Cass. civ. n. 29146/2022
La revoca formale della rinuncia all'eredità sopraggiunta in pendenza del termine per l'accettazione fissato all'erede in rappresentazione, senza che questi abbia accettato, impedisce che possa aver luogo l'accrescimento a favore dei chiamati congiuntamente con il rinunziante. Una volta concesso il termine, tale effetto si sarebbe realizzato solo dopo lo spirare del termine, e sempre che, nel frattempo, non fosse intervenuta la revoca della rinunzia da parte del rinunziante o l'accettazione da parte del chiamato per rappresentazione.
Cass. civ. n. 21348/2014
In tema di successioni "mortis causa", l'accettazione tacita di eredità prevista dall'art. 476 cod. civ. presuppone la volontà, effettiva o presupposta, del chiamato, a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 527 cod. civ., che ne prescinde completamente e considera erede puro e semplice colui che sottrae o nasconde i beni ereditari, assolvendo ad una esigenza di garanzia dei creditori del "de cuius", ai quali non può essere opposto un esonero di responsabilità attraverso il beneficio d'inventario o la rinunzia.
Cass. civ. n. 5274/2006
Il giudice competente a provvedere sull'eredità giacente, ai sensi dell'art. 105 del d. lgs. n. 51 del 1998, è il tribunale in composizione monocratica, i provvedimenti del quale sono reclamabili in Corte d'Appello in applicazione della norma, di carattere generale, stabilità dall'art. 747 comma terzo cod. proc. civ.; ne consegue che, ove il tribunale disponga la cessazione della curatela a seguito della decadenza di un erede - genitore di figli minorenni - dalla rinunzia all'eredità, il relativo provvedimento, ancorchè adottato dal Tribunale "quale giudice tutelare" e non quale giudice funzionalmente competente per l'eredità giacente, è soggetto al reclamo sopraindicato e non a quello (ai sensi dell'art. 739 cod. proc. civ.) al tribunale in composizione collegiale, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il tribunale, così adito, si dichiari incompetente.
Cass. civ. n. 6412/1984
L'art. 527 c.c., secondo cui i chiamati all'eredità che hanno sottratto o nascosto i beni a questa spettanti, decadono dalla facoltà di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici, nonostante la loro rinunzia, è applicabile non soltanto nei confronti del chiamato, il quale abbia commesso gli atti di sottrazione o di nascondimento prima della rinunzia all'eredità, ma anche nei confronti del chiamato il quale abbia posto in essere tali atti in un momento successivo, purché il diritto di accettare l'eredità non sia prescritto e questa non sia stata accettata da altri chiamati.
Cass. civ. n. 21348/214
In tema di successioni "mortis causa", l'accettazione tacita di eredità prevista dall'art. 476 cod. civ. presuppone la volontà, effettiva o presupposta, del chiamato, a differenza dell'ipotesi di cui all'art. 527 cod. civ., che ne prescinde completamente e considera erede puro e semplice colui che sottrae o nasconde i beni ereditari, assolvendo ad una esigenza di garanzia dei creditori del "de cuius", ai quali non può essere opposto un esonero di responsabilità attraverso il beneficio d'inventario o la rinunzia. (Rigetta, Corte di Appello Bologna, 09/06/2008).