1. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto ai sensi degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile.
1. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto ai sensi degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile.
Cass. civ. n. 1251/2019
È ammissibile il conflitto negativo di giurisdizione sollevato dal giudice amministrativo, innanzi al quale la causa è stata riassunta a seguito di un lodo arbitrale di declinatoria della giurisdizione, fondata sulla ritenuta giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, comma 1, lettera e), n. 2, del d.lgs n. 104 del 2010, senza che rilevi l'omessa riproposizione della questione di giurisdizione mediante l'impugnazione del lodo ad opera delle parti. (Regola giurisdizione).Cass. civ. n. 28533/2018
È valida la clausola compromissoria con la quale viene deferita ad arbitri la soluzione della controversia riguardante contratti stipulati tra la Pubblica Amministrazione e terzi purché si verta in tema di diritti disponibili e non di interessi legittimi, l'arbitrato abbia carattere rituale e sia escluso il potere di decidere secondo equità.Cons. Stato n. 4005/2018
Tutte le volte in cui la controversia riguardi diritti soggettivi e non involge, se non in via meramente incidentale, l'esame dell'esercizio legittimo del "potere autoritativo connesso alla concessione" - e dunque questioni afferenti ad interessi legittimi, per i quali l'arbitrato non è ammesso - la controversia medesima ben può essere devoluta ad arbitri (fattispecie in materia di accertamento dell'obbligo a eseguire opere di adeguamento e messa in sicurezza di una discarica).Cons. Stato n. 6/2013
Ai sensi dell'art. 12, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), è competente il TAR per il Lazio a conoscere del ricorso proposto da un Comune avverso il provvedimento con cui il Ministero dell'interno irroga le sanzioni previste dall'art. 7 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149, per la ravvisata violazione degli obblighi derivanti dal c.d. patto di stabilità, poiché il medesimo atto determina effetti diretti sia sul complessivo equilibrio finanziario dello Stato che sulle finanze dei Comuni 'virtuosi', che sono incrementate a seguito della conseguente riduzione dei trasferimenti delle risorse statali. È competente ai sensi dell'art. 12 del D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), il TAR Lazio a conoscere del ricorso proposto da un comune (nel caso di specie, il comune di Messina) avverso il decreto del D.G. Capo del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell'Interno del 26 luglio 2012 (pubblicato sulla G.U. nr. 177 del 31 luglio 2012), con il quale sono state irrogate le sanzioni di cui all'art. 7 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149, ai Comuni inadempienti agli obblighi rivenienti dal patto di stabilità relativo all'anno 2011, in quanto il medesimo atto determina effetti diretti sia sul complessivo equilibrio finanziario dello Stato che sulle finanze dei Comuni 'virtuosi', che sono incrementate a seguito della conseguente riduzione dei trasferimenti delle risorse statali.Cons. Stato n. 3/2013
Ai sensi dell'art. 12 dei D.Lgs. n. 104/2010 (Codice del processo amministrativo), è competente il TAR per il Lazio a conoscere del ricorso proposto da un comune avverso il provvedimento con cui il Ministero dell'interno irroga le sanzioni previste dall'art. 7 del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149, per la ravvisata violazione degli obblighi derivanti dal c.d. patto di stabilità, poiché il medesimo atto determina effetti diretti sia sul complessivo equilibrio finanziario dello Stato che sulle finanze dei comuni 'virtuosi', che sono incrementate a seguito della conseguente riduzione dei trasferimenti delle risorse statali.Cons. Stato n. 2542/2011
A seguito dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, è ammissibile il ricorso per ottemperanza per l'esecuzione di un lodo arbitrale dichiarato esecutivo e divenuto inoppugnabile.Cass. civ. n. 8987/2009
Benché la p.a., nel suo operare negoziale, si trovi su un piano paritetico a quello dei privati, ciò non significa che vi sia una piena ed assoluta equiparazione della sua posizione a quella del privato, poiché l'Amministrazione è comunque portatrice di un interesse pubblico cui il suo agire deve in ogni caso ispirarsi; ne consegue che alla stessa è preclusa la possibilità di avvalersi, nella risoluzione delle controversie derivanti da contratti di appalto conclusi con privati, dello strumento del c.d. arbitrato irrituale o libero, poiché in tal modo il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) individuati, nell'ambito di una pur legittima logica negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perciò, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta.Cass. civ. n. 17934/2008
Il ricorso all'arbitrato, previsto dall'art. 6, comma 2, L. 21 luglio 2000 n. 205, nelle controversie concernenti materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo l'art. 34 D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, è possibile solo per le controversie da risolvere mediante arbitrato rituale di diritto, e non anche quando la clausola compromissoria demandi agli arbitri una decisione da adottare secondo equità.Cons. Stato n. 6812/2007
L'art. 6 comma 2, L. 21 luglio 2000 n. 205, nel disporre che le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto, ha modificato in senso estensivo il precedente sistema normativo consentendo di risolvere in ogni caso, mediante il suddetto arbitrato, le controversie concernenti diritti soggettivi a prescindere dalla loro deducibilità innanzi al giudice ordinario o a quello amministrativo, ma non ha inciso sulla disciplina di rito applicabile in caso di impugnazione di un lodo arbitrale, la cui cognizione, anche nel caso di controversie riconducibili nella sfera dell'art. 6 comma 2, cit. L. n. 205 del 2000, resta riservata ex art. 828 c.p.c. alla Corte d'appello nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato.Cass. civ. n. 15204/2006
L'impugnazione di lodi arbitrali rituali pronunciati nell'ambito di controversie riconducibili alla sfera dell'art. 6, comma 2, L. 21 luglio 2000 n. 205, così come quella di ogni altro lodo arbitrale rituale, deve essere proposta dinanzi alla corte d'appello nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato, ai sensi dell'art. 828 c.p.c., costituente l'unica disposizione diretta alla determinazione del giudice cui spetta giudicare su detta impugnazione, dovendo pertanto escludersi che la giurisdizione in tali ipotesi competa al Consiglio di Stato, inteso quale giudice non solo dell'appello contro la pronuncia del giudice amministrativo di primo grado, ma anche dell'impugnazione del lodo arbitrale ad esso alternativo. Quando accoglie l'impugnazione, il giudice ordinario, siccome giudice naturale dell'impugnazione del lodo, ha anche il potere-dovere, salvo contraria volontà di tutte le parti, di decidere nel merito, ai sensi dell'art. 830, comma 2, c.p.c., a nulla rilevando che la controversia sarebbe stata affidata, ove non fosse stata deferita in arbitri, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.Cons. Stato n. 1863/2006
Al fine di accertare se una determinata clausola compromissoria configuri un arbitrato rituale o irrituale, deve aversi riguardo alla volontà delle parti desumibile dalle regole di ermeneutica contrattuale, ricorrendo l'arbitrato rituale quando è da ritenersi che le parti abbiano inteso demandare agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice e ricorrendo invece un arbitrato irrituale quando debba ritenersi che abbiano inteso demandare ad essi la soluzione di determinate controversie in via negoziale, mediante un negozio d'accertamento, ovvero strumenti conciliativi o transattivi. Nel caso in cui residuino dubbi sull'effettiva volontà dei contraenti, si deve optare per l'irritualità dell'arbitrato, tenuto conto che l'arbitrato rituale, introducendo una deroga alla competenza dei giudice ordinario, ha natura eccezionale. La clausola che introduce un arbitrato libero o irrituale non riveste carattere vessatorio.Cons. Stato n. 6335/2003
La nomina degli arbitri, compreso "a fortiori" il presidente del collegio, non può che essere attribuita alle parti, alla stregua del principio fondante contenuto nel c.p.c. (art. 810), secondo il quale la nomina è compiuta dal presidente del tribunale soltanto nei casi in cui una parte abbia omesso di nominare il proprio arbitro ovvero le parti non abbiano trovato l'accordo entro un dato termine ovvero abbiano demandato ad un terzo che non vi abbia provveduto o al presidente stesso la nomina di uno o più arbitri. Ne consegue che è illegittimo e deve essere annullato l'art. 150 comma 3 D.P.R. n. 554 del 1999, nella parte in cui sottrae alla libera determinazione delle parti la scelta del terzo arbitro con funzioni di presidente, attribuendola invece alla Camera arbitrale per i lavori pubblici.Cass. civ. n. 8057/1994
La distinzione dell'arbitrato rituale da quello irrituale risiede nel fatto che nel primo le parti intendono affidare all'arbitro una funzione sostitutiva di quella propria del giudice, mentre con il secondo esse conferiscono all'arbitro il potere di decidere la controversia sul piano negoziale con una decisione riconducibile alla volontà dei mandanti. Non assume, invece, rilievo decisivo la mera circostanza che le parti abbiano qualificato gli arbitri come "amichevoli compositori" ovvero che la loro decisione debba essere resa inappellabilmente, perché anche nell'arbitrato irrituale è ammesso il giudizio di equità ed è prevista la possibilità di stabilire la non impugnabilità del lodo, come si desume dall'ultimo comma dell'art. 829 c.p.c.
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