Cass. civ. n. 21690/2016
Le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, anche se promosse successivamente al 3 dicembre 2005, data di entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3-bis, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 1, comma 1, che ha modificato l'art. 2, comma 2 secondo periodo, del D.Lgs. n. 546 del 1992, avendo la Corte costituzionale, con sentenza n. 39 del 2010, dichiarato l'illegittimità costituzionale della predetta disposizione, nella parte in cui attribuiva tali controversie alla giurisdizione del giudice tributario, sia in relazione alla disciplina del canone prevista dagli artt. 13 e 14 della legge n. 36 del 1994, sia riguardo all'analoga disciplina dettata dagli artt. 154 e 155 del D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell'Ambiente), per le controversie relative alla debenza del canone a partire dal 29 aprile 2006.
Cass. civ. n. 9396/2015
Non è dovuto il pagamento della quota di tariffa relativa al servizio di depurazione "nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi" in ragione della c.d. efficacia retroattiva delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della citata regola, comportante l'applicazione del canone di depurazione anche in assenza del servizio.
Cass. civ. n. 14902/2010
Le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, anche se promosse successivamente al 3 dicembre 2005, data di entrata in vigore dell'art. 3-bis, comma 1, lett. b), del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, che ha modificato l'art. 2, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, avendo la Corte costituzionale, con sentenza n. 39 del 2010, dichiarato l'illegittimità costituzionale della predetta disposizione, nella parte in cui attribuiva tali controversie alla giurisdizione del giudice tributario, sia in relazione alla disciplina del canone prevista dagli artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sia riguardo all'analoga disciplina dettata dagli artt. 154 e 155 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per le controversie relative alla debenza del canone a partire dal 29 aprile 2006.
Corte cost. n. 246/2009
La disciplina degli artt. 154 e 155 D.Lgs. n. 152/2006 è ascrivibile, in prevalenza, alla tutela dell'ambiente e alla tutela della concorrenza, materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Attraverso la determinazione della tariffa nell'ambito territoriale ottimale, il legislatore statale ha fissato, infatti, livelli uniformi di tutela dell'ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche, salvaguardando la vivibilità dell'ambiente e "le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale" e le altre finalità tipicamente ambientali individuate dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico). La finalità della tutela dell'ambiente viene, inoltre, in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare. Tra tali costi il legislatore ha, infatti, incluso espressamente quelli ambientali, da recuperare "anche secondo il principio "chi inquina paga" (art. 154, comma 2). I profili della tutela della concorrenza vengono poi in rilievo perché alla determinazione della tariffa provvede l'Autorità d'ambito, al fine di ottenere un equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare all'utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione dominante (sentenze nn. 335 e 51 del 2008). La tariffa del servizio idrico integrato, di cui agli artt. 154 e 155 D.Lgs. n. 152/2006 ha natura non tributaria, ma di "corrispettivo contrattuale".
C. Conti n. 386/2008
La sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 10 ottobre 2008 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, c. 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), e dell'art. 155, c. 1, primo periodo, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, (Norme in materia ambientale), nella parte in cui imponevano ai cittadini di versare la quota di tariffa dovuta per il servizio di depurazione delle acque anche quando esso manchi o sia temporaneamente inattivo. La dichiarazione di illegittimità costituzionale è essenzialmente basata sul fatto che "la tariffa del servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell'utente, bensì nel contratto di utenza". Ciò significa che, a fronte del pagamento della tariffa, l'utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura di servizi di fognatura e depurazione. Ne consegue che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione, in quanto componente della complessa tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è riferito automaticamente nel contratto. Sulla base di tali principi e presupposti, appare evidente che, qualora l'utente non dovesse ricevere il servizio di depurazione, ne viene meno il corrispondente corrispettivo, rappresentato dalla relativa quota di tariffa. Conseguentemente l'utente che ha corrisposto al Comune l'importo dell'intera tariffa ha diritto ad ottenere il rimborso, tempo per tempo, della quota riferita al servizio di depurazione, sempre che quest'ultimo non sia stato fornito in quanto mancavano o manchino impianti di depurazione o questi erano o siano temporaneamente inattivi, previa domanda di rimborso opportunamente documentata. Per quanto riguarda infine il soggetto a carico del quale dovrà essere posto il relativo onere finanziario, questi non può che essere l'Ente che ha riscosso e utilizzato le somme che ora vengono dichiarate a suo tempo non dovute dall'utente, in quanto corrispettivo di un servizio non ricevuto dall'utente medesimo. Ovviamente l'Ente locale interessato, nel rispetto dei principi del bilancio, provvederà ad istituire nel bilancio di previsione un apposito capitolo di spesa il cui stanziamento sarà definito sulla base delle domande di rimborso di volta in volta pervenute e utilmente verificate da parte delle competenti strutture amministrative.
Corte cost. n. 335/2008
Ai sensi dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, deve dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 155, comma 1, primo periodo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Sono costituzionalmente illegittimi, per irragionevolezza, l'art. 14, 1° comma, L. 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall'art. 28, L. 31 luglio 2002, n. 179 (Disposizioni in materia ambientale), e l'art. 155, 1° comma, primo periodo, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nella parte in cui prevedono che la quota della tariffa del servizio idrico, riferita alla depurazione delle acque, sia dovuta dagli utenti anche nel caso in cui gli impianti di depurazione manchino o siano temporaneamente inattivi. La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, sia nel testo originario, sia nel testo modificato dall'art. 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui la fognatura sia sprovvista di impianti centralizzati di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi", comporta, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la dichiarazione di illegittimità costituzionale, anche dell'art. 155, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che ha abrogato e sostituito il citato art. 14, comma 1, della legge n. 36 del 1994, come modificato dalla legge n. 179 del 2002, nella parte in cui prevede che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione è dovuta dagli utenti "anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi".