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Articolo 112 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Strumenti finanziari derivati

Dispositivo dell'art. 112 TUIR

1. [Si considerano operazioni «fuori bilancio»:

  1. a) i contratti di compravendita non ancora regolati, a pronti o a termine, di titoli e valute;
  2. b) i contratti derivati con titolo sottostante;
  3. c) i contratti derivati su valute;
  4. d) i contratti derivati senza titolo sottostante collegati a tassi di interesse, a indici o ad altre attività.](1)

2. Alla formazione del reddito concorrono i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione degli strumenti finanziari derivati alla data di chiusura dell'esercizio.

3. I componenti negativi di cui al comma 2 non possono essere superiori alla differenza tra il valore del contratto o della prestazione alla data della stipula o a quella di chiusura dell'esercizio precedente e il corrispondente valore alla data di chiusura dell'esercizio. Per la determinazione di quest'ultimo valore, si assume:

  1. a) per i contratti uniformi a termine negoziati in mercati regolamentari italiani o esteri, l'ultima quotazione rilevata entro la chiusura dell'esercizio;
  2. b) per i contratti di compravendita di titoli il valore determinato ai sensi delle lettere a) e b) del comma 4 dell'articolo 94;
  3. c) per i contratti di compravendita di valute, il tasso di cambio a pronti, corrente alla data di chiusura dell'esercizio, se si tratta di operazioni a pronti non ancora regolate, il tasso di cambio a termine corrente alla suddetta data per scadenze corrispondenti a quelle delle operazioni oggetto di valutazione, se si tratta di operazioni a termine;
  4. d) in tutti gli altri casi, il valore determinato secondo i criteri di cui alla lettera c) del comma 4 dell'articolo 9.

3-bis. In deroga al comma 3, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all'articolo 2435 ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, i componenti negativi imputati al conto economico in base alla corretta applicazione di tali principi assumono rilievo anche ai fini fiscali.

4. Se gli strumenti finanziari derivati di cui al comma 2 sono iscritti in bilancio con finalità di copertura di attività o passività, ovvero sono coperte da attività o passività, i relativi componenti positivi e negativi derivanti da valutazione o da realizzo concorrono a formare il reddito secondo le medesime disposizioni che disciplinano i componenti positivi e negativi, derivanti da valutazione o da realizzo, delle attività o passività rispettivamente coperte o di copertura.

5. Se gli strumenti finanziari derivati di cui al comma 2 sono iscritti in bilancio con finalità di copertura dei rischi relativi ad attività e passività produttive di interessi, i relativi componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito, secondo lo stesso criterio di imputazione degli interessi, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi a specifiche attività e passività, ovvero secondo la durata del contratto, se le operazioni hanno finalità di copertura di rischi connessi ad insiemi di attività e passività.

6. Ai fini del presente articolo lo strumento finanziario derivato si considera con finalità di copertura in base alla corretta applicazione dei principi contabili adottati dall'impresa.

Note

(1) Comma abrogato dal d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni dalla l. 27 febbraio 2017, n. 19.

Massime relative all'art. 112 TUIR

Cass. civ. n. 559/2020

In tema di deducibilità degli accantonamenti per la copertura del rischio inerente ad operazioni su derivati, la società non operante nel settore creditizio o finanziario che invochi l'applicazione dell'art. 112 del d.P.R. n. 917 del 1986 ha l'onere di allegare e di provare che la finalità del contratto di "interest rate swap" è di coprire operazioni che attengono all'esercizio dell'attività imprenditoriale, atteso che l'inerenza sussiste non ogni qual volta la componente negativa sia riferibile a una qualsiasi operazione idonea a produrre reddito, bensì in relazione all'oggetto dell'impresa.

Cass. civ. n. 12738/2018

In tema di deducibilità dei costi ai fini fiscali, devono essere esclusi dai componenti negativi del reddito d'impresa gli accantonamenti per la copertura del rischio inerente il contratto di "interest rate swap", quando la società non operi nel settore creditizio o finanziario, in ragione dell'insussistenza del requisito dell'inerenza del costo che non può essere correlato alla mera idoneità dell'operazione a produrre reddito, dovendo essere riferibile all'oggetto dell'attività di impresa.(Nella specie, la S.C. ha affermato il principio rispetto ad una società avente ad oggetto la produzione ed il commercio di metalli, acciaio e prodotti siderurgici).

Cass. civ. n. 23171/2017

Ai fini fiscali, il contratto atipico di "prestito d'uso d'oro" è assimilabile al contratto di mutuo, anche in ragione della comune funzione essenzialmente di finanziamento, sicché, l'esercizio di competenza cui riferire la deducibilità dei costi coincide con quello in cui si realizzano i ricavi, conseguenti alla trasformazione dell'oro ed alla vendita successiva dei prodotti che ne sono ricavati.

Cass. civ. n. 24873/2016

In tema di imposte sui redditi, gli interessi per dilazione di pagamento, effettuata in favore di soggetto non residente nel territorio dello Stato e privo di stabile organizzazione in Italia, anche ove non si traducano in reddito di capitale, ma d'impresa, vanno assoggettati a ritenuta a titolo d'imposta, ai sensi dell'art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, sia nel testo anteriore alla sostituzione operata dal d.lgs. n. 461 del 1997, sia in quello successivo applicabile "ratione temporis", non rilevando, in contrario, né l'art. 6, comma 2, né l'art. 20 (ora 23), comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 917 del 1986, - che prevedono, rispettivamente, che gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui sono maturati e che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, ai fini dell'applicazione dell'imposta nei confronti dei non residenti, i redditi d'impresa derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni - atteso che l'art. 112 (ora 151), comma 1, del citato d.P.R. n. 917 del 1986 sancisce il principio in base al quale i redditi delle persone giuridiche non residenti assoggettati a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva si sottraggono, come per ogni altra categoria di soggetti, alla regola secondo cui sono imponibili in Italia unicamente i redditi prodotti nel territorio dello Stato.

Cass. civ. n. 16106/2011

Allorché un soggetto non residente produca redditi di impresa nel territorio dello Stato italiano, quivi avvalendosi di una stabile organizzazione, consistente in una società commerciale residente dotata di personalità giuridica che abbia presentato autonoma dichiarazione dei redditi, l'accertamento di maggior imponibile, relativo al reddito prodotto nel territorio dello Stato, viene legittimamente effettuato attraverso la rettifica di tale dichiarazione e, quindi, a carico della società o persona giuridica residente, qualificata come stabile organizzazione del soggetto estero. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva ritenuto che la pretesa impositiva per i redditi prodotti nel territorio dello Stato, da una società di capitali rappresentante stabile organizzazione di una società straniera, poteva essere esclusivamente esercitata nei diretti confronti del soggetto non residente). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Venezia, 11/02/2010)

Cass. civ. n. 9197/2011

Gli interessi conseguiti da una banca di San Marino su depositi bancari costituiti presso istituti di credito italiani configurano redditi d'impresa che, tuttavia, in difetto di una stabile organizzazione del percipiente nello Stato, mancando il requisito della territorialità ex artt. 19 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 e 20 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono esenti da tributo, nè divengono redditi di capitale; tale regime si applica a tutte le annualità, come nella specie, dal 1984 al 1990, pur se assoggettate a discipline formalmente diverse, in quanto, relativamente ai proventi dal 1984 al 1987, la considerazione del reddito come non prodotto nel territorio è prevista dall'art. 19, comma 1, n. 5 del d.P.R. n. 597 del 1973, mentre l'art. 44 esclude trattarsi di reddito di capitale e infine, l'art. 26, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 esclude la ritenuta sugli interessi corrisposti da banche italiane a banche con sede all'estero; quanto, invece, alle annualità dal 1988 al 1990, gli artt. 20 e 45 del d.P.R. n. 917 del 1986 riproducono le citate previsioni degli artt. 19 e 44 del d.P.R. n. 597 del 1973 e l'art. 112 del d.P.R. n. 917 del 1986 fissa la non imponibilità dei redditi prodotti nello Stato ma esenti da imposta. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 24/02/2005)

Cass. civ. n. 11079/2008

In tema di Irpeg, sono soggetti passivi d'imposta le società non residenti in Italia e che ivi non abbiano una stabile organizzazione, essendo sufficiente che i redditi, indicati nell'art. 20 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, siano prodotti in Italia o che siano relativi a beni situati in Italia. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Milano, 20 Aprile 1999)

Cass. civ. n. 3415/2005

Ai fini del riconoscimento ad un ente estero del beneficio della riduzione alla metà dell'IRPEG, ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, in favore degli enti equiparati a quelli di beneficenza o istruzione, deve aversi riguardo non alla sola attività dispiegata in Italia dal soggetto per il tramite della propria stabile organizzazione, ma dell'attività svolta dall'ente nella sua interezza, atteso che l'art. 112 del t.u.i.r. si limita a prevedere, quale criterio d'imputazione al soggetto non residente ai fini della determinazione del reddito imponibile, la tassazione dei soli redditi prodotti in Italia, e nessun ulteriore argomento testuale o sistematico conduce a ritenere che la qualificazione di un soggetto non residente - ai fini dell'agevolazione in parola - possa fondarsi esclusivamente sull'attività svolta in Italia (nella specie, attraverso una stabile organizzazione). L'applicazione del beneficio di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 presuppone infatti in linea generale, in relazione a quanto disposto in tema di soggetti passivi IRPEG dall'art. 87 del t.u.i.r., non il mero esame delle finalità statutarie dell'ente, ma la verifica che l'attività in concreto esercitata non abbia carattere commerciale prevalente, e che l'attività commerciale esercitata dall'ente sia, comunque, in rapporto di strumentalità diretta ed immediata con i fini istituzionali di natura non commerciale. L'accertamento della natura dell'attività complessiva dispiegata dall'ente, del resto, se può rivelarsi in ipotesi siffatte non agevole, non costituisce nondimeno un ostacolo giuridico, ma una mera difficoltà pratica, per superare la quale è sempre possibile ricorrere, nel rispetto delle regole sull'onere della prova e facendo uso dei poteri istruttori di cui all'art. 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, agli strumenti di cooperazione internazionale esistenti in materia tributaria (nel caso in esame, relativo ad un ente svizzero, la S.C. ha avuto cura di ricordare come la convenzione italo-elvetica del 9 marzo 1976, ratificata e resa esecutiva con la legge 23 dicembre 1978, n. 943, preveda diverse forme di cooperazione e di scambio di informazioni fra gli Stati firmatari per evitare doppie imposizioni). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Aosta, 23 Maggio 2002)

Nell'ordinamento italiano l'ente straniero è dotato di personalità giuridica tanto in relazione ai rapporti civilistici che a quelli tributari. La nozione di persona giuridica fornita dall'art. 16 delle preleggi è infatti unica, in quanto la disposizione stabilisce soltanto il divieto di limitazione dell'idoneità ad essere titolari di rapporti giuridici, a condizione di reciprocità (fattispecie in tema di agevolazioni IRPEG). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Aosta, 23 Maggio 2002)

Cass. civ. n. 18314/2004

In tema di imposte sui redditi, la corresponsione di interessi per dilazione di pagamento, effettuata in favore di soggetto non residente nel territorio dello Stato e privo di stabile organizzazione in Italia, va assoggettata a ritenuta a titolo d'imposta, ai sensi dell'art. 26, comma quinto, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alla sostituzione operata dal D.Lgs. n. 461 del 1997), il quale prevede tale ritenuta anche sugli interessi che, come quelli in esame, non costituiscono reddito di capitale. Nè rileva, in contrario, il disposto dell'art. 6, comma secondo, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (come modificato dall'art. 1 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito nella legge 26 febbraio 1994, n. 133) - là dove prevede che "gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati" -, atteso che l'art. 112, primo comma, dello stesso t.u.i.r. sancisce il principio che i redditi delle persone giuridiche non residenti assoggettati a ritenuta alla fonte o ad imposta sostitutiva si sottraggono, come per ogni altra categoria di soggetti, alla regola secondo cui sono imponibili in Italia unicamente i redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Liguria, 7 maggio 2002)

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