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Articolo 418 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Poteri dell'autorità giudiziaria

Dispositivo dell'art. 418 Codice Civile

Promosso il giudizio di interdizione [712 c.p.c.], può essere dichiarata anche d'ufficio l'inabilitazione per infermità di mente [415].

Se nel corso del giudizio d'inabilitazione si rivela l'esistenza delle condizioni richieste per l'interdizione [414], il pubblico ministero fa istanza al tribunale di pronunziare l'interdizione, e il tribunale provvede nello stesso giudizio, premessa l'istruttoria necessaria 714 c.p.c.](1).

Se nel corso del giudizio di interdizione o di inabilitazione appare opportuno applicare l'amministrazione di sostegno, il giudice, d'ufficio o ad istanza di parte, dispone la trasmissione del procedimento al giudice tutelare. In tal caso il giudice competente per l'interdizione o per l'inabilitazione può adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell'articolo 405(2)(3).

Note

(1) Per tale fase, occorrerà l'apposita istanza del pubblico ministero poiché la pronuncia verrà ad ampliare l'originario contenuto (diversamente da quanto previsto al co. I, essendo la domanda di inabilitazione implicitamente contenuta come subordinata).
(2) L'interdizione e l'inabilitazione sono misure aventi carattere residuale; qualora nel corso del giudizio si accerti che le condizioni del soggetto non sono così gravi da comportare una delle due ridette pronunce, dovrà applicarsi l'amministrazione di sostegno.
(3) Il comma è stato aggiunto dall'art. 6 della L. 9 gennaio 2004 n. 6.

Spiegazione dell'art. 418 Codice Civile

Si trova qui attuata la valutazione discrezionale dei presupposti dei due provvedimenti protettivi da parte dell'autorità giudiziaria. E nel tempo stesso si ha la coordinazione gerarchica tra gli stessi provvedimenti, in quanto la interdizione è più grave e più comprensiva di fronte alla inabilitazione; e rappresenta non solo una più energica integrazione di capacità ma anche una più radicale attenuazione dell'autonomia personale, costituente addirittura una diminutio capitis.
Si era proposto di conferire al tribunale un semplicistico potere di conversione processuale, autorizzandolo a pronunziare la inabilitazione quando fosse richiesta la interdizione e viceversa di pronunciare la interdizione in caso di domanda di inabilitazione. "Senonché", osservò il Guardasigilli, "mentre nella prima ipotesi non si pregiudica la difesa del convenuto, un pregiudizio, spesso assai grave, può aversi quando, su una istanza circoscritta alla inabilitazione, si giunga a una pronuncia di interdizione. D'altra parte, questa facoltà contrasta con la configurazione data al processo che, anche nel progetto, mantiene il carattere di procedimento ad istanza di parte: si può ritenere che nella domanda di interdizione sia compresa quella di inabilitazione, ma sarebbe illogico ritenere il contrario. È quindi necessario tener fermo il principio che il tribunale non possa pronunziare la interdizione, se non gliene sia fatta istanza; ma, per evitare che la trascuranza delle parti private impedisca al tribunale di provvedere alla piena tutela del soggetto che risulti in condizione di dover essere interdetto, può essere fatta l'istanza, anche nel corso del giudizio di inabilitazione, dal pubblico ministero."

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

209 E' sembrato superfluo sancire legislativamente, come era stato suggerito, che l'interdetto è in stato di tutela e l'inabilitato in istato di curatela: ciò discende inequivocabilmente dalla disciplina data ai due istituti. Quanto all'altra proposta di deferire la nomina del tutore o del curatore al tribunale stesso nella sentenza che pronuncia l'interdizione o l'inabilitazione, è da considerare che essa romperebbe l'unità del sistema della nuova legge, che attribuisce in ogni caso alla competenza del giudice tutelare, cine all'organo che meglio possiede tutti i necessari elementi di giudizio, tali provvedimenti. Nè è il caso di temere che nell'intervallo tra la pronunzia di interdizione e la nomina da parte del giudice tutelare, l'incapace resti senza la necessaria assistenza, poiché normalmente avviene la nomina del tutore o del curatore provvisorio dopo i primi atti della procedura di interdizione o di inabilitazione. Non è sembrato il caso, infine, di accogliere sia la proposta di dare al magistrato il potere di discostarsi, nella scelta del tutore, dalle persone indicate nell'ultimo comma dell'art. 424 del c.c., sia la proposta di estendere la facoltà di designazione a entrambi i genitori dell'incapace. Sul primo punto si è osservato che la cerchia delle persone, su cui deve cadere la scelta, è sufficientemente estesa, in guisa da rendere inutile la previsione che nessuna di esse sia idonea all'ufficio. Sul secondo punto è stato consideralo che la designazione fatta dal genitore superstite sia quella che merita maggiore considerazione, in quanto più vicina cronologicamente alla dichiarazione di incapacità.

Massime relative all'art. 418 Codice Civile

Cass. civ. n. 1667/2023

Nel procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno, l'audizione personale del beneficiario dell'amministrazione deve essere espletata anche quando quest'ultimo sia stato già esaminato dal tribunale nel corso del procedimento d'interdizione definito con la trasmissione degli atti ex art. 418 c.c., trattandosi di un adempimento essenziale alla procedura, non solo perché rispettoso della dignità della persona che vi è sottoposta, ma anche perché funzionale allo scopo dell'istituto, che è quello di perimetrare i poteri gestori alle effettive esigenze del beneficiario dell'amministrazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato il decreto del giudice tutelare, che aveva ritenuto sufficiente l'esame espletato un anno e mezzo prima dal tribunale investito del procedimento d'interdizione, ritenendo che, invece, l'esame avrebbe dovuto essere rinnovato per cogliere, nell'attualità, le condizioni psico-fisiche dell'interessato, tenendo conto, nei limiti del possibile, anche della sua volontà).

Cass. civ. n. 17962/2015

Nel giudizio di interdizione il giudice di merito, nel valutare se ricorrono le condizioni previste dall'art. 418 c.c. per la nomina di un amministratore di sostegno, rimettendo gli atti al giudice tutelare, deve considerare che, rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma alle residue capacità e all'esperienza di vita dallo stesso maturate, anche attraverso gli studi scolastici e lo svolgimento dell'attività lavorativa (nella specie, si trattava di un'impiegata in ufficio con mansioni esecutive). Ne consegue che non si può impedire all'incapace, che ha dimostrato di essere in grado di provvedere in forma sufficiente alle proprie quotidiane ed ordinarie esigenze di vita, il compimento, con il supporto di un amministratore di sostegno, di atti di gestione ed amministrazione del patrimonio posseduto (anche se ingente), restando affidato al giudice tutelare il compito di conformare i poteri dell'amministratore e le limitazioni da imporre alla capacità del beneficiario in funzione delle esigenze di protezione della persona e di gestione dei suoi interessi patrimoniali, ricorrendo eventualmente all'ausilio di esperti e qualificati professionisti del settore.

Cass. civ. n. 2704/1995

A norma dell'art. 418, secondo comma, c.c., ove sia in corso un giudizio diretto alla pronuncia dell'inabilitazione, il tribunale non può, per il principio della domanda, pronunciare d'ufficio l'interdizione dell'incapace, ancorché le emergenze istruttorie dimostrino la sussistenza delle relative condizioni, in mancanza di una espressa richiesta in tal senso formulata dal Pubblico Ministero o da uno degli altri soggetti legittimati a proporre la stessa domanda a mente dell'art. 417, primo comma, c.c., né siffatta domanda di interdizione, non presentata in primo grado, può essere proposta per la prima volta in appello, per il divieto del novum del giudizio di secondo grado posto dall'art. 345 c.p.c.

Cass. civ. n. 2088/1977

Nel procedimento di interdizione, ove l'interdicendo muoia nelle more del giudizio di cassazione, si determina la cessazione della materia del contendere e l'estinzione dell'intero procedimento, senza, quindi, il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. (Nella specie, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio così la sentenza d'appello come quella di primo grado).

Cass. civ. n. 2692/1974

Le sentenze in materia di interdizione o di inabilitazione possono essere impugnate da tutti coloro che avrebbero avuto diritto di proporre la domanda, anche se non parteciparono al giudizio. A maggior ragione, quindi, la sentenza può essere impugnata da una delle persone legittimate a chiedere l'interdizione o l'inabilitazione, ai sensi dell'art. 417 c.c., la quale sia intervenuta nel relativo giudizio. La competenza per territorio in materia di interdizione si determina in base al luogo di residenza effettiva o di domicilio dell'interdicendo, senza che si possa opporre che il trasferimento del convenuto da una sede all'altra non sia stato denunziato nei modi stabiliti dall'art. 44 c.c.

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