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Articolo 2506 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Progetto di scissione

Dispositivo dell'art. 2506 bis Codice Civile

L'organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige un progetto dal quale devono risultare i dati indicati nel primo comma dell'articolo 2501 ter ed inoltre l'esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e dell'eventuale conguaglio in danaro.

Se la destinazione di un elemento dell'attivo non è desumibile dal progetto, esso, nell'ipotesi di assegnazione dell'intero patrimonio della società scissa, è ripartito tra le società beneficiarie in proporzione della quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna di esse, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio; se l'assegnazione del patrimonio della società è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla società trasferente.

Degli elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto, rispondono in solido, nel primo caso, le società beneficiarie, nel secondo la società scissa e le società beneficiarie. La responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria.

Dal progetto di scissione devono risultare i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie. Qualora il progetto preveda una attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, il progetto medesimo deve prevedere il diritto dei soci che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto l'obbligo di acquisto. Il progetto di scissione mediante scorporo non contiene i dati di cui ai numeri 3), 4), 5) e 7) dell'articolo 2501 ter, primo comma, né altro contenuto incompatibile con l'assegnazione delle azioni o quote delle società beneficiarie alla società stessa, anziche' ai suoi soci.(1)(3).

Il progetto di scissione è depositato per l'iscrizione nel registro delle imprese ovvero pubblicato sul sito Internet della società a norma dell'articolo 2501 ter, commi terzo e quarto(2).

Note

(1) L'omessa o insufficiente descrizione specifica degli elementi patrimoniali da trasferire a ciascuna società beneficiata non è di ostacolo alla ricerca della volontà comunque, senz'altro desumibile dall'interpretazione del progetto di scissione.
(2) Comma modificato dal D. Lgs. 22 giugno 2012, n. 123.
(3) Comma modificato dal D. Lgs. 2 marzo 2023, n. 19.

Ratio Legis

La norma disciplina i contenuti del progetto di scissione, documento che ha la funzione di garantire ai soci ed ai terzi un accettabile grado di trasparenza circa le condizioni economiche in base alle quali avverrà la scissione.

Spiegazione dell'art. 2506 bis Codice Civile

Il procedimento di scissione si articola in tre fasi:
  1. il progetto di scissione che anticipa il contenuto della decisione;
  2. la decisione di scissione;
  3. l'atto di scissione.
Il progetto di scissione deve contenere anche gli elementi patrimoniali che, in caso di scissione parziale, restano alla società (ANDREANI).
Il progetto di scissione deve essere pubblicato ai sensi dell'art. 2501 ter, commi 3° e 4°. Il termine per il deposito nel registro delle imprese del progetto di scissione, essendo posto nell'esclusivo interesse dei soci, può essere rinunciato con il consenso degli stessi.

La norma tutela i creditori sociali prevedendo che, quando è desumibile dal progetto di scissione il trasferimento di un elemento del passivo a una beneficiaria, quest'ultima ne risponderà integralmente e non in solido con la scissa e le beneficiarie.

Elemento caratteristico del progetto di scissione è l'indicazione del criterio di distribuzione delle azioni o quote.

La norma disciplina l'ipotesi di scissione non proporzionale. Tale tipologia di scissione è non proporzionale con riferimento alle singole beneficiarie, ma nel complesso la partecipazione percentuale dei soci resta invariata.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle societą di capitali e societą cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

14 DELLA FUSIONE E DELLA SCISSIONE Per quel che riguarda il tema delle fusioni, l'indicazione contenuta nella legge-delega di "semplificare e precisare il procedimento" doveva coniugarsi con l'esigenza di rispettare i vincoli di derivazione comunitaria (e, in particolare, quelli imposti dalla direttiva 78/855/CEE del 9.10.1978, cui – nel nostro Paese – è stata data attuazione in forza del d. lgs 16.1.1991, n. 22). Si è così ritenuto di operare su due piani: a) da un lato – per quanto riguarda le fusioni cui partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni (alle quali si applicano le previsioni della sopramenzionata direttiva comunitaria) – sfruttando, al fine di "semplificare e precisare il procedimento", taluni margini consentiti dalla direttiva stessa e non "sfruttati" dal d. lgs. n. 22/1991; b) da altro lato – per quanto riguarda le fusioni cui, invece, non partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni (alle quali non trovano applicazione le previsioni della sopramenzionata direttiva comunitaria) – derogando altresì, sempre al fine di "semplificare e precisare il procedimento", a talune indicazioni previste come tassative dalla direttiva stessa. Così: Dal primo punto di vista, si è utilizzato il margine di discrezionalità consentito agli Stati membri dall'art. 1, comma 3°, della direttiva per eliminare l'attuale previsione secondo cui "la partecipazione alla fusione non è consentita alle società sottoposte a procedure concorsuali" (art. 2501 del c.c., comma 2°); si è espressamente consentita una (seppure estremamente limitata) possibilità di modifica del progetto di fusione in sede di approvazione della fusione stessa (art. 2502 del c.c., comma 2°); si è cercato di trovare un miglior contemperamento tra l'esigenza di celerità del procedimento di fusione e quella di tutela dei creditori sociali (art. 2503 del c.c., commi 1°, 2° e 3°); si è sfruttato il margine di discrezionalità concesso agli Stati membri dagli artt. 25 e 27 della direttiva per consentire, in ipotesi di fusione per incorporazione di una o più società in un'altra che possiede almeno il 90% di tutte le loro azioni o quote, che l'approvazione della fusione stessa venga effettuata dall'organo amministrativo (art. 2505 del c.c., comma 2°; art. 2505-bis, comma 2°), ecc.; Dal secondo punto di vista – con riferimento alle fusioni cui non partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni – si è prevista (all'art. 2505 quater), proprio al fine di ulteriormente semplificare ed accelerare il procedimento di fusione, tutta una serie di deroghe al modello di derivazione comunitaria. Per quel che concerne le operazioni di leveraged buyout – relativamente alle quali la legge-delega (art. 7, comma 1°, lett. d) demandava al legislatore delegato di "prevedere che le fusioni tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, non comportano violazione del divieto di acquisto e di sottoscrizione di azioni proprie, di cui, rispettivamente, agli articoli 2357 e 2357 quater del codice civile, e del divieto di accordare prestiti e di fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, di cui all'articolo 2358 del codice civile" – si sono indicate le condizioni cui dette fusioni devono sottostare (art. 2501-bis). Infine, si sono introdotte specifiche previsioni per dare attuazione, da un alto, all'indicazione della legge– delega (art. 7, comma 1, lett. c) che impone al legislatore delegato di "disciplinare i criteri di formazione del primo bilancio successive alle operazioni di fusione" (cfr. art. 2504-bis, comma 4°) e, da altro lato, a quelle (art. 7, comma 1, lett. b) di "disciplinare possibilità, condizioni e limiti delle (…) fusioni eterogenee" (cfr. art. 2502, comma 2°; art. 2504-bis, comma 5°). Anche per quel che riguarda le scissioni, è stato necessario contemperare le indicazioni contenute nella legge delega con l'esigenza di rispettare i vincoli di derivazione comunitaria (e, in particolare, quelli imposti dalla direttiva 82/891/CEE del 17.12.1982, cui – nel nostro Paese – è stata data attuazione in forza del d. lgs. 16.11.1991, n. 22). Si è così provveduto – come già in tema di fusione – a sfruttare taluni margini consentiti dalla direttiva e non "sfruttati" dal d. lgs. n. 22/1991). Il che è stato fatto, da un lato, facendo ampio ricorso alla tecnica del rinvio alle nuove norme in tema di fusione e, da latro lato, a previsioni specifiche, quale quella (art. 2506 del c.c., comma 2°) che consente "un conguaglio in denaro, purché non superiore al dieci per cento del valore nominale della azioni o quote attribuite" ai soci della società scissa, ovvio quello (art. 2506, comma 2°) che consente "che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni della società scissa"; o, ancora, quella (art. 2506-bis, comma 3°) che contempla che, per gli "elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto", "la responsabilità solidale è limitata all'attivo netto attribuito in ciascuna società beneficiaria", o, infine, quello (art. 2506-bis, comma 4°) che preveda che, "nell'ipotesi in cui le azioni delle società beneficiarie sono attribuite agli azionisti della società scissa non proporzionalmente ai loro diritti sul capitale di tale società, gli azionisti minoritari possono esercitare il diritto di far acquistare le proprie azioni al valore corrente concordemente determinato, ovvero a quello che, in mancanza di accordo, sarà determinato dal giudice". Da un punto di vista terminologico si è ritenuto opportuno in tema di scissione caratterizzare i suoi riflessi sui beni in termini di "assegnazione" e non di "trasferimento". Ciò anche la fine di chiarire, come riconosciuto da giurisprudenza consolidata, che nell'ipotesi di scissione medesima non si applicano le regole peculiari dei trasferimenti dei singoli beni (ad esempio relative alla situazione edilizia degli immobili).

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S. C. chiede
giovedģ 02/11/2023
“Vorrei un parere circa l'applicabilità dell'art. 1310 nel caso di scissione parziale di società (srl) con costituzione di nuova società. Nello specifico per debiti non presenti nella contabilità della scissa vorrei sapere su tutti gli atti posti nei confronti della scissa siano idonei a interrompere un eventuale prescrizione della responsabilità solidale della beneficiaria, posto che sono trascorsi oltre nove anni dalla data di scissione.”
Consulenza legale i 09/11/2023
L’art. 1310 del c.c. dispone che gli atti interruttivi della prescrizione posti in essere dal creditore verso uno dei condebitori solidali raggiungono l'effetto interruttivo anche verso gli altri; l'atto interruttivo della prescrizione proveniente da uno dei creditori solidali verso il comune debitore giova anche agli altri concreditori.

Ai sensi dell’2506 bis, comma 3, del c.c., degli elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto di scissione, rispondono in solido: le società beneficiarie nell'ipotesi di assegnazione dell'intero patrimonio della società scissa; la società scissa e le società beneficiarie se l'assegnazione del patrimonio della società è solo parziale.
In ogni caso, la responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria.
In altri termini, la responsabilità solidale e sussidiaria della società beneficiaria di una scissione parziale per debiti rimasti in capo alla scissa, già infruttuosamente escussa, è limitata al valore effettivo del patrimonio che le è stato assegnato, corrispondente non a quello contabile, bensì al valore rettificato, ottenuto calcolando le attività a valori correnti e non storici (Trib. Milano, 22 luglio 2013).
Quando dal progetto di scissione non sia desumibile a quale tra le società beneficiarie debba far carico un debito della società scissa (che, nella fattispecie, aveva conservato parte del suo patrimonio), rispondono in solido tutte le società, senza che le prime possano eccepire il beneficio della previa escussione della seconda, dovendo essere rispettato soltanto il limite costituito dal valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna di esse (Trib. Torino, 21 luglio 2009).

Infine, viene in considerazione l’art. 2506 quater del c.c., il quale al comma 3 afferma che ciascuna società è solidalmente responsabile dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto.

Tanto premesso, posta la responsabilità solidale della società beneficiaria per i debiti della società scissa (compresi quelli non desumibili dalla contabilità della stessa, purché sussistenti al momento della scissione), si applica l’art. 1310 del c.c..
Di conseguenza, gli atti interruttivi della prescrizione posti in essere dal creditore nei confronti della scissa raggiungono l'effetto interruttivo anche verso la beneficiaria, responsabile in solido.
Per quanto concerne il termine prescrizionale, questo può variare in funzione della materia e della provenienza del credito; la prescrizione ordinaria di cui all’art. 2946 del c.c. è decennale.
Si rammenti, peraltro, che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 del c.c.).