Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti di un altro soggetto, chiedendo che il Giudice dichiarasse l’avvenuto acquisto per usucapione di un terreno, con retrostante fabbricato rurale, su cui l’attore affermava di “avere esercitato per oltre venti anni, comportandosi come solo ed unico proprietario, in modo indisturbato, pubblico e notorio, atti di possesso perfettamente corrispondenti al diritto di proprietà”.
A sostegno delle proprie ragioni, l’attore evidenziava di aver esercitato tali atti di possesso “con segni visibili”, come “la messa a dimora di piante, di serrature e/o catene e di ogni altra opera necessaria al miglioramento del bene immobile” e di aver provveduto, altresì, al pagamento dei tributi.
La domanda dell’attore era stata accolta in primo grado ma la sentenza era stata riformata in grado di appello.
Secondo la Corte d’appello, infatti, dalle prove testimoniali assunte in corso di causa, era emerso che il soggetto in questione aveva iniziato a svolgere attività sul terreno solo a seguito del consenso della proprietaria.
Di conseguenza, secondo la Corte d’appello, il soggetto in questione non si era comportato “come proprietario” del bene ma l’aveva utilizzato nella piena consapevolezza che il proprietario era un altro soggetto, il quale aveva acconsentito all’utilizzo stesso.
Ritenendo la decisione ingiusta, il soggetto interessato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che “chi agisce in giudizio per ottenere di essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito”, deve dimostrare non solo di aver esercitato un comportamento corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà sul bene ma deve dimostrare anche la propria intenzione di comportarsi come proprietario del bene stesso.
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, il soggetto in questione aveva dimostrato solamente di aver esercitato il possesso sul bene ma non aveva dimostrato il secondo elemento, vale a dire, l’intento di comportarsi come proprietario del terreno oggetto di contestazione.
Infatti, secondo la Cassazione, dalle prove raccolte in corso di causa, poteva desumersi che il soggetto in questione “era stato immesso nel godimento del terreno in questione a seguito del consenso del coniuge della proprietaria C.E., madre della P., attuale proprietaria, la cui volontà era stata poi rispettata dall’erede, dopo la sua morte”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto avverso la sentenza che aveva rigettato la domanda di usucapione, confermando integralmente la stessa e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.