Si evidenziava, in particolare, che l’interpretazione della nozione di interesse del minore, offerta dalla Corte territoriale, fosse completamente svincolata dal criterio patrocinato dai giudici di legittimità, in virtù del quale si dovrebbe privilegiare, indipendentemente dal cambio di residenza della madre, la collocazione del minore presso quest’ultima. La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto la doglianza da ultimo citata inammissibile.
Si è, in tale ottica, ricordato l’orientamento di legittimità cristallizzato sul tema, in virtù del quale “il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della responsabilità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione" ( Cass. n. 18817/2015). La Corte ha, peraltro, evidenziato come le censure mosse dalla ricorrente muovano a sindacare il mero merito della decisione, spettando solo al Giudice del merito, invero, la valutazione circa la collocazione più idonea della minore; valutazione da condurre sulla base dell’unico parametro dell’interesse del minore.