Cass. pen. n. 39107/2016
In tema di guida in stato di ebbrezza, il giudice che dichiari l’estinzione del reato per l’esito positivo della prova, ai sensi dell'art. 168-ter cod. pen., non può applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, di competenza del Prefetto ai sensi dell’art. 224, comma terzo, C.d.s. (In motivazione, la S.C. ha precisato che, in considerazione della sostanziale differenza tra l’istituto della messa alla prova, che prescinde dall’accertamento di penale responsabilità, e le ipotesi di applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, previste dagli artt. 186 comma nono-bis e 187 comma ottavo-bis C.d.s., non può trovare applicazione, nel caso di specie, la disciplina ivi prevista che lascia al giudice, in deroga al predetto art. 224, la competenza ad applicare la sanzione amministrativa accessoria).
Cass. civ. n. 1419/2016
La sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo «adoperato per commettere un reato» può essere comminata, ai sensi dell’art. 213, comma 2-sexies [n.d.r.: comma 4], cod. strada (nel testo applicabile ratione temporis), solo in caso di accertamento del reato da parte del giudice penale, attesa l’inapplicabilità dell'art. 224 cod. strada, che, con riguardo alle sanzioni della sospensione e della revoca della patente, attribuisce al Prefetto, in caso di estinzione del reato per cause diverse dalla morte, il potere di accertare la sussistenza dei relativi presupposti e di irrogare le conseguenti misure, trattandosi di disposizione speciale non suscettibile di applicazione analogica per il principio di tassatività delle sanzioni amministrative, né potendo operare l’art. 224-ter cod. strada, introdotto solo successivamente con la legge n. 120 del 2010, e privo di efficacia retroattiva.
Cass. pen. n. 41415/2013
In tema di guida in stato di ebbrezza, ove l’impugnazione della sentenza sia avvenuta esclusivamente per contestare l’omessa statuizione delle sanzioni amministrative accessorie, con conseguente passaggio in giudicato del capo relativo all’accertamento della responsabilità penale, la prescrizione del reato maturatasi nelle more non impedisce l’applicazione delle indicate sanzioni. (Fattispecie nella quale il Procuratore generale presso la Corte di Appello aveva presentato ricorso avverso sentenza di patteggiamento che aveva omesso di disporre la confisca del veicolo).
Cass. civ. n. 15510/2001
Come l’irrogazione, da parte del prefetto, della sanzione amministrativa di sospensione della patente, in via cautelare e provvisoria, ai sensi dell’art. 223, terzo comma, del codice della strada, non è condizionata all’inizio o alla procedibilità dell’azione penale, così per irrogare la medesima sanzione in via definitiva, ai sensi del successivo art. 224, terzo comma, previo accertamento della sussistenza delle necessarie condizioni — e cioè la violazione di una norma del codice della strada da cui è derivato un danno alla persona — non è necessario che il reato si sia estinto in senso stretto, per una causa diversa dalla morte del reo, essendo sufficiente, secondo la ratio della predetta norma, volta a statuire in via generale la irrogabilità della predetta sanzione accessoria, che il reato non sia perseguibile perché è mancata, o è venuta meno, una condizione di procedibilità dell’azione penale, e quindi non solo se la querela è stata rimessa, ma anche se non è stata proposta, o è stata proposta tardivamente, o vi è stata rinuncia.
Cass. pen. n. 3435/1997
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 218 e 224 cod. strad., sollevata con riferimento al criterio di ragionevolezza contenuto nell’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevedono — a differenza dell’art. 63 legge 6879/1981 — la possibilità per il giudice di regolamentare l’applicazione della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida in modo tale da non ostacolare il lavoro del condannato, qualora la patente rappresenti un indispensabile requisito per lo svolgimento dell’attività lavorativa, rientrando nel potere discrezionale del legislatore la tutela della pubblica incolumità anche con il sacrificio delle possibilità lavorative del condannato.