All'
udienza di comparizione, fissata nel decreto presidenziale, il
giudice istruttore, con l'intervento del P.M., effettua l'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando.
L'intervento del P.M. all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando costituisce un atto dovuto per l'ufficio del P.M., la cui mancanza produce una nullità insanabile ex
art. 158 del c.p.c. dell'esame stesso, che, tuttavia, non colpisce né gli atti processuali antecedenti, né quelli istruttori successivi indipendenti da tale atto.
La disposizione contiene un espresso richiamo ai poteri istruttori concessi al giudice dall'
art. 419 del c.c.; in particolare il codice civile prevede che il giudice possa avvalersi di un
consulente tecnico e che, d'ufficio, possa disporre dei mezzi istruttori che ritiene più opportuni, dal momento che
conditio sine qua non della pronuncia in merito all'
interdizione è l'esame dell'interdicendo.
Da quanto emerge dal combinato disposto degli artt.
419 c.c. e
714 c.p.c. si evince che l'esame diretto e personale dell'interdicendo o dell'inabilitando costituisce la principale fonte di convincimento del giudice, il che rileva il carattere fortemente inquisitorio di questo procedimento.
Occorre precisare che l'esame in questione non è assimilabile all'
interrogatorio formale, ma può piuttosto assimilarsi all'ispezione di persone accompagnata da un interrogatorio.
Altre fonti di convincimento del giudice possono essere l'interrogatorio delle persone citate in base al
decreto presidenziale ex
art. 713 del c.p.c. (al fine di acquisirne il parere) e l'assunzione, sempre d'ufficio, di altre informazioni, mediante la
convocazione di ulteriori persone rispetto a quelle menzionate.
L'interrogatorio è privo di formalità e non è richiesto, pertanto, né il
giuramento né la costituzione in giudizio.