AUTORE:
Rosa Zaccariello
ANNO ACCADEMICO: 2018
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi della Campania
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Nell'epoca in cui la tecnica sembra essersi impossessata completamente della nuda vita dell'uomo sorge impellente la necessità di individualizzare le scelte, non fermandosi ad anacronistiche considerazioni fondate su un moralismo che, non guardando i casi concreti, rinnega se stesso. La Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale che sancisce il divieto assoluto, vigente nel nostro ordinamento, del suicidio assistito, questione a cui ha dato adito un atto di disobbedienza civile compiuto da Marco Cappato, tuttora impegnato nella lotta per le rivendicazioni dei diritti civili e delle libertà. Calandoci nei letti di chi vive queste tragiche esperienze di fine vita, partendo dalle loro speranze, dai loro sogni, dalle loro paure, proviamo a domandarci se davvero possa considerarsi "suicidio assistito" la scelta compiuta drammaticamente da chi vive una situazione in cui lo spirito viveva rinchiuso in un'organicita' inerte che non risponde se non alle sollecitazioni di qualche macchina e se, debba davvero considerarsi "agevolatore del suicidio altrui" colui che, compiendo un atto di solidarietà umana, viene condannato alla pena draconiana della reclusione dai 5 ai 12 anni, ex art. 580 c.p. Non parliamo di diritto a vivere o diritto a morire, bensì di diritto a non soffrire e, soprattutto, del diritto di ciascun individuo a poter essere libero di scegliere, fino alla fine.