Cass. civ. n. 6101/2013
Il potere di cui all'art. 213 c.p.c., di richiedere d'ufficio alla P.A. le informazioni scritte relative ad atti e documenti della stessa che sia necessario acquisire al processo, non può essere esercitato per acquisire atti o documenti della p.a. che la parte è in condizioni di produrre, come nel caso del verbale di polizia relativo alle modalità di un incidente stradale, che ciascun interessato può direttamente acquisire dai competenti organi, a norma dell'art. 11, quarto comma, d.l.vo 30 aprile 1992, n. 285.
Cass. civ. n. 5023/2013
In materia di risarcimento di danno alla privacy, qualora la relativa lesione derivi dal comportamento posto in essere dalla polizia municipale nello svolgimento delle proprie attività di accertamento, contestazione o notificazione delle infrazioni del codice della strada, sussiste la legittimazione passiva del Comune rispetto alla domanda di risarcimento dei danni, atteso che l’art. 11, terzo comma, cod. strada — che demanda al Ministero dell’interno i servizi di polizia stradale, con la sola salvezza delle attribuzioni dei comuni per quanto concerne i centri abitati — attiene alla direzione e predisposizione di tali servizi, nonché al loro coordinamento, ma non alla delimitazione delle competenze della polizia municipale, la quale è regolata dagli artt. 3, 4, primo comma, n. 3, e 5 della legge 3 luglio 1986, n. 6, con riferimento all’intero territorio dell’ente di appartenenza.
Cass. civ. n. 22041/2009
In tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, ai sensi dell’art. 345, comma 4, del regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, è la sola gestione degli apparecchi che servono ad accertare la violazione dei limiti di velocità ad essere rimessa agli organi di polizia stradale, nel senso che tali organi sono deputati alla verifica ed al controllo della sussistenza della omologazione e del funzionamento degli apparecchi misuratori della velocità, nonché della regolarità del loro posizionamento sulle strade. L’accertamento della violazione del limite di velocità, invece, costituendo, ex art. 11 cod. strada, un servizio di polizia stradale, ben può essere espletato, ex art. 12, comma 1, lett. e), dello stesso codice, dai corpi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza ed anche al di là di essi, ove espressamente autorizzati, restando a carico dell’interessato provare la mancata autorizzazione.
Cass. civ. n. 8249/2009
In tema di sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, qualora venga proposto ricorso al giudice di pace avverso un verbale di contestazione redatto dalla Guardia di finanza, la legittimazione passiva va riconosciuta, alternativamente, al Ministero dell’economia e delle finanze, quale amministrazione centrale cui appartiene il corpo, ed al Ministero dell’interno che, ai sensi dell’art. 11 cod. strada, possiede specifiche competenze in materia di circolazione stradale ed il compito di coordinamento dei servizi di Polizia stradale; ne consegue che, ove il giudizio venga instaurato nei confronti del Prefetto, tutti gli atti processuali compiuti in sede di merito vanno considerati affetti da nullità per carenza di legittimazione passiva del medesimo, salva la possibilità di sanatoria conseguente alla costituzione in giudizio a mezzo dell’Avvocatura dello Stato la quale, in virtù dei suoi compiti istituzionali, può assumere una scelta difensiva in grado di produrre effetti anche nei confronti di amministrazioni legittimate passivamente, ma non evocate in giudizio. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la nullità del giudizio di merito per essere stata la sentenza del GDP emessa nei confronti del prefetto, costituitosi in giudizio a mezzo di proprio funzionario).
Cass. civ. n. 3144/2006
Nell’ipotesi in cui venga proposta opposizione direttamente avverso il verbale di contestazione per violazione al codice della strada, la legittimazione passiva va riconosciuta, alternativamente, sia alle singole amministrazioni centrali, cui appartengono i vari Corpi autorizzati alla contestazione (nella specie, i Carabinieri, e perciò il Ministro della Difesa) sia al Ministero dell’interno, il quale, ai sensi dell’art. 11 cod. strada, possiede specifiche competenze in materia di circolazione stradale, ed ha il compito di coordinamento dei servizi di Polizia stradale. Peraltro, la carente legittimazione processuale della Prefettura che sia stata erroneamente evocata in giudizio (nella specie, pur dotata di legittimazione sostanziale in ordine alla opposizione alla sospensione della patente di guida, dalla stessa irrogata ai sensi dell’art. 179, comma 9, cod. strada, ma carente di detta legittimazione con riguardo alla opposizione alla sanzione pecuniaria conseguente alla violazione ex art. 179, secondo comma, cod. strada, consistita nella circolazione di veicolo con cronotachigrafo non funzionante) è sanata dalla impugnazione proposta dal predetto Ministero, il cui ricorso vale come ratifica, operata dal soggetto sostanzialmente legittimato, della condotta processuale del suo ufficio periferico che si è costituita e difesa nel merito, sebbene privo di capacità di stare in giudizio nella opposizione al verbale di contestazione di sanzione pecuniaria, conseguendone l’ammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal Ministero dell’interno nei confronti della sentenza sulla opposizione al verbale di contestazione di violazione del codice della strada redatto dal Corpo dei Carabinieri.
Cass. civ. n. 3117/2006
In tema di opposizione a sanzioni amministrative, al di fuori delle ipotesi in cui la legge prevede la specifica competenza di un organo periferico dell’Amministrazione, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 11 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, l’errata identificazione dell’organo legittimato a resistere in giudizio non si traduce nella mancata instaurazione del rapporto processuale, ma costituisce una mera irregolarità, sanabile, ai sensi dell’art. 4, della legge 25 marzo 1958, n. 260, attraverso la rinnovazione dell’atto nei confronti dell’organo indicato dal giudice, ovvero mediante la costituzione in giudizio dell’Amministrazione, che non abbia sollevato eccezioni al riguardo, o ancora attraverso la mancata deduzione di uno specifico motivo d’impugnazione. (Nella specie, era stata proposta opposizione ad una cartella esattoriale emessa per la riscossione di una sanzione amministrativa per violazione del codice della strada, e fondata su un verbale di accertamento redatto dalla polizia stradale: benché la domanda fosse stata proposta nei confronti del prefetto, anziché del Ministro dell’interno, in qualità di organo di vertice dell’Amministrazione dalla quale dipendeva l’organo verbalizzante, la S.C. ne ha escluso l’inammissibilità, prendendo atto che l’Amministrazione non aveva proposto alcuna censura al riguardo).
Cass. pen. n. 14641/1999
Ricorrono gli estremi del reato di abuso di ufficio nel comportamento del vigile urbano che elevi contravvenzione a un soggetto e non a un altro se si siano resi entrambi autori della medesima infrazione al codice della strada (divieto di sosta). L'abuso di ufficio nella formulazione della norma dell'art. 323 c.p. conseguente alla entrata in vigore dell'art. 1 della L. 16 luglio 1997, n. 234, può, infatti, realizzarsi anche con un comportamento omissivo. D'altra parte, la violazione di legge va ravvisata nella inosservanza dell'art. 11, comma primo, lett. a) del codice della strada, che fa obbligo ai soggetti indicati nell'art. 12 dello stesso codice (tra i quali gli appartenenti alla polizia municipale) di procedere alla prevenzione e all'accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e di contestare la violazione; mentre l'ingiusto vantaggio patrimoniale a favore del soggetto al quale non è stata elevata la contravvenzione è ravvisabile nella esenzione illegittima dal pagamento della somma portata dalla violazione amministrativa. (Nel confermare la decisione dei giudici di merito, la Corte ha ritenuto corretta la motivazione della sentenza impugnata anche nel punto in cui ha desunto il dolo intenzionale dal fatto che il soggetto al quale non era stata elevata la contravvenzione era il proprietario del locale antistante il luogo ove era posto il divieto).