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Articolo 50 bis Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale

Dispositivo dell'art. 50 bis Codice di procedura civile

Il tribunale giudica in composizione collegiale:

  1. 1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto (1);
  2. 2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, [al decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito con modificazioni dalla legge 3 aprile 1979, n. 95,] e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;
  3. 3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
  4. 4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo;
  5. 5) [omissis](2)
  6. 6) [omissis](2)
  7. 7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117 (3);
  8. 7-bis) nelle cause di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (4).

Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli articoli 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto (5).

Note

(1) L'articolo in esame, unitamente agli artt. 50bis, 50ter e 50quater, fa parte della nuova Sezione VI bis - Della composizione del tribunale - inserita ex art. 56, d.lgs. 19-2-1998, n. 51, a decorrere dal 2-6-1999.
(2) Il D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia") ha disposto la soppressione dei numeri 5) e 6) del presente comma.
(3) Tale inciso si riferisce alle cause in materia di responsabilità civile dei magistrati.
(4) Con l.n. 244/2007 è stato aggiunto il n.7 bis del primo comma, in forza del quale il tribunale giudica in composizione collegiale nelle cause di cui all'art.140 bis del Codice del Consumo. Tale articolo disciplina l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori e degli utenti.
(5) Il secondo comma dell'art. 50 bis attribuisce al collegio il potere decisionale in ordine ai procedimenti in camera di consiglio di cui agli artt. 737 e ss., tuttavia con l'espressa salvezza di una diversa previsione normativa. Pertanto, in seguito all'abolizione della figura del Pretore, i procedimenti in precedenza decisi da questo nelle forme camerali, ed oggi passati al tribunale, vengono attualmente decisi da quest'ultimo quale giudice monocratico.

Spiegazione dell'art. 50 bis Codice di procedura civile

Il presente articolo elenca tutti i casi tassativi in cui giudice deve essere il Tribunale in composizione collegiale, differenziandolo dal Tribunale in composizione monocratica.
La riserva di collegialità viene pacificamente risolta in riserva di sola “decisione collegiale”, il che vuol significare che il collegio deve costituirsi almeno all’atto della decisione, essendo ben possibile che determinate funzioni siano deferite anche a magistrati singoli, fino alla trattazione della causa.
A differenza di come l’ordinamento si esprimeva anteriormente alla vigente disciplina della materia (modificata con Legge 26.11.1990 n. 353), l’articolo in esame contiene al primo comma un elenco di “cause” e, separata, al secondo comma, la disciplina di quei “procedimenti” a cui va estesa la riserva di collegialità.
Relativamente a questi ultimi, se non può dirsi che trattasi di cause, neppure ciò può negarsi a priori, in quanto anche nel corso dei procedimenti in camera di consiglio alcune volte si controverte del diritto sostanziale che si assume leso ed il provvedimento del Tribunale è idoneo ad acquisire stabilità di giudicato.
Secondo quanto previsto al n. 1 del primo comma, la previsione dell’intervento obbligatorio del pubblico ministero, di regola, genera la riserva di sola decisione collegiale.
Tuttavia, al fine di evitare un appesantimento delle formalità procedurali, in controtendenza con quelli che erano gli obiettivi della riforma introdotta con D.lgs. 51/1998, è stata disposta la salvezza relativa alle ipotesi in cui già in precedenza vi era un giudice monocratico competente a decidere, essendo stato qui aggiunto l’inciso “salvo che sia altrimenti disposto”.
Con riferimento alle cause indicate al n. 2, non è più dubitabile che il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolga dinanzi al Tribunale in composizione collegiale, con le modalità del procedimento in camera di consiglio.
I nn. 5 e 6 sono stati soppressi per effetto del D.Lgs. 10.10.2022, n. 149 (Riforma Cartabia).
Le cause di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché quelle di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi sono, quindi, devolute al giudice monocratico.
All’organo collegiale restano pertanto limitati i casi di oggettiva complessità giuridica e le controversie di particolare rilevanza economico-sociale.
Prima della Riforma Cartabia, invece, costituiva una novità introdotta dall’art. 56 d.lgs. n. 51/1998 l’estensione della competenza del collegio non solo alle controversie in tema di responsabilità degli organi societari, ma anche a tutti i giudizi di impugnazione delle delibere assembleari o del consiglio di amministrazione, ritenendosi che si trattasse di controversie di particolare complessità dal punto di vista giuridico e coinvolgenti rilevanti interessi di carattere patrimoniale.
Con riferimento al soppresso n. 6, invece, l’interpretazione estensiva del concetto di “impugnazione dei testamenti” aveva portato ad includervi anche le ipotesi di nullità, annullamento e inefficacia, sia del testamento che di singole disposizioni testamentarie. Per “cause di riduzione per lesione di legittima” si intendevano tutte le varie forme di esercizio dell’azione disciplinata nel titolo I, Capo X, Sez. II del Libro II del codice civile; da questa rimaneva esclusa l’azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione, disciplinata dall’art. 563 c.c..
Per cause di cui alla Legge 117/1988, previste al n. 7, si intendono l’azione di risarcimento del danno contro lo Stato e l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato.
La cause di cui al n. 7 bis sono quelle che originano dall’esercizio della c.d. azione di classe, la cui domanda viene proposta al Tribunale con atto di citazione notificato anche all’ufficio del pubblico ministero e che il Tribunale tratta in composizione collegiale. Si tratta, pertanto, di una costante riserva di giudizio, anche in fase di trattazione, all’organo collegiale, e non di ipotesi in cui le sole decisioni sono riservate al collegio.
Il secondo comma attribuisce al Tribunale in composizione collegiale il potere di decidere in ordine ai procedimenti in camera di consiglio di cui agli artt. 737 e ss c.p.c., facendo tuttavia salva una diversa previsione normativa.
Infatti, i procedimenti prima decisi dal Pretore in forma camerale ed oggi passati al Tribunale, vengono attualmente decisi dal medesimo Tribunale in forma monocratica.

Massime relative all'art. 50 bis Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 11716/2018

E' inammissibile il regolamento di competenza proposto per violazione dell'art. 50 bis c.p.c., in quanto norma che, nello stabilire quando il tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza, ma alla ripartizione degli affari all'interno del tribunale medesimo. (Dichiara inammissibile, TRIBUNALE ROMA, 10/03/2017).

Cass. civ. n. 24684/2013

La controversia avente ad oggetto l'azione di risarcimento del danno, promossa dal socio di una societā personale nei confronti di un altro socio per comportamenti asseritamente illeciti di quest'ultimo, non integra la fattispecie dell'art. 50 bis, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., laddove tale disposizione contempla le azioni di responsabilitā contro gli organi e i dirigenti societari e, pertanto, non deve essere decisa dal tribunale in composizione collegiale.

Cass. civ. n. 28867/2011

L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda giudiziale non sussiste, ai sensi dell'art.50-bis, primo comma, n.5, cod. proc civ., allorchč il tribunale, in composizione monocratica, abbia reso la pronuncia sull'azione - nella specie, del curatore fallimentare - volta alla dichiarazione di nullitā del solo contratto d'acquisto delle azioni proprie, vietato dall'art. 2357 c.c., e non anche della delibera dell'assemblea o del consiglio di amministrazione che abbia autorizzato detto acquisto, la cui impugnazione č riservata al tribunale in composizione collegiale.

Cass. civ. n. 9615/2010

La controversia avente ad oggetto l'azione di risarcimento del danno proposta da un socio di una societā di persone nei confronti degli altri soci per comportamenti asseritamente illeciti di questi ultimi non rientra nella previsione di cui all'art. 50 bis, n. 5 c.p.c., e pertanto non dev'essere decisa dal tribunale in composizione collegiale, atteso che in tale giudizio gli altri soci, anche quando costituiscono la maggioranza, non rappresentano la societā, e le delibere assembleari, pur costituendo la fonte della controversia, non ne rappresentano l'oggetto specifico, nč di esse si chiede l'annullamento, ma si inseriscono nel quadro processuale solo in via incidentale per giustificare la responsabilitā dei soci in quanto tale.

Cass. civ. n. 4245/2010

A norma dell'art. 50 bis c.p.c., introdotto dal d.l.vo 19 febbraio 1998, n. 51, il procedimento di scioglimento della comunione č trattato e deciso dal tribunale in composizione monocratica, non rientrando tra quelli per i quali č prevista riserva di collegialitā; pertanto, ove il giudice istruttore provveda con ordinanza sulla vendita nonostante siano sorte contestazioni al riguardo, il relativo provvedimento č pronunciato da un organo avente in ogni caso potere decisorio e pur non avendo la forma di sentenza di cui al secondo comma dell'art. 788 c.p.c., ne ha comunque il contenuto, onde lo strumento di impugnazione esperibile avverso di esso č l'appello, e non il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost

Cass. civ. n. 19892/2005

L'elencazione delle controversie per le quali č stabilito che il tribunale giudica in composizione collegiale, quale contenuta sia nell'art. 48, secondo comma, del r.d. n. 12 del 1941, nel testo modificato dall'art. 88 della legge n. 353 del 1990, n. 353, in vigore sino al 1 giugno 1999, sia nell'art. 50-bis, secondo comma, c.p.c., introdotto dal D.L.vo n. 51 del 1998, ha carattere tassativo e, conseguentemente, nel giudizio relativo all'azione revocatoria fallimentare ex art. 64 L. fall. il tribunale giudica in composizione monocratica, in quanto detto giudizio non č menzionato tra quelli che dette norme riservano al tribunale in composizione collegiale, poichč esso non rientra tra i giudizi di Ģrevocazioneģ menzionati da dette norme, che riguardano esclusivamente le cause aventi ad oggetto l'azione revocatoria del credito ammesso al passivo per effetto di dolo o di errore essenziale (art. 102 L.fall.), che, insieme con le cause di opposizione ed impugnazione e con quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti compongono il quadro delle controversie riservate alla decisione del tribunale in composizione collegiale, che devono essere mantenute distinte dalle cause dirette ad ottenere la dichiarazione di inefficacia degli atti pregiudizievoli ai creditori concorsuali (artt. 44, 64 e 66 L.fall.).

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