AUTORE:
Daviana Binotti
ANNO ACCADEMICO: 2019
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Roma La Sapienza
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L’argomento trattato nella tesi riguarda la responsabilità infermieristica, il risk management e l’infermieristica forense. Oggi l’infermiere non è più un mero esecutore di mansioni ma un professionista: ha campi propri di attività, di autonomia e di responsabilità e si occupa dell’assistenza infermieristica generale. Negli anni cinquanta del novecento vennero istituiti i Collegi delle infermiere professionali, delle assistenti sanitarie visitatrici e delle vigilatrici d’infanzia (IPASVI). Tale ente è stato il protagonista indiscusso sino alla legge 3 del 2018 che finalmente istituisce l’Ordine professionale degli infermieri (FNOPI), mettendo in pratica la previsione della legge 43/2006 che non vide mai applicazione. È il 2017 quando interviene la più importante riforma della responsabilità sanitaria conosciuta come la legge Gelli o Gelli-Bianco, Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Una riforma intenta a ripristinare un corretto rapporto tra professionista sanitario e paziente superando l’esperienza passata incentrata sul controllo e sulla sanzione invece che sulla prevenzione dei danni, dei rischi e sulla protezione del paziente. L’obiettivo di garantire la tutela della salute e la sicurezza delle cure è raggiunto principalmente con un buon sistema di prevenzione e gestione del rischio clinico. Purtroppo, ancora oggi manca la cd. cultura della sicurezza e rimaniamo aggrappati all’opposta “cultura della colpevolezza”. Il legislatore ha la consapevolezza che un buon sistema di gestione del rischio clinico – un virtuoso sistema di indagine, allerta e monitoraggio degli eventi avversi – sia uno strumento di vantaggio per i professionisti sanitari oltre che per i pazienti. Rammendiamo che lo scopo specifico della gestione del rischio clinico, cioè quello di ridurre la frequenza degli eventi avversi, comporta gli effetti ulteriori di ridurre i danni ai pazienti e quindi la probabilità che siano intraprese azioni legali da parte loro. Questa è la giusta via per sciogliere il nodo della malpractice, medicina difensiva, esponenziale aumento del contenzioso giudiziario, fuga delle assicurazioni. Un ruolo importante in tale ambito è svolto dall’infermiere che fa parte delle Commissioni sulla gestione del rischio clinico istituite nelle varie aziende sanitarie oltre a prestare la propria opera professionale all’interno delle Direzioni Sanitarie coadiuvando, con le altre figure presenti, il lavoro di redazione di protocolli e regolamenti medico-legali/forensi. La legge Gelli nel 2017 interviene anche in materia di consulenza e perizia nei procedimenti che hanno ad oggetto la responsabilità sanitaria stabilendo all’art. 15 che l’autorità giudiziaria affidi la consulenza tecnica e la perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina (quindi tutti i profili professionali, compresi gli infermieri), che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento: è richiesta non solo la competenza specialistica, ma addirittura la specificità della competenza. La neonata FNOPI si è dovuta adoperare per disciplinare tale questione andando a stipulare il protocollo d’intesa con CSM e CNF sulla scia dell’attività svolta dalla FNOMCeO. L’accordo richiede ai futuri periti/consulenti il possesso di una speciale competenza che non si esaurisce nel mero possesso del titolo abilitativo alla professione, ma si sostanzia nella concreta conoscenza teorica e pratica della disciplina, come può emergere sia dal curriculum formativo e/o scientifico sia dall’esperienza professionale del singolo esperto (art. 3 Protocollo d’intesa). Nell’ottobre 2018 l’APSILEF - Associazione professioni sanitarie italiane legali e forensi - scrisse una lettera rivolta al Ministro della Salute, al Direttore generale delle professioni sanitarie presso il Ministero, al CSM, al CNF e alla Presidente della FNOPI dove mostrava le proprie perplessità in merito al Protocollo in discussione con la richiesta di rivederlo urgentemente e di rettificare la parte controversa afferente agli elementi di valutazione primari del protocollo di cui all’art. 3. Tale lettera non ha mai avuto risposta.