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Articolo 29 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Azione di annullamento

Dispositivo dell'art. 29 Codice del processo amministrativo

1. L'azione di annullamento per violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere si propone nel termine di decadenza di sessanta giorni.

Spiegazione dell'art. 29 Codice del processo amministrativo

La norma in esame disciplina l’azione di annullamento.
Tale azione, già contemplata agli albori dello scorso secolo nel T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato n. 1054 del1924 e disciplinata anche nella Legge c.d. TAR n. 1034 del 1971, è stata per lunghissimo tempo l’unica azione esperibile innanzi al Giudice Amministrativo a tutela dell’interesse legittimo.
Si tratta di un’azione di natura costitutiva, il cui accoglimento cioè importa la caducazione del provvedimento, la sua eliminazione dal mondo giuridico, in genere con effetto retroattivo.
Essa è esercitabile, per espressa previsione normativa, nel termine di decadenza di sessanta giorni, in ossequio al principio di certezza del diritto.
Il legislatore, all’art. 29 c.p.a., individua tre cause di annullamento dell’atto amministrativo, su cui è opportuno rinviare anche all’art. 21 octies L. 241 del 1990. Esse, nello specifico, sono:
  1. la violazione di legge, che ricorre quando l’atto amministrativo non osserva le leggi statali, comunitarie con efficacia diretta, regionali o delle province autonome ovvero quando violi atti aventi forza di legge, regolamenti e statuti;
  2. l’incompetenza, che ricorre quando il provvedimento è emesso da una determinata Pubblica Amministrazione con la violazione delle leggi volte a determinare la competenza;
  3. l’eccesso di potere, che ricorre quando il potere concretamente esercitato con l’adozione del provvedimento risulti “sviato” rispetto alla pubblica finalità per la quale era previsto. Tale vizio, in particolare, si desume da varie “figure sintomatiche”, quali, ad esempio, la carenza di motivazione, la disparità di trattamento, la contraddittorietà del provvedimento, la violazione del principio di proporzionalità, etc.

Massime relative all'art. 29 Codice del processo amministrativo

Cons. Stato n. 4/2019

Posto che il termine per proporre il ricorso giurisdizionale decorre dalla piena conoscenza del provvedimento e dei suoi effetti lesivi e non dal momento in cui l'interessato abbia conoscenza della illegittimità del provvedimento accertata in sede giurisdizionale, deve escludersi che l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo possa giovare ai cointeressati che non abbiano tempestivamente proposto il gravame e per i quali pertanto si è già verificata una situazione di inoppugnabilità.

Cons. Stato n. 810/2019

Nel quadro della realizzazione della pretesa al bene della vita soddisfatta dall'accoglimento della domanda giudiziale, le parti che erano controinteressate nel giudizio di cognizione possono censurare le determinazioni, assunte in esecuzione del giudicato dall'amministrazione, con l'azione di annullamento prevista dall'art. 29 del D.Lgs. n. 104/2010, non già con il mezzo, incongruo rispetto al loro interesse sostanziale al diniego di quel bene, del giudizio di ottemperanza.

Cons. Stato n. 5458/2018

Ove un terzo subisca da una DIA un pregiudizio in un arco di tempo anteriore alla data di scadenza del termine perentorio accordato dalla legge alla PA per l'esercizio del potere inibitorio, allora il terzo (nello spatium temporis che separa il momento, in cui la DIA produce effetti legittimanti, dalla scadenza del termine per l'esercizio del potere inibitorio) può, comunque, agire in giudizio proponendo un'azione di accertamento tesa ad ottenere una pronuncia che verifichi l'insussistenza dei presupposti di legge per l'esercizio dell'attività oggetto della denuncia, con i conseguenti effetti conformativi in ordine ai provvedimenti spettanti all'autorità amministrativa.

Cons. Stato n. 4642/2015

La "piena conoscenza" dell'atto lesivo, alla quale fare riferimento ai fini della decorrenza del termine d'impugnazione, non deve essere intesa quale "conoscenza piena ed integrale" dei provvedimenti che si intendono impugnare, ovvero di eventuali atti endoprocedimentali, la cui illegittimità infici, in via derivata, il provvedimento finale; ciò che è invece sufficiente ad integrare il concetto di "piena conoscenza" è la percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l'attualità dell'interesse ad agire contro di esso.

La prova della "piena conoscenza" dell'atto lesivo da parte del ricorrente, ai fini di individuare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, deve essere estremamente cauta e rigorosa, non potendo basarsi su mere supposizioni ovvero su deduzioni, pur sorrette da apprezzabili argomentazioni logiche. Essa deve risultare incontrovertibilmente da elementi oggettivi, ai quali il giudice deve riferirsi, nell'esercizio del suo potere di verifica di ufficio della eventuale irricevibilità del ricorso, o che devono essere rigorosamente indicati dalla parte che, in giudizio, eccepisca l'irricevibilità del ricorso instaurativo del giudizio.

Non è consentito al giudice ricavare la prova della "piena conoscenza" dell'atto impugnato da deduzioni o supposizioni, non legate ad elementi certi; tuttavia non è impedito al giudice, in presenza di dati oggettivi (nella specie costituiti da due domande di accesso), verificare, sulla base di un ragionamento rigorosamente sorvegliato dal punto di vista logico, se la conoscenza dell'atto oggetto di impugnazione, acquisita da soggetti diversi dalla parte ricorrente in persona, sia tuttavia riconducibile alla sfera giuridica di questa. In particolare, non può essere preclusa al giudice (non ostandovi l'art. 64 c.p.a.), in presenza di una intervenuta conoscenza dell'atto impugnato, la valutazione della riconducibilità di questa alla sfera giuridica del soggetto ricorrente, se coloro che tale conoscenza hanno acquisito sono legati al ricorrente da rapporti di opera professionale.

La "piena conoscenza" di un permesso di costruire da parte dei vicini può anche desumersi da alcune istanze di accesso presentate nel loro interesse da alcuni professionisti incaricati e ciò anche se, dagli atti di accesso, non si evinca "per tabulas" l'esistenza di un incarico professionale, ma le ragioni dell'accesso e la riconducibilità della conoscenza così acquisita degli atti, ben possano essere intesi come intervenuta conoscenza da parte del ricorrente, con gli effetti che ciò produce ai fini della decorrenza del termine decadenziale. Argomentando diversamente, l'accertamento della "piena conoscenza" dell'atto - e dunque la certezza del dies a quo - laddove si richiedesse la prova documentale dell'incarico ricevuto, verrebbero ad essere rimesse alla disponibilità del ricorrente.

Cons. Stato n. 4/2015

Sulla base del principio della domanda che regola il processo amministrativo, il giudice amministrativo, ritenuta la fondatezza del ricorso, non può "ex officio" limitarsi a condannare l'Amministrazione al risarcimento dei danni conseguenti agli atti illegittimi impugnati anziché procedere al loro annullamento, che abbia formato oggetto della domanda dell'istante ed in ordine al quale persista il suo interesse, ancorché la pronuncia possa recare gravi pregiudizi ai controinteressati, anche per il lungo tempo trascorso dall'adozione degli atti, e ad essa debba seguire il mero rinnovo, in tutto o in parte, della procedura esperita.

Cons. Stato n. 1095/2015

L'azione di annullamento proposta innanzi al giudice amministrativo è subordinata alla sussistenza di tre condizioni: a) la titolarità di una posizione giuridica, in astratto configurabile come interesse legittimo, inteso come posizione qualificata - di tipo oppositivo o pretensivo - che distingue il soggetto dal "quisque de populo" in rapporto all'esercizio dell'azione amministrativa; b) l'interesse ad agire, ovvero la concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell'interesse protetto, a norma dell'art. 100 cod. proc. civ.; c) la legittimazione attiva o passiva di chi agisce o resiste in giudizio, in quanto titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo.

Cons. Stato n. 1983/2011

Al fine di stabilire se un atto sia meramente confermativo (e perciò non impugnabile) o di conferma in senso proprio, occorre verificare se sia stato adottato (o non) senza nuova istruttoria e nuova ponderazione di interessi.

L'atto amministrativo violativo del diritto comunitario è affetto dal vizio di illegittimità per violazione di legge e non dal vizio della nullità ciò perché l'art. 21 septies L. 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, ha codificato in numero chiuso le ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo, e non vi rientra la violazione del diritto comunitario. Ne consegue pertanto sul piano processuale, l'onere dell'impugnazione del provvedimento contrastante con il diritto comunitario, dinanzi al giudice amministrativo entro il termine di decadenza, pena la inoppugnabilità e sul piano sostanziale, l'obbligo per l'Amministrazione di dar corso all'applicazione dell'atto, salva l'autotutela.

Cons. Stato n. 1928/2011

L'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta a tre condizioni fondamentali: il c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione (cioè la posizione giuridica configurabile in astratto da una norma come di interesse legittimo, ovvero come altri dice la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo); l'interesse ad agire (ex art. 100 c.p.c.); e la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva/passiva, discendente dall'affermazione di colui che agisce/resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo). Tali condizioni devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione.

Cons. Stato n. 1530/2011

Un atto amministrativo non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un precedente, quando la sua formulazione è preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure attraverso la rivalutazione degli interessi in gioco ed un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dar luogo ad un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dar vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione. Ricorre, invece, l'atto meramente confermativo (c.d. conferma impropria) quando l'Amministrazione, a fronte di un'istanza di riesame, si limita a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione. L'Amministrazione si esime, quindi, dal prendere posizione sulle questioni sollevate con la nuova istanza, limitandosi ad un rifiuto pregiudiziale di riesame, con il quale nega, anche implicitamente, l'esistenza delle condizioni per passare alla valutazione del merito dell'istanza stessa. Così configurato, l'atto meramente confermativo non costituisce un'autonoma determinazione dell'Amministrazione, sia pure identica nel contenuto alla precedente, ma solo la manifestazione della decisione della P.A. di non ritornare nelle scelte effettuate. Detto altrimenti, l'atto meramente confermativo non è impugnabile, perché non integra un'autonoma determinazione dell'Amministrazione, sia pure identica nel contenuto alla precedente.

Cons. Stato n. 1282/2011

La delibera CIPE che si limiti a disporre un approfondimento dell'istruttoria tecnica che tenga conto delle interconnessioni degli schemi idrici, si configura come determinazione endoprocedimentale di carattere meramente interlocutorio e, in quanto tale, non direttamente impugnabile.

Cons. Stato n. 642/2011

Non può dolersi dell'esito di una gara la ditta che, invitatavi, non vi abbia partecipato o sia stata esclusa con un atto inoppugnabile. L'esclusione da un procedimento di gara è un atto preparatorio autonomamente lesivo e impugnabile e non può essere tardivamente contestato in sede di impugnazione dell'atto conclusivo della gara.

Cons. Stato n. 2463/2011

In materia di pubblici appalti il bando di gara è immediatamente impugnabile solo se contenga clausole impeditive della partecipazione, concernenti i requisiti soggettivi dei ricorrenti, mentre ogni diversa questione riguardante la illegittimità della procedura deve essere proposta in sede di impugnazione dell'atto di aggiudicazione o di altro provvedimento che segni comunque per il soggetto un arresto del procedimento.

Cons. Stato n. 114/2011

Anche in seguito all'entrata in vigore dell'art. 22-bis, D.P.R n. 327 del 2001, l'ordinanza di occupazione d'urgenza riguarda una fase puramente attuativa di quella riguardante la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, con la conseguenza che è sufficiente la motivazione dell'ordinanza di occupazione che si limiti a richiamare espressamente tale dichiarazione, che ne costituisce l'unico presupposto e che consenta di rilevare l'urgenza della realizzazione delle opere previste nella dichiarazione di pubblica utilità.

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