ad assumere il ruolo delle ordinanze di cui agli artt. 186 bis, 186 ter e 186 quater c.p.c.
Tuttavia, fatta eccezione per le ordinanze di cui sopra, si attribuisce espressamente agli arbitri il potere di pronunciare lodi interlocutori o ordinanze revocabili per la soluzione di questioni che possono sorgere nel corso del processo arbitrale, scegliendo l'uno o l'altro provvedimento sulla base del carattere tecnico della questione.
I provvedimenti ordinatori e istruttori degli arbitri devono essere assunti con ordinanza revocabile e modificabile.

Massime relative all'art. 816 bis Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 17099/2013

In materia di arbitrato, l'indubbia natura negoziale dell'atto di nomina non esclude che esso produca anche gli effetti della "vocatio in ius"; infatti, nel quadro normativo formatosi con la legge 5 gennaio 1994, n. 25, la notifica della domanda di arbitrato segna l'inizio, a tutti gli effetti, del procedimento arbitrale.

Cass. civ. n. 3917/2011

Il procedimento arbitrale è ispirato alla libertà delle forme, con la conseguenza che gli arbitri non sono tenuti all'osservanza delle norme del codice di procedura civile relative al giudizio ordinario di cognizione, a meno che le parti non vi abbiano fatto esplicito richiamo, nel conferimento dell'incarico arbitrale. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che avesse comportato una violazione del contraddittorio l'ammissione e l'espletamento della prova testimoniale richiesta dalla parte in una memoria istruttoria tardivamente depositata, senza concedere all'altra parte un termine per formulare controdeduzioni o per un differimento, avendo il suo difensore partecipato all'udienza di assunzione della prova senza opporsi al suo espletamento).

Cass. civ. n. 23670/2006

Nel giudizio arbitrale, qualora le parti non abbiano determinato nel compromesso o nella clausola compromissoria le regole processuali da adottare, gli arbitri sono liberi di regolare l'articolazione del procedimento nel modo che ritengano più opportuno, e quindi anche di discostarsi dalle prescrizioni dettate dal codice di rito, con l'unico limite del rispetto del principio inderogabile del contraddittorio, posto dall'art. 101 c.p.c., il quale, adattato al procedimento dinanzi agli arbitri, deve essere opportunamente riferito al momento della chiusura della trattazione, in modo da consentire alle parti non solo un'adeguata attività difensiva per tutto il corso del procedimento, pur dopo la chiusura dell'istruttoria, ma anche la possibilità di esercitare su un piano di eguaglianza le facoltà processuali loro attribuite, e quindi da assicurare – senza che ne risulti leso l'altro principio della libertà delle forme, posto dall'art. 816, secondo e terzo comma – l'osservanza della regola audiatur et altera pars secondo il precetto inderogabile di cui al quarto comma della medesima disposizione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che la produzione di documenti oltre il termine all'uopo fissato dagli arbitri non avesse comportato alcuna violazione del contraddittorio, essendo avvenuta comunque prima dell'udienza di discussione, e non avendo la controparte, che pure ne aveva avuto conoscenza, richiesto la concessione di un nuovo termine per produrre a sua volta ulteriore documentazione).

Cass. civ. n. 18918/2004

In tema di arbitrato, a norma dell'art. 816 c.p.c., in mancanza di esplicita previa indicazione delle parti, gli arbitri hanno facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio nel modo che ritengono più opportuno, ma debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare documenti e memorie ed esporre le loro repliche onde assicurare il corretto svolgimento del procedimento con il pieno rispetto del principio della regolarità del contraddittorio, che presiede anche allo svolgimento del giudizio arbitrale. Da ciò consegue la tardività e l'inammissibilità di quesiti formulati per la prima volta con la comparsa conclusionale, che è destinata solo a illustrare le ragioni delle pretese e delle richieste delle parti, senza possibilità alcuna di ampliare l'oggetto della controversia poiché ciò comporterebbe violazione del diritto di difesa della controparte.

Cass. civ. n. 8532/2003

In tema di arbitrato, a seguito dell'entrata in vigore della legge di riforma n. 25 del 1994 il momento iniziale del giudizio arbitrale va determinato non più – come accadeva nella vigenza del precedente quadro normativo – con riguardo alla costituzione del collegio, bensì alla notificazione della domanda di accesso agli arbitri, in quanto idonea a costituire un rituale rapporto processuale: con tale notifica, infatti, vengono identificati dall'istante, sulla base della clausola compromissoria, tanto l'organo deputato a decidere la controversia, quanto la controparte, che è quella risultante dalla clausola stessa, nei confronti della quale il lodo deve essere pronunciato.

Cass. civ. n. 2472/2003

In tema di giudizio arbitrale, l'atto introduttivo del relativo procedimento può ritenersi soggetto alle disposizioni di cui all'art. 163 c.p.c. – dettate in tema di citazione dinanzi al giudice ordinario – soltanto nell'ipotesi in cui le parti o gli arbitri abbiano disposto che il procedimento stesso si svolga secondo la disciplina del processo ordinario, sicché, in mancanza di regole procedimentali stabilite dalle parti o dagli arbitri a pena di nullità, può denunciarsi l'invalidità del lodo soltanto se la formulazione dei quesiti, oggetto di giudizio, sia stata effettuata senza rispettare il principio del contraddittorio.

Cass. civ. n. 1496/2001

In tema di procedimento arbitrale, il principio secondo cui l'esigenza del contraddittorio non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma deve realizzarsi nella sua piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo, riceve specificazione nel senso che gli arbitri devono consentire alle parti di esporre i rispettivi assunti, di conoscere le prove e le risultanze del processo, di presentare entro un termine prefissato memorie e repliche e di prendere visione in tempo utile delle istanze e delle richieste avversarie.

Cass. civ. n. 10192/1999

Il giudizio arbitrale è caratterizzato dal principio dell'assoluta libertà di forme, nel cui ambito gli arbitri adottano le regole da seguire, le quali, se opportuno, possono essere modificate (espressamente o implicitamente), ampliate o ristrette, con l'unico ineludibile limite dell'assoluto rispetto del principio del contraddittorio e sempre che le regole del giudizio non siano previste e determinate direttamente dalle parti in causa.

Cass. civ. n. 3006/1996

La norma contenuta nel terzo comma dell'art. 816 c.p.c. – in base al quale gli arbitri, anche quando hanno la facoltà di regolare lo svolgimento del giudizio arbitrale nel modo che ritengono più opportuno, debbono in ogni caso assegnare alle parti i termini per presentare documenti e memorie, e per esporre le loro repliche – ha carattere inderogabile e serve a far conoscere alle parti i risultati dell'istruttoria per le loro deduzioni e difese a seguito dell'istruttoria espletata. Il collegio arbitrale che, pur se autorizzato a decidere secondo equità, conceda alle parti un unico termine per presentare documenti e memorie, e per esporre le repliche, viola la norma suddetta, atteso che la facoltà di replica, per poter essere concretamente esercitata, postula che le parti, dopo la chiusura dell'istruttoria (orale o documentale che sia), abbiano a disposizione un lasso di tempo, in aggiunta a quello concesso per l'espletamento dell'istruttoria, per valutare gli elementi raccolti e (eventualmente) controdedurre.

Cass. civ. n. 6579/1994

Quando le parti compromittenti non hanno fissato regole procedimentali, gli arbitri del giudizio arbitrale possono regolare il procedimento nel modo ritenuto più opportuno purché, come è espressamente stabilito dall'art. 816 c.p.c., sia rispettato il principio del contraddittorio e perciò consentito alle parti il dialettico svolgimento delle rispettive deduzioni e controdeduzioni e la collaborazione nell'accertamento dei fatti o, in altri termini, di esporre i relativi assunti, di conoscere le prove e le risultanze del processo, di presentare entro i termini prefissati, a norma dell'art. 816, comma 3, c.c., memorie, repliche e documenti, di conoscere in tempo utile le istanze e richieste delle parti. Tale principio è pertanto violato, con conseguente nullità del lodo (art. 829 c.p.c.) e necessità di pronuncia nel merito da parte della corte d'appello presso la quale il lodo è stato impugnato (art. 830 c.p.c.), nel caso in cui, concessa ad una parte la facoltà di depositare memorie e documenti anche dopo la chiusura dell'istruttoria, non sia data comunicazione all'altra parte del deposito né assegnato termine per eventuali osservazioni.

Cass. civ. n. 12517/1993

Nell'arbitrato rituale, ove le parti non abbiano vincolato gli arbitri all'osservanza della procedura ordinaria, è consentito ai compromettenti, nell'ambito dei termini della clausola compromissoria, di modificare ed ampliare gli iniziali quesiti, senza possibilità di evocare il disposto degli artt. 183 e 184 c.p.c., ma sempre nell'osservanza del principio del contraddittorio, che attiene all'ordine pubblico. Ne consegue che non possono ritenersi ritualmente proposti agli arbitri quesiti indicati solo in una nota illustrativa presentata dopo che la controversia sia stata riservata in decisione, essendosi dato progressivamente atto della assenza di altre richieste.

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