(massima n. 1)
La distinzione dell'arbitrato rituale da quello irrituale risiede nel fatto che nel primo le parti intendono affidare all'arbitro una funzione sostitutiva di quella propria del giudice, mentre con il secondo esse conferiscono all'arbitro il potere di decidere la controversia sul piano negoziale con una decisione riconducibile alla volontà dei mandanti. Non assume, invece, rilievo decisivo la mera circostanza che le parti abbiano qualificato gli arbitri come "amichevoli compositori" ovvero che la loro decisione debba essere resa inappellabilmente, perché anche nell'arbitrato irrituale è ammesso il giudizio di equità ed è prevista la possibilità di stabilire la non impugnabilità del lodo, come si desume dall'ultimo comma dell'art. 829 c.p.c.