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Articolo 963 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Perimento totale o parziale del fondo

Dispositivo dell'art. 963 Codice Civile

Quando il fondo enfiteutico perisce interamente, l'enfiteusi si estingue(1)(2).

Se è perita una parte notevole del fondo(3) e il canone risulta sproporzionato al valore della parte residua, l'enfiteuta, secondo le circostanze, può chiedere una congrua riduzione del canone, o rinunziare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti sulla parte residua [975].

La domanda di riduzione del canone e la rinunzia al diritto non sono ammesse, decorso un anno dall'avvenuto perimento [2964 ss.].

Qualora il fondo sia assicurato e l'assicurazione sia fatta anche nell'interesse del concedente, l'indennità(4) è ripartita tra il concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti [1891].

Nel caso di espropriazione per pubblico interesse [834], l'indennità si ripartisce a norma del comma precedente.

Note

(1) Si ha perimento totale del fondo qualora non si possa più esercitare il diritto di enfiteusi a causa del cessare della cosa stessa che ne costituisce oggetto.
(2) Se di un bene viene modificata la propensione insita in esso allo sfruttamento economico, è difficile parlare in termini di estinzione del relativo diritto, come accade nel caso in cui un fondo, già deputato a finalità agricole divenga urbano e possa, quindi, essere lavorato a scopo edificatorio, per esigenze ugualmente redditizie.
(3) In ipotesi di limitazione della misura del canone o di venir meno del rapporto a causa dell'anticipata rinuncia dell'enfiteuta si ha il perimento parziale del fondo.
Per capire, invece, in quali casi esso concerna una "parte notevole del fondo", è necessario analizzare la sproporzione che a seguito del perimento medesimo, si riscontri tra misura del canone e valore della restante porzione.
(4) Si tratta della somma corrisposta in base al contratto di assicurazione, in occorrenza dell'evento dannoso che ha cagionato il perimento del fondo.

Ratio Legis

In questa ipotesi la servitù viene meno in forza del principio di cui all'art. 1027 (nemini res sua servit): il titolare di due terreni contigui non può costituire una servitù gravante sull'uno e a favore dell'altro.

Spiegazione dell'art. 963 Codice Civile

Perimento totale del fondo enfiteutico

Il primo comma dell'art. 963, corrispondente al primo comma dell'art. 1560 del codice del 1865, prevede il caso del perimento totale del fondo enfiteutico, e, nulla mutando sostanzialmente alla norma del vecchio codice, stabilisce che il totale perimento del fondo importa l'estinzione dell'enfiteusi, per essere venuto meno l'oggetto del contratto.

Naturalmente, però, per poter parlare di « perimento totale del fondo » non si esige che il fondo sia scomparso, che cioè non esista più. Esso si considerera come perito anche nel caso in cui, sebbene ancora materialmente esistente, non sia più dotato della sua capacità e delle sue forze produttive o non presenti più la sua attitudine a procurare una qualsiasi utilità.

Questo caso, però, del fondo enfiteutico che ha perduto le sue qualità produttive, non deve comunque confondersi con l'altro, in cui, per effetto di un cambiamento verificatosi nella superficie del suolo, esso non presenti più l'attitudine produttiva che aveva prima, ma ne acquisti una nuova, perchè i cambiamenti verificatisi nella superficie del suolo o la sua completa trasformazione non conducono mai a quella conseguenza, dato che tali trasformazioni o tali mutamenti non distruggono quello che puo definirsi il soggetto materiale del dominio.


Perimento parziale del fondo enfiteutico

Nel caso, invece, che il fondo non sia distrutto che in parte, se la distruzione è di lieve entità, non si dà ad essa alcuna rilevanza. Se invece è perita una parte notevole del fondo, per cui il canone risulta sproporzionato al valore della parte residua, allora all'enfiteuta sono offerte due vie: egli può chiedere una congrua riduzione del canone oppure può rinunziare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo a ottenere it rimborso dei miglioramenti sulla parte residua.

Siamo, in verità, di fronte a innovazioni di una certa importanza nei confronti della disciplina dettata dal corrispondente art. 1560 del codice del 1865: questo infatti non prevedeva alcuna riduzione del canone, nel caso che la parte residua del fondo fosse sufficiente per pagarlo interamente; solo, nel caso che la parte perita del fondo fosse notevole, ammetteva che l'enfiteuta potesse rinunciare al suo diritto, retrocedendo il fondo al concedente. Il nuovo codice, invece, precisa che, in questo caso, va fatto salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti sulla parte residua.

Resta a precisare il criterio con cui dovrà procedersi nel giudicare se la parte del fondo enfiteutico perita sia notevole o no, e poichè la legge nulla dice al riguardo, non c'è che da ricorrere allo spirito da cui essa è permeata.

Ora, la restituzione del fondo al concedente equivale alla risoluzione del contratto di enfiteusi, e poichè questa risoluzione è basata sul principio per cui il consenso al contratto non si sarebbe certo dato se l'attuale stato di cose si fosse verificato al momento in cui esso veniva richiesto, è chiaro che la parte perita del fondo in tanto può essere ritenuta notevole oppure no, in quanto, dall'esame che se ne fa, si possa dedurre che il concessionario avrebbe o no prestato il suo assenso al contratto, ove la parte del fondo fosse già perita al tempo delle trattative per la stipulazione del contratto medesimo. E, si noti bene, è necessario ancora tener presente, per poter giudicare con coscienza se la parte perita possa ritenersi notevole a termini di legge, e se conseguentemente possa riconoscersi all'enfiteuta il diritto di restituire il fondo, non la sola quantità della parte perita, mettendola a confronto con quella che resta, ma anche e soprattutto le condizioni del fondo, lo scopo cui esso è destinato, l'intento che l'enfiteuta si è ripromesso di raggiungere per mezzo del contratto. Ed è evidente che se, come abbiamo detto, perita una parte del fondo enfiteutico, quella che resta non dà un reddito sufficiente per pagare interamente il canone, compete all'enfiteuta il diritto a restituire il fondo medesimo, salvo ottenere il rimborso dei miglioramenti sulla parte residua, a meno che egli non preferisca ottenere una riduzione del canone, e in misura tale che sarebbe stato da lui dato ugualmente il suo consenso al contratto, ove la parte del fondo fosse già perita al tempo della stipulazione del contratto medesimo.


Termine per chiedere la revisione del canone

Il legislatore però si è preoccupato di temperare questa maggiore elasticità della disciplina introdotta a favore dell'enfiteuta e ha incluso nel terzo comma dell'art. 963 un breve termine di decadenza (un anno) entro il quale egli deve esercitare la facoltà di chiedere la riduzione del canone o di rinunciare al suo diritto.


Ripartizione delle indennità nel caso di assicurazione o di espropriazione

Altra disposizione innovativa, che non ha alcuna esplicita corrispondenza nel codice del 1865, è quella contenuta nel comma quarto, e che riguarda il caso in cui il fondo sia assicurato contro il rischio del perimento.

In questa ipotesi, laddove l'assicurazione sia stata fatta anche nell'interesse del concedente, è logico che l'indennità venga ripartita fra il concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti.

Cosi pure, seguendo gli stessi criteri, saranno ripartite le indennità nel caso di espropriazione per pubblico interesse.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

452 Il perimento totale del fondo enfiteutico importa l'estinzione dell'enfiteusi (art. 963 del c.c., primo comma, corrispondente all'art. 1560, primo comma, del codice del 1865). Al perimento parziale, invece, non si dà rilevanza se non quando sia perita una parte notevole del fondo e il canone risulti sproporzionato al valore della parte residua (art. 963, secondo comma). In questo caso l'enfiteuta può chiedere, secondo le circostanze, una congrua riduzione del canone ovvero rinunciare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto di conseguire il rimborso dei miglioramenti sulla parte non perita. La disciplina che il testo introduce è meno rigida di quella che dettava l'art. 1560 del codice del 1865, il quale negava qualsiasi diritto alla riduzione del canone quando la parte residua del fondo fosse sufficiente per pagarlo interamente e sodo ammetteva in questo caso, purché del fondo fosse perita una parte notevole, che l'enfiteuta rinunciasse al suo diritto, retrocedendo il fondo al concedente. La maggiore elasticità della disciplina introdotta a favore dell'enfiteuta è temperata nel terzo comma, dell'art. 963 dalla fissazione di un breve termine di decadenza (un anno), entro il quale egli deve esercitare la facoltà di chiedere la riduzione del canone o di rinunciare al suo diritto. L'articolo in esame prevede, nel quarto comma, anche il caso, non regolato espressamente dal codice anteriore, che il fondo sia assicurato contro il rischio del perimento. In questa ipotesi, ove l'assicurazione sia stata fatta anche nell'interesse del concedente, è logico che l'indennità venga ripartita tra il concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti. Identico criterio si è adottato nel caso di espropriazione per pubblico interesse (art. 967 del c.c., ultimo comma).

Massime relative all'art. 963 Codice Civile

Cass. civ. n. 25428/2013

In caso di perimento parziale di un fondo, rustico o urbano, dovuto ad una calamità naturale, il rischio dell'evento lesivo ricade sul proprietario del bene, per cui l'enfiteuta, in difetto di un'espressa previsione normativa che lo imponga, non ha l'obbligo giuridico di ricostruire la parte andata distrutta. Ove, peraltro, l'enfiteuta abbia provveduto a proprie spese alla ricostruzione della parte perita, è applicabile in suo favore la disciplina dettata in tema di miglioramenti ed addizioni di cui all'art. 975 c.c., venendosi, altrimenti, a realizzare un ingiustificato arricchimento del proprietario in danno del medesimo enfiteuta.

L'estinzione dell'enfiteusi prevista dall'art. 963, primo comma, c.c., presuppone la totale distruzione materiale del fondo che ne è l'oggetto ("interitus rei") e la conseguente impossibilità di usarlo secondo la sua normale (od altra) destinazione. Ne consegue che, anche nell'ipotesi di enfiteusi urbana, il diritto reale si estingue nel solo caso in cui, a seguito del perimento totale dell'edificio concesso, risulti impossibile ogni utilizzazione dello stesso e non anche quando, a causa del perimento parziale, risulti comunque possibile una qualche utilizzazione della parte fisica residuata, anche se meno produttiva e redditizia.

Cass. civ. n. 4320/1998

L'illecita appropriazione acquisitiva di un terreno concesso in enfiteusi produce i medesimi effetti del «perimento del fondo» previsto dall'art. 963 c.c., con lesione del diritto sia del concedente che dell'enfiteuta, sicché il relativo risarcimento va liquidato in favore di ciascuno, in relazione al valore dei rispettivi diritti.

Cass. civ. n. 4158/1986

Ai fini dell'estinzione del rapporto enfiteutico, l'acquisto del carattere edificatorio di un terreno in precedenza rustico non è equiparabile al perimento totale del fondo di cui all'art. 963, primo comma, c.c., che assume specifiche caratteristiche e determina l'impossibilità assoluta di qualsiasi utilizzazione agraria.

Cass. civ. n. 4978/1977

L'art. 963 c.c., ove stabilisce, con riguardo all'espropriazione per pubblica utilità di fondo concesso in enfiteusi, che l'indennità va ripartita tra il concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti, fissa un principio generale, applicabile anche al fine della ripartizione, fra detti soggetti, del risarcimento del danno per illegittimo protrarsi oltre il biennio dell'occupazione temporanea e d'urgenza. Peraltro, qualora detto risarcimento venga chiesto soltanto dall'enfiteuta, l'applicabilità di quel principio comporta che il giudice deve tenere conto dell'incidenza del diritto del concedente, nella stima del valore commerciale del diritto dell'enfiteuta, ma non anche che debba specificamente determinare ed indicare la proporzione fra i diritti stessi.

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