AUTORE:
Edoardo Spertingati
ANNO ACCADEMICO: 2020
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi Roma Tre
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
L’obiettivo di questo elaborato è quello di interrogarsi sul delicato settore dei reati in materia di pornografia minorile ed esplorare la compatibilità di alcuni di essi con i principi di rango costituzionale che connaturano l’intero sistema penale.
All’interno dei quattro capitoli in cui si articola il lavoro di tesi, si affrontano le problematiche questioni relative ai diritti dei minori, a come questi vengono garantiti dalle maggiori Convenzioni internazionali e, in particolare, dalle legislazioni dei singoli Stati in una complessa ricerca di un equilibrio tra interessi dei minori e rispetto dei diritti costituzionali garantiti a chiunque risulti essere anche solo indiziato di reati caratterizzati da un alto grado di disvalore, secondo il comune sentire.
Viene condotta un’accurata analisi incentrata sui soli delitti di cui agli articoli 600 ter c.p. e 600 quater c.p., rispettivamente rubricati «Pornografia minorile» e «Detenzione di materiale pornografico»; dunque, si entra nel vivo della tematica che si intende affrontare col presente elaborato, scegliendo di concentrarsi sul terreno “accidentato” della punizione penale della pedopornografia.
Lo studio del primo articolo, introdotto con la legge del ’98 e riformato da altri due provvedimenti, passa necessariamente per un’attenta analisi dell’evoluzione giurisprudenziale sui diversi delitti che in esso sono contemplati, in quanto la formulazione di queste norme non eccelle in chiarezza, generando perplessità relativamente al rispetto del principio di tassatività-determinatezza della fattispecie penale.
L’art. 600-ter, nei sette commi di cui consta, fornisce un’ampia tutela dello sviluppo psico-fisico dei minori.
Si prosegue con l’esame del successivo articolo 600-quater, che contempla il delitto di «Detenzione di materiale pornografico», così da completare il quadro di tutela penale del diritto al regolare sviluppo sessuale dei minori, punendo anche i “consumatori finali” del mercato della pedofilia.
L’analisi critica di questa incriminazione muove dalla condivisione del pensiero di certa dottrina che ritiene non sussistere, in taluni casi di detenzione, alcuna lesione di interessi dei minori, per cui si tratterebbe di una disposizione priva dei connotati di minima offensività che devono contraddistinguere le fattispecie incriminatrici.
La scelta di trattare il reato di cui all’art. 600 quater 1 c.p. nel successivo capitolo III è stata dettata dal desiderio di creare uno snodo nella trattazione dei reati in materia di pornografia minorile: la chiusura del capitolo II con la prima incriminazione “tacciata” di vizi di costituzionalità lascia il posto, nel capitolo che segue, ad un delitto decisamente più “a rischio”.
L’articolo in parola, infatti, introdotto con la riforma del 2006, disciplina uno dei reati più singolari e, per questo, problematici dell’intero ordinamento penale italiano, ossia il delitto di «Pornografia virtuale», il quale sanziona, con pena leggermente più lieve, le medesime condotte di cui ai due precedenti articoli, laddove esse abbiano ad oggetto materiale pornografico che consista in «immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse».
Gli enormi dubbi circa la compatibilità di questo reato con i principi costituzionali che sorreggono l’ordinamento penale ne hanno suggerito una trattazione separata; la problematicità del delitto de quo, inoltre, rappresenta la maggiore fonte d’ispirazione del titolo dell’intero elaborato.
Ne è eseguita una ricca ricostruzione dottrinale, tendenzialmente critica nei confronti di un’incriminazione di diritto penale “virtuale”, che sfocia inevitabilmente in forme surrettizie di “diritto penale d’autore”, nella lotta al “nemico pedofilo” e si è, inoltre, analizzata l’evoluzione giurisprudenziale: trattandosi di un fenomeno relativamente recente e non troppo diffuso, risulta oggetto di un numero ristretto – ma non per ciò di scarsa rilevanza - di pronunce giurisprudenziali, anche di legittimità. In seguito, si esegue un’indagine sull’ancora poco esplorato territorio del sexting, una pratica sessuale “a distanza” certamente moderna e largamente diffusa tra i giovani ma che, spesso, si trasforma da mezzo di conoscenza del corpo altrui in attività penalmente rilevante.
L’auspicio è che, data la particolarità della materia, per risparmiare alle Corti complessi ragionamenti giustificativi dell’applicazione degli artt. 600-ter e seguenti, si debba prevedere una normativa di settore, che tenga, peraltro, in considerazione, una cornice edittale leviore; per l’intanto, si osserva che un recentissimo indirizzo della Corte di Cassazione protegge da ogni censura di estensione analogica in malam partem e di overruling interpretativo la propria scelta di ricondurre queste condotte, nei casi più gravi, all’alveo dei delitti di pedopornografia.
All’interno dei quattro capitoli in cui si articola il lavoro di tesi, si affrontano le problematiche questioni relative ai diritti dei minori, a come questi vengono garantiti dalle maggiori Convenzioni internazionali e, in particolare, dalle legislazioni dei singoli Stati in una complessa ricerca di un equilibrio tra interessi dei minori e rispetto dei diritti costituzionali garantiti a chiunque risulti essere anche solo indiziato di reati caratterizzati da un alto grado di disvalore, secondo il comune sentire.
Viene condotta un’accurata analisi incentrata sui soli delitti di cui agli articoli 600 ter c.p. e 600 quater c.p., rispettivamente rubricati «Pornografia minorile» e «Detenzione di materiale pornografico»; dunque, si entra nel vivo della tematica che si intende affrontare col presente elaborato, scegliendo di concentrarsi sul terreno “accidentato” della punizione penale della pedopornografia.
Lo studio del primo articolo, introdotto con la legge del ’98 e riformato da altri due provvedimenti, passa necessariamente per un’attenta analisi dell’evoluzione giurisprudenziale sui diversi delitti che in esso sono contemplati, in quanto la formulazione di queste norme non eccelle in chiarezza, generando perplessità relativamente al rispetto del principio di tassatività-determinatezza della fattispecie penale.
L’art. 600-ter, nei sette commi di cui consta, fornisce un’ampia tutela dello sviluppo psico-fisico dei minori.
Si prosegue con l’esame del successivo articolo 600-quater, che contempla il delitto di «Detenzione di materiale pornografico», così da completare il quadro di tutela penale del diritto al regolare sviluppo sessuale dei minori, punendo anche i “consumatori finali” del mercato della pedofilia.
L’analisi critica di questa incriminazione muove dalla condivisione del pensiero di certa dottrina che ritiene non sussistere, in taluni casi di detenzione, alcuna lesione di interessi dei minori, per cui si tratterebbe di una disposizione priva dei connotati di minima offensività che devono contraddistinguere le fattispecie incriminatrici.
La scelta di trattare il reato di cui all’art. 600 quater 1 c.p. nel successivo capitolo III è stata dettata dal desiderio di creare uno snodo nella trattazione dei reati in materia di pornografia minorile: la chiusura del capitolo II con la prima incriminazione “tacciata” di vizi di costituzionalità lascia il posto, nel capitolo che segue, ad un delitto decisamente più “a rischio”.
L’articolo in parola, infatti, introdotto con la riforma del 2006, disciplina uno dei reati più singolari e, per questo, problematici dell’intero ordinamento penale italiano, ossia il delitto di «Pornografia virtuale», il quale sanziona, con pena leggermente più lieve, le medesime condotte di cui ai due precedenti articoli, laddove esse abbiano ad oggetto materiale pornografico che consista in «immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse».
Gli enormi dubbi circa la compatibilità di questo reato con i principi costituzionali che sorreggono l’ordinamento penale ne hanno suggerito una trattazione separata; la problematicità del delitto de quo, inoltre, rappresenta la maggiore fonte d’ispirazione del titolo dell’intero elaborato.
Ne è eseguita una ricca ricostruzione dottrinale, tendenzialmente critica nei confronti di un’incriminazione di diritto penale “virtuale”, che sfocia inevitabilmente in forme surrettizie di “diritto penale d’autore”, nella lotta al “nemico pedofilo” e si è, inoltre, analizzata l’evoluzione giurisprudenziale: trattandosi di un fenomeno relativamente recente e non troppo diffuso, risulta oggetto di un numero ristretto – ma non per ciò di scarsa rilevanza - di pronunce giurisprudenziali, anche di legittimità. In seguito, si esegue un’indagine sull’ancora poco esplorato territorio del sexting, una pratica sessuale “a distanza” certamente moderna e largamente diffusa tra i giovani ma che, spesso, si trasforma da mezzo di conoscenza del corpo altrui in attività penalmente rilevante.
L’auspicio è che, data la particolarità della materia, per risparmiare alle Corti complessi ragionamenti giustificativi dell’applicazione degli artt. 600-ter e seguenti, si debba prevedere una normativa di settore, che tenga, peraltro, in considerazione, una cornice edittale leviore; per l’intanto, si osserva che un recentissimo indirizzo della Corte di Cassazione protegge da ogni censura di estensione analogica in malam partem e di overruling interpretativo la propria scelta di ricondurre queste condotte, nei casi più gravi, all’alveo dei delitti di pedopornografia.