Va osservato, tuttavia, che i figli non devono subire le conseguenze negative dei litigi tra i genitori, dovendo punirsi il comportamento del padre che, parlando coi figli, denigri l’altro genitore, parlando male dello stesso e influenzando le valutazioni e le opinioni dei figli stessi.
E’ chiaro, infatti, come i genitori debbano cercare in tutti i modi di superare gli aspri contrasti che si possono presentare nel corso del procedimento di separazione o divorzio o dopo la pronuncia delle relative sentenze, cercando di cooperare il più possibile nell’educare il proprio figlio.
Proprio su quest’argomento si è recentemente pronunciato il Tribunale di Roma, il quale, con la sentenza n. 899 del 2016, ha emanato un provvedimento di “ammonizione” nei confronti del padre che aveva screditato l’ex moglie davanti ai figli.
Il Tribunale, infatti, ribadisce come i genitori debbano cooperare nel percorso educativo del figlio minore, senza che uno degli stessi si imponga sull’altro in modo autoritativo.
Nel caso esaminato da Tribunale, i due genitori in questione si erano rivolti al giudice al fine di ottenere la pronuncia di divorzio.
Il Giudice, nell’emanare la relativa sentenza, adottava anche i provvedimenti relativi all’affidamento del figlio, disponendo l’affidamento condiviso dello stesso, con collocazione prevalente presso la madre.
In proposito, è utile precisare come, nell’adottare le decisioni relative all’affidamento dei figli, il giudice sia vincolato da quanto disposto sull’argomento dall’art. 155 c.c., in tema di “provvedimenti riguardo ai figli”.
In base a tale disposizione, “il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole”.
In altri termini, ciò significa che, di regola, il giudice disporrà l’affidamento condiviso dei figli (affidandoli, quindi, a entrambi i genitori), dal momento che l’affidamento esclusivo rappresenta una “eccezione”, che può essere applicata solo quando l’affidamento ad entrambi i genitori non appaia conforme al prevalente interesse del figlio.
Nel caso esaminato dal Tribunale di Roma, il figlio, originariamente collocato presso la madre, successivamente, decideva, in apparenza del tutto volontariamente, di trasferire la propria residenza presso il padre, il quale, nel frattempo, si era creato una nuova famiglia, con una nuova compagna, dalla quale erano nate due figlie.
Il perdurante contrasto tra i coniugi circa l’affidamento dei figli, però, costringeva i genitori a rivolgersi nuovamente al Giudice e, nel corso del giudizio per la modifica delle condizioni del divorzio, emergeva che la decisione, apparentemente volontaria, del figlio di trasferirsi dal padre, non era stata affatto libera, in quanto lo stesso si era determinato in tal senso a seguito del comportamento del padre medesimo, il quale aveva ripetutamente denigrato la madre, parlando male della stessa col figlio e inducendo il figlio a credere che la cosa migliore fosse trasferirsi presso il papà.
Il Tribunale evidenzia, dunque, la notevole gravità di un comportamento di questo tipo, e conclude nel senso di “ammonire”, appunto, il padre a non ripetere tali atteggiamenti e di disporre che il figlio torni a risiedere presso la madre, come stabilito all’inizio.