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Violazione degli obblighi di assistenza familiare e sopravvenuto fallimento

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Violazione degli obblighi di assistenza familiare e sopravvenuto fallimento
Secondo la Cassazione, al fine di verificare la persistenza e l'esigibilità dell'obbligo di mantenimento, il Giudice deve tenere in considerazione anche la condizione di difficoltà economica dell'obbligato.
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 50295 del 28 novembre 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni circa il diritto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento, in caso di fallimento dell’obbligato.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Torre Annunziata, aveva condannato un imputato per il reato di cui all’art. 570 cod. pen. (violazione degli obblighi di assistenza famigliare), in quanto il medesimo non aveva rispettato l’obbligo assunto in sede di separazione consensuale, di “versare l'importo complessivo di Euro 1.250 mensili per il mantenimento della famiglia”.

Secondo la Corte d’appello, in particolare, “le circostanze dedotte in merito alla situazione debitoria, che lo aveva condotto al fallimento prima ed a reperire una nuova, meno remunerativa attività successivamente, non consentivano di escludere l'elemento soggettivo del reato, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice”.

L’imputato, ritenendo la sentenza ingiusta, aveva proposto ricorso per Cassazione, evidenziando come la Corte d’appello non avesse adeguatamente tenuto in considerazione il fatto che, dopo la separazione consensuale, era intervenuto il fallimento, che aveva impedito al medesimo di far fronte agli obblighi assunti.

La Corte di Cassazione riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso.

Secondo la Cassazione, in particolare, il giudice d’appello aveva errato nel non tenere in considerazione il fatto che il registrato inadempimento da parte dell’imputato era insorto ed era stato contestato “solo dal luglio 2006, epoca che si approssima a quella del sopraggiunto fallimento dell'azienda facente capo al ricorrente, la cui valenza in termini di difficoltà oggettiva, oltre che di preclusione di una volontaria mancata corresponsione è stata ingiustamente ignorata nella pronuncia impugnata”.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, se era vero che l'interessato non aveva documentato di aver versato costantemente una somma ridotta, era “pur vero che la condizione di difficoltà erroneamente trascurata dal giudicante, costituiva necessario oggetto della valutazione delle condizioni personali dell'interessato, al fine di verificare la persistenza e l'esigibilità dell'obbligo”.

Inoltre, secondo la Corte, poiché sulla base dell'imputazione, risultava contestato l'inadempimento riguardo all'assegno in favore del coniuge, rispetto a tale obbligo “era necessario dimostrare che il mancato versamento avesse generato lo stato di bisogno del creditore”, cosa che, invece, non era stata fatta nel caso di specie.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, tenendo conto di quanto osservato dalla Cassazione.


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