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Articolo 75 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

(D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Documentazione e trattamento dei crediti privilegiati

Dispositivo dell'art. 75 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

1. Il debitore deve allegare alla domanda:

  1. a) il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l'attività ha avuto minor durata;
  2. b) una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria;
  3. c) l'elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l'indicazione delle somme dovute. L'elenco deve contenere l'indicazione del domicilio digitale dei creditori che ne sono muniti;
  4. d) gli atti di straordinaria amministrazione di cui all'articolo 94, comma 2, compiuti negli ultimi cinque anni;
  5. e) la documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l'indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa(1).

2. È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.

3. Quando è prevista la continuazione dell'attività aziendale, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all'esercizio dell'impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L'OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.

Note

(1) Comma modificato dall'art. 12, comma 2, del D. Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147.

Spiegazione dell'art. 75 Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

Al primo comma, la norma si limita ad indicare la documentazione che il debitore deve presentare unitamente al ricorso per l'apertura della procedura.

Ben più rilevante è quanto prescritto al secondo comma, laddove si ribadisce il principio, valevole per il concordato preventivo, in virtù del quale i creditori muniti di causa legittima di prelazione non possano in alcun caso ricevere, in base alla proposta concordataria, un trattamento deteriore rispetto a quello che riceverebbero nel contesto della liquidazione giudiziale. Il requisito di "non deteriorità" del trattamento concordatario va accertato avuto riguardo al valore di liquidazione del bene sul quale insiste la prelazione; valore che deve essere attestato, nella procedura in oggetto, dall'OCC.

Il terzo comma, infine, si preoccupa di dettare delle regole derogatorie per il caso in cui il debitore abbia contratto un mutuo con garanzia ipotecaria gravante sui beni aziendali. In tali casi, il debitore, che di norma non potrebbe procedere al pagamento delle rate in scadenza una volta aperta la procedura (per il principio di cristallizzazione dell'attivo concordatario), può prevedere nella proposta concordataria il rimborso alla scadenza delle rate residue, qualora le rate pregresse siano state regolarmente saldate e l'OCC attesti che: 1) il credito vantato dal mutuatario potrebbe essere integralmente soddisfatto mediante la liquidazione del bene gravato da prelazione; 2) che, in ogni caso, il pagamento delle rate residue non pregiudichi gli interessi degli altri creditori.

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M. L. chiede
mercoledģ 02/11/2022 - Puglia
“Buongiorno sono una Commercialista nominata gestore della crisi in una procedura di concordato minore familiare ex art.74 CCII presentata da due coniugi entrambi imprenditori individuali che hanno cessato già da alcuni anni le rispettive attività imprenditoriali. Sintetizzo brevemente di seguito la proposta:

1. L’attivo della procedura è costituito esclusivamente dalla prima casa in comproprietà al 50% (la pensione Enasarco di importo minimo è destinata alle spese di famiglia alle quali contribuisce anche la figlia convivente con il suo reddito da lavoro dipendente). Nella perizia di stima che ho richiesto il tecnico ha attribuito all’immobile il valore di €175.000,00.

2. Il passivo è costituito, per un coniuge, da debiti complessivi di € 194.897,00, di cui € 188.145,00 nei confronti di Agenzia Riscossione, e per l’altro, da debiti complessivi di € 18.138,00, di cui € 17.138,00 nei confronti di Agenzia Riscossione.

3. Nella proposta depositata i debitori mettono a disposizione dei creditori la somma di € 35.000,00 quale apporto esterno della figlia non convivente, somma di gran lunga inferiore all’alternativa liquidatoria! Il legale dei debitori mi chiede di attestare il piano proposto sulla base della seguente tesi:

” La richiesta di ammissione alla procedura così formulata si pone in linea con quanto previsto dall’art. 75 c.2 D.lgs 14/2019 in quanto è possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, a condizione che ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione.
Nel caso de quo, l’unico immobile presente nel patrimonio dei ricorrenti è rappresentato dalla prima casa e la debitoria è rappresentata per il 90% da debiti erariali.
A tutela del bene “prima casa, il nostro ordinamento pone dei limiti alla possibilità, per l’ente riscossore dei debiti verso lo Stato, di iniziare un pignoramento sul bene medesimo: con il decreto legge n. 69/2013, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, all'art. 52, comma 1, lettera g), è stato, infatti, modificato l'art. 76, comma 1 del D.P.R 602/1973 recante "Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito".
Dal 2013, in sostanza, l’ente di riscossione non può più pignorare la prima casa del contribuente indebitato, ad alcune condizioni (già presenti nel caso che ci occupa). Sempre nell’art. 76 del D.P.R 602/1973, modificato nel 2013 dal D.L. 69, è stata poi introdotta la previsione, secondo la quale l’agente della riscossione “non dà corso all’espropriazione per uno specifico paniere di beni definiti essenziali e individuato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze d’intesa con l’Agenzia delle Entrate e con l’istituto nazionale di statistica.
I ricorrenti, possiedono solo l’immobile adibito ad abitazione principale e la debitoria complessiva dei coniugi è rappresentata per la quasi totalità da debiti nei confronti dell’Agenzia Entrate Riscossione, la quale non può procedere all’espropriazione immobiliare nei casi sui descritti”

A parere di chi scrive la tesi esposta non appare condivisibile in quanto si ritiene che nelle procedure concorsuali, quale quella che ci occupa, non può essere applicato il principio enunciato, che è da relegare esclusivamente alle procedure esecutive. Di conseguenza, nel rispetto delle previsioni dell’art.75 co.2 del CCII, la somma da mettere a disposizione dei creditori non può essere inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione del bene.
Attendo vostro cortese parere al riguardo.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 17/11/2022
Con riferimento al concordato minore, di cui all’art. 75 del Codice della crisi d'impresa, si ritiene non vi sia alcun rimando al principio da lei richiamato e non vi siano disposizioni che consentano l’esclusione del pignoramento della prima casa a sfavore della soddisfazione dei creditori.
A maggior ragione, affinché si garantisca che l’Agenzia venga soddisfatta nella migliore ipotesi realizzabile, nell’ambito delle procedure concorsuali con la Legge di Bilancio 2017 (L. 232/2016) è stato ammesso il pagamento parziale di ogni tipo di credito tributario amministrato dalle agenzie fiscali, compresa IVA, ritenute d’acconto e tributi UE. Per cui, seppur l’Agenzia non venga soddisfatta integralmente, è richiesto in ogni caso che ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione.
Con particolare riferimento all’imposta sul valore aggiunto, si ricorda inoltre che la Corte Costituzionale (sentenza n. 245 del 29/11/2019) ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui si prevedeva che l’accordo potesse prevedere esclusivamente la dilazione ma non anche la falcidia dell’IVA.
In conclusione, l’unica possibilità al fine di evitare il pignoramento della prima casa sarà quella di raccogliere la disponibilità di ulteriori somme da mettere a disposizione dell’Agenzia in misura tale che nel loro complesso siano superiori al valore realizzabile dal ricavato in caso di vendita dell’immobile.