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Articolo 1829 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Crediti verso terzi

Dispositivo dell'art. 1829 Codice Civile

Se non risulta una diversa volontà delle parti(1), l'inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume(2) fatta con la clausola "salvo incasso"(3). In tal caso, se il credito non è soddisfatto, il ricevente ha la scelta di agire per la riscossione o di eliminare la partita dal conto reintegrando nelle sue ragioni colui che ha fatto la rimessa(4). Può eliminare la partita dal conto anche dopo aver infruttuosamente esercitato le azioni contro il debitore [1267].

Note

(1) Le parti, naturalmente, sono quelle del contratto di conto corrente: in particolare, qui, rimettente è colui che fa la rimessa di un proprio credito verso un terzo (che rimane tale) e ricevente è la sua controparte.
(2) La presunzione è relativa (2727 c.c.) proprio perché è ammessa una diversa volontà delle parti: spetterà alla parte che vi ha interesse dimostrare che vi era un differente accordo (2697 c.c.)
(3) La clausola opera quale condizione risolutiva mista (1353 c.c.) della titolarità del credito: questo passa immediatamente nella titolarità del ricevente ma se la condizione si avvera essa viene meno. Invece, in caso di conto corrente bancario (v. 1852, 1857 c.c.), la clausola funziona quale condizione sospensiva: la banca non concede il credito al cliente finché non consegue dal terzo la somma.
(4) Il ricevente, quindi, può scegliere di agire contro il terzo per soddisfare il credito ovvero, anche senza intraprendere tale via, cancellare egli stesso il credito rimesso dalla controparte ritrasferendolo a quest'ultima.

Ratio Legis

La volontà legislativa sottesa alla norma è quella, da un lato, di ammettere la possibilità di includere nel conto anche crediti verso terzi ma, al contempo, di tutelare la controparte del conto da una eventuale insolvenza dei terzi: tale controparte, infatti, non viene lasciata in balia dell'adempimento del terzo, poiché, se esso non giunge, può eliminare il credito dalle partite in modo che i rapporti tornano ad essere interamente regolati con l'originario correntista.

Spiegazione dell'art. 1829 Codice Civile

Rimessa di cambiali e titoli. Presunzione salvo incasso

La norma sulla disciplina dei crediti verso terzi, immessi net conto, costituisce una estensione ed un miglioramento di quella già contenuta dal cod. di comm. per il caso di annotazione in conto corrente di un effetto di commercio o di altro titolo di credito. Nella sua formulazione attuale, la norma deriva dall'art. 361 del progetto del 1905 e dall'art. 424 del progetto del 194o.

Gli imbarazzi e le discussioni a cui diede luogo la norma contenuta nel codice di commercio sono note e basterà qui dame un breve cenno. La dottrina concordava nel ritenere che la annotazione di una cambiale o di altro titolo di credito nel conto fosse implicitamente subordinata alla clausola salvo incasso o salvo buon fine. La regola veniva collegata con il principio della unificazione delle rimesse pel contratto.

Secondo la dottrina, la riserva, presunta e sottintesa, si sarebbe fondata sulla presunzione di volontà, che il ricevente avesse inteso non già correre l'alea del non pagamento, ma bensì di subordinare all'evento del pagamento, cioè alla realizzazione del titolo, la sua ragione di debito verso il remittente. In sostanza veniva attribuito alla clausola la produzione di un effetto di provvisorietà dell'accreditamento dei titoli di credito e degli effetti di commercio inscritti come rimesse nel conto corrente. La provvisorietà si trasformava, invece, in stabiliti con la realizzazione o pagamento del credito, oppure dava luogo, in tutto od in parte, in caso di mancato pagamento all'eliminazione della rispettiva partita dal conto mediante l'operazione di storno o contro-annotazione, in base alla quale il credito veniva passato nella colonna dei debiti. La teoria dominante interpretava la provvisorietà dell'accreditamento come effetto di una condizione risolutiva tacita del negozio giuridico di rimessa. Si negava per altro che questa tacita condizione si potesse estendere ad ogni rimessa che consistesse nel trasferimento di un credito e particolarmente si discuteva sul fondamento giuridico di quell'effetto, se si trattasse di una condizione risolutiva oppure di una condizione solamente sospensiva. Tralasciando qui le diverse soluzioni profilate dalla teoria, si giungeva più di recente ad affermare che cosi come può essere stornata una rimessa per inefficacia del rapporto onde deriva, cosi subisce la medesima sorte la rimessa se da essa non discende un incasso effettivo per il correntista ricevente, al quale il terzo debitore non paga. Partendo dal richiamo del principio che l'annotazione in conto non implicasse rinuncia a far valere le ragioni da opporre contro il rapporto, e dal carattere di non costitutività, discendente dal contratto di conto corrente come contratto di sistemazione di rapporti, veniva considerata logica la conseguenza che dovessero cadere ed essere stornate tutte quelle rimesse, che pur inoppugnabili all'origine si dimostrassero viziate, in quanto non realizzabili, in futuro.

Individuandosi la finalità del rapporto in quello di compensazione dei debiti del remittente si affermava che la reversibilità di ogni annotazione a credito di rimesse informate da un vizio d'origine, anteriore all'annotazione o posteriore e successivo ad essa, fossero senz'altro stornabili dal conto. Per questa ragione la clausola a salvo incasso n veniva considerata come essenziale, non solo del conto corrente, ma di ogni sistemazione di rapporti, quale effetto di una condizione risolutiva tacita del mancato incasso. Da ciò si traeva la conclusione che si dovesse individuare la clausola stessa come correzione del conto, operante anche se l'altro correntista fosse fallito o dissestato.


Opzione tra storno ed esecuzione

La norma presente rappresenta un notevole ed utile miglioramento rispetto a quella corrispondente profilata nei progetti citati. Si diceva in quelli che l'iscrizione d'un credito verso terza persona, ove non fosse accompagnata da espressa riserva pel caso di insolvenza del debitore, dovesse intendersi come definitiva e a rischio del ricevente (art.361 progetto 1925 ; art. 424 comma 1 progetto 1940). Si ammetteva per altro l'effetto opposto ove si avesse la clausola a salvo incasso s espressa o sottintesa e il credito non fosse pagato. Conformemente alla generalità e alla diffusione della clausola salvo incasso, il legislatore ha qui sancito un rovesciamento delle posizioni, attribuendo il rischio per l'insolvenza del terzo a colui che rimette, invece che al ricevente. La norma attuale oltre che essere conforme al principio di indipendenza affermato per le diverse partite nel conto pur assoggettate ad un regolamento uniforme e ad un uniforme regime, corrisponde pienamente all'uso bancario, per il quale le banche non intendono assumere nei confronti dei propri correntisti ii rischio dell'insolvenza.

La presunzione fissata dall'articolo si estende indistintamente tanto ai crediti in generale verso i terzi quanto ai titoli di credito. Ed a proposito dei titoli di credito, per quanto niente emerga direttamente dalla norma in questione, occorre ritenere che il principio si debba applicare non solo per gli effetti di commercio appartenenti al portafoglio del rimettente e da questo girati al ricevente, ma anche per quelli di sua diretta emissione. L'estensione a questa ipotesi deve considerarsi come implicitamente discendente dallo spirito stesso della disciplina del contratto di conto corrente. La circostanza che il legislatore non abbia fatto alcuna distinzione tra crediti e cambiali, cosi come avveniva nei progetti a cui evidentemente si a ispirato, fa ritenere che il principio della presunzione della rimessa con la clausola salvo incasso, debba applicare tanto ai titoli cambiari in cui il remittente è obbligato di regresso, quanto per quelli c.d. finanziari, nei quali è l’obbligo diretto.


Diritti ed obblighi del ricevente

La duplice facoltà attribuita al correntista ricevente un credito verso il terzo fa perdere di importanza e di significato alla questione se la rimessa del credito debba essere intesa come assoggettata ad una condizione sospensiva oppure risolutiva. Le conseguenze tanto ad ammettere la prima che la seconda sono le medesime. Ma a parte ciò essendo sparito dalla disciplina del contratto ogni cenno ad un eventuale effetto di trasferimento di proprietà delle rimesse, nonché ogni considerazione del cosiddetto effetto novativo, non ha più significato parlare di trasferimento condizionale. Il legislatore anche qui si è ispirato al principio dell'ottenimento del risultato finale del contratto, a questa solo improntando la disciplina dei diversi atti e delle diverse operazioni intervenute durante il suo svolgimento.

Cosi si ha che è stato giustamente codificato il principio che la presunzione in questione va a vantaggio e non contro il ricevente e mira esclusivamente alla tutela dei suoi interessi e della sua posizione.

Si ha, infatti, che, ove il credito al momento della scadenza non sia stato soddisfatto, il ricevente ha il diritto di agire per la riscossione. Si ha qui il richiamo del principio contenuto nell'art. 22 della Legge cambiaria (R.. D. 14 del 1933 n. 1669). Ove egli si decida per questa via al che pub eventualmente essere tenuto per effetto di pattuizione esplicita col correntista rimettente, dovrà agire ed operare in modo che la sua azione erronea o negligente non venga a pregiudicare in modo alcuno quelle che sotto le ragioni del rimettente. Opererà in tal caso come un mandatario del rimettente e sarà tenuto alla responsabilità assoluta e piena per il perfetto adempimento del mandato stesso. L’ espressione “reintegrando nelle sue ragioni colui che ha fatto la rimessa” conferma quella conseguenza.

Ove, invece, niente sia stato in senso contrario stipulato tra le parti, il ricevente può invece preferire la via di eliminare la partita dal conto mediante l'operazione di storno, gravata, secondo le circostanze dall'addebitamento dei diritti di commissione, purché reintegri d ricevente nelle sue ragioni verso il terzo creditore. Dall'obbligo fatto al ricevente di reintegro del rimettente nelle ragioni verso il terzo, discenderà anche l'obbligo di agire tempestivamente nei riguardi del terzo per il verificarsi delle eventuali azioni di decadenza o di prescrizione che potranno colpire il titolo od il credito. A questo obbligo corrispondersi suo diritto al rimborso delle spese incontrate in favore del rimettente. L'influenza in proposito della disciplina cambiaria è evidente.


Diritto di opzione nel fallimento

Il diritto di opzione tra storno ed escussione per ottenere il credito spetta al ricevente in ogni caso), salva esplicita diversa, pattuizione. Il legislatore ha voluto, giustamente, che correntista ricevente possa far valere il suo diritto di eliminare la partita del conto anche dopo aver infruttuosamente esercitato le azioni contro a creditore, e ciò, naturalmente, tanto nel caso che fosse obbligato, quanto in quello che a tale comportamento non fosse tenuto.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1829 Codice Civile

Cass. civ. n. 27449/2022

In tema di assegno circolare, la clausola "salvo buon fine" o "salvo incasso" costituisce condizione sospensiva del trasferimento di proprietà delle somme portate dal titolo, in attesa che l'incarico conferito alla banca per la realizzazione del credito sia adempiuto con l'effettivo pagamento dell'importo, sicché qualora per l'avvenuto fallimento degli ordinatari la banca emittente non dia seguito al pagamento, la banca negoziatrice, nel restituire il titolo di credito al correntista, ha il diritto di eseguire un'operazione di storno, per il cui tramite l'ammontare indicato dall'assegno viene posto contabilmente a debito del cliente.

Cass. civ. n. 11395/2019

Alle operazioni bancarie in conto corrente si applica il principio di cui all'art. 1829 c.c., richiamato dal successivo art. 1857, secondo cui l'accreditamento sul conto corrente del cliente dell'importo di un assegno, trasferito alla banca per l'incasso, deve ritenersi sempre effettuato "salvo incasso" (o "salvo buon fine", o "con riserva di verifica"), con la conseguenza che, se il credito portato dall'assegno non viene soddisfatto dal terzo obbligato, la banca può eliminare la partita dal conto del cliente attraverso uno storno, reintegrando il correntista nelle sue ragioni con la mera restituzione del titolo, non potendo il cliente, ove abbia disposto dell'importo dell'assegno, dolersi che l'istituto di credito abbia dato seguito al suo ordine di pagamento, dovendo il correntista essere consapevole che l'anticipazione operata dalla banca dovrà essere restituita se il titolo, alla scadenza, risulti privo di provvista.

Cass. civ. n. 91/2017

La banca girataria per l'incasso di un assegno bancario è tenuta non soltanto a far levare il protesto (art. 45 del r.d. n. 1736 del 1933), al fine di conservare integre le ragioni del proprio girante nei confronti degli obbligati di regresso, ma ha anche l'obbligo, discendente dal disposto dell'art. 1829 c.c., di restituire il titolo al correntista girante per l'incasso: tale ultimo obbligo, nel caso (ricorrente nella specie) in cui un vincolo posto dal giudice penale abbia impedito la restituzione dell'originale del titolo, può ben essere adempiuto con la consegna di una copia autentica dello stesso.

In assenza di specifiche disposizioni normative, la banca domiciliataria di una cambiale non è tenuta ad avvisare l'emittente del sequestro penale e del successivo protesto del titolo, elevato su richiesta della stessa dietro presentazione di una sua copia autenticata. Invero, la conoscenza del provvedimento giudiziario da parte della banca non implica necessariamente anche quella della falsificazione della cambiale, quando quest'ultima non sia riconoscibile mediante l'uso della normale diligenza richiesta ad un banchiere professionale e quando l'emittente non abbia informato la banca di avere presentato denuncia penale in ragione della presumibile contraffazione del titolo; con l'ulteriore conseguenza che la banca non è responsabile per i danni subiti dall'emittente alla sua reputazione commerciale e derivanti dal protesto.

Cass. civ. n. 19585/2013

In tema di conto corrente, in ipotesi di annotazione a credito in favore del cliente dell'importo di assegni girati per l'incasso, cui faccia seguito un'annotazione a debito di identico ammontare, a causa del mancato pagamento dei titoli da parte della banca trattaria per difetto di provvista, non sussiste un errore di scritturazione o di calcolo, né alcuna omissione o duplicazione, agli effetti dell'art. 1832, secondo comma, c.c., configurandosi, piuttosto, uno storno conseguente al definitivo non avveramento della condizione sospensiva alla quale rimane subordinato, in forza dell'art. 1829 c.c., l'accredito degli assegni in conto corrente, comportante il venir meno, con efficacia retroattiva, dell'iniziale annotazione.

Cass. civ. n. 11852/2004

La banca girataria per l'incasso di un assegno bancario è tenuta non soltanto a far levare il protesto (art. 45 legge assegno), al fine di conservare integre le ragioni del proprio girante nei confronti degli obbligati di regresso, ma ha anche l'obbligo, discendente dal disposto dell'art. 1829 c.c., di restituire il titolo al correntista girante per l'incasso: tale ultimo obbligo, nel caso (ricorrente nella specie) in cui un vincolo posto dal giudice penale abbia impedito la restituzione dell'originale del titolo, può ben essere adempiuto con la consegna di una copia autentica dello stesso.

Cass. civ. n. 18118/2003

Alle operazioni bancarie in conto corrente si applica il principio contenuto nell'art. 1829 c.c., richiamato dal successivo art. 1857 c.c., secondo cui l'accreditamento, sul conto corrente del cliente, dell'importo di un assegno trasferito alla banca per l'incasso deve ritenersi sempre effettuato "salvo incasso" (o "salvo buon fine", o "con riserva di verifica"), con la conseguenza che, se il credito portato dall'assegno non venga soddisfatto dal terzo obbligato, la banca può eliminare la partita dal conto reintegrando il correntista nelle sue ragioni con la restituzione del titolo. La predetta presunzione di clausola "salvo incasso" non opera soltanto allorquando risulti una contraria volontà delle parti che, ove l'inclusione nel conto corrente bancario avvenga mediante girata di un titolo di credito, può essere desunta non solo dal fatto che la girata medesima sia piena e non già per l'incasso, ma anche da altre circostanze di fatto, quale un inequivoco comportamento della banca.

Cass. civ. n. 8485/1994

In tema di operazioni in conto corrente, ai sensi dell'art. 1829, parte seconda, c.c. — applicabile anche al contratto di apertura di credito bancario regolata in conto corrente, in virtù del rinvio operato dal successivo art. 1857 — chi riceve (per cessione, nel conto corrente ordinario, o per mandato «salvo incasso», nel conto corrente bancario) un titolo di credito verso terzi, in tanto può liberarsi dai propri obblighi, in quanto dimostri che il credito non è stato soddisfatto e reintegri il rimettente nei diritti verso il terzo. Pertanto in caso di apertura di credito regolata in conto corrente con la clausola «salvo buon fine» per gli accreditamenti di titoli di credito, se la banca, dopo aver accreditato un assegno bancario tratto da terzi, smarrisca il titolo ed il cliente (sia pur su sollecitazione dello stesso istituto di credito) ottenga il decreto di ammortamento dell'assegno, legittimamente la banca procede ad eliminare l'accredito dal conto corrente, in quanto essa, spossessata dell'assegno smarrito e priva del decreto di ammortamento, non è in grado di realizzare il credito oggetto del mandato, mentre il cliente, avendo ottenuto il decreto di ammortamento, deve considerarsi reintegrato nelle sue ragioni.

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