Con questa disposizione - che non trova riscontro nel vecchio codice del 1865 - si è riaffermato, in relazione alle disposizioni testamentarie, il principio generale della retroattività della condizione (art. #1170# codice 1865). Tuttavia, il legislatore non ha voluto legittimare illimitatamente le conseguenze logiche del principio della retroattività, così ha dettato una disposizione eccezionale in ordine alla restituzione dei frutti, statuendo che l’erede o il legatario sotto condizione sospensiva non sono tenuti a restituire i frutti, se non dal giorno in cui la condizione si è verificata.
La deroga al principio pare assai grave ed illogica, se, ai fini dell’acquisto dei frutti, si considera come causa giuridicamente efficace il titolo formale capace di costituire un diritto reale sui beni che producono i frutti medesimi. Se, viceversa, seguendo le linee generali del sistema, si fa riferimento all’altra causa di acquisto dei frutti, il possesso di buona fede (art. #702# codice 1865), la norma eccezionale, che può ritenersi nella pratica giustificata, si inquadra nel sistema e trova la sua spiegazione logica: anche se, infatti, il possesso dell’erede o del legatario sotto condizione risolutiva non può considerarsi come identificabile con il possesso di buona fede, perché il designato conosce l’esistenza della condizione; per altro verso è certo qualcosa di più di un semplice rapporto di fatto, perché, al suo sorgere, è sostenuto dall’esistenza di un titolo formale valido ed efficace che, venendo meno la condizione, può stabilizzarsi in modo da divenire del tutto inattaccabile.
Piuttosto, non si spiega perché la disposizione citata debba
applicarsi soltanto alle disposizioni sottoposte a condizione risolutiva. La giustificazione che si dà non sembra convincente. Si dice, infatti, che la preoccupazione pratica che ha ispirato la deroga sorge soltanto per la condizione risolutiva, perché la pendenza della condizione sospensiva dà luogo alla nomina di un amministratore, il quale naturalmente non può appropriarsi dei frutti. Ciò è esatto solo in parte, cioè relativamente all’istituzione di erede, ma non vale per il legato, perché la disposizione a titolo particolare sottoposta a condizione sospensiva non implica senz’altro la nomina dell’amministratore, ma in primo luogo la prestazione di una garanzia, e solo in mancanza di adempimento a tale onere, la nomina dell’amministratore (articoli
640 e
641 comma 2). D’altra parte, la nomina dell’amministratore può aver luogo anche nel caso di istituzione di erede o di legato sottoposti a condizione risolutiva, ove sia disposta la garanzia, e il designato non adempia all’onere relativo (articoli
639 e
641 comma 2).
La disposizione eccezionale di cui si tratta offre un appiglio per rilievi critici anche da un altro punto di vista. Infatti, se con la predetta disposizione viene stabilito che il designato sotto condizione risolutiva acquista i frutti fino al giorno in cui si verifica la condizione, risulta enormemente attenuata la portata pratica di quelle disposizioni di indole generale che concedono all’autorità giudiziaria la facoltà di imporre al designato l’onere della prestazione di una garanzia. Questa, infatti, potrà riferirsi ai frutti che maturassero nell’intervallo corrente tra il giorno dell’adempimento della condizione e quello dell’effettiva consegna dei beni oggetto della disposizione. Di ciò l’autorità giudiziaria deve tenere conto nel determinare l’ammontare della garanzia da imporre, nei limiti in cui è possibile, date le difficoltà che si oppongono alle precise previsioni in questo campo.
A parte la disciplina della restituzione dei frutti, le conseguenze logiche del principio della retroattività delle condizioni apposte a disposizioni testamentarie sono evidenti:
verificatasi la condizione risolutiva o mancata quella sospensiva, viene meno l’acquisto di qualsiasi terzo avente causa dal designato; ciò che si suole esprimere con il brocardo:
resoluto iure dantis, resolvitur et ius accipientis. Un’eccezione a tale principio, che ha una portata generale, potrebbe sorgere, in rapporto alle disposizioni testamentarie, dall'incidenza della regola posta nell’art.
534 a tutela degli acquisti fatti dai terzi di buona fede, per effetto di convenzione a titolo oneroso con l’erede apparente. Ma ciò si verificherebbe nel caso in cui l’erede sotto condizione risolutiva potesse considerarsi, verificatasi la condizione, erede apparente: ciò che, almeno in linea di principio, sembra debba contestarsi, specie per il fatto che, essendo il testamento soggetto a trascrizione, sui terzi incombe l’obbligo (o l’onere) di conoscere il contenuto di esso e quindi anche le modalità che accompagnano l’istituzione di erede.