Questo istituto, disciplinato dall'art. 1158 del c.c. e ss., prevede la possibilità di acquistare la proprietà del bene in virtù del possesso continuato per venti anni dello stesso.
Precisa, infatti, la disposizione che “la proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”.
Va osservato che esistono anche dei casi in cui il termine ventennale viene dimezzato: si tratta delle ipotesi della cosiddetta usucapione decennale (o breve), indicate nell’art. 1159 del c.c., in base al quale “colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione”.
Quindi, se un soggetto ha in mano un titolo (per esempio, un documento) che dia atto dell’avvenuto trasferimento della proprietà del bene, non è necessario aspettare venti anni per far accertare l'acquisita titolarità del diritto di proprietà, ma sono sufficienti dieci anni, a condizione che di tale atto ci sia traccia nei pubblici registri.
La stessa disposizione si applica nel caso di acquisto degli altri diritti reali di godimento sopra un immobile (si pensi, per esempio, al diritto di usufrutto).
Per far valere l’usucapione, in particolare, sarà necessario ottenere una “sentenza dichiarativa” del Tribunale: si tratta, in particolare, di una sentenza che si limita ad accertare e dichiarare che il diritto di proprietà è in capo al soggetto che afferma di aver usucapito il bene stesso. Si tratta di una pronuncia c.d. di mero accertamento, con la conseguenza che non è la sentenza che determina il trasferimento della proprietà, in quanto la stessa si limita ad accertare che il diritto di proprietà stesso è già nella titolarità di un soggetto piuttosto che di un altro, in virtù, appunto dell’avvenuta usucapione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8220 del 2016, è recentemente intervenuta in tema di usucapione, esaminando il caso particolare in cui un soggetto utilizzi per oltre venti anni uno spazio destinato ad area di parcheggio di proprietà di un altro soggetto, tenendo, dunque, un comportamento analogo a quello dell’effettivo proprietario dello stesso.
Ebbene, occorre chiedersi se tale condotta possa integrare il possesso che la legge richiede ai fini dell’acquisto per usucapione.
E’ opportuno precisare, innanzitutto, che risulta del tutto legittima la vendita di un’area destinata a parcheggio, dal momento che il diritto di utilizzare tale spazio da parte del "parcheggiatore" è compatibile con l’eventuale diritto di proprietà in capo ad un altro soggetto, con la conseguenza che ben può verificarsi una distinzione tra proprietario e titolare del diritto d’uso del parcheggio stesso.
E', infatti, certamente possibile che il proprietario di un parcheggio lo conceda in uso ad altri, dietro, magari il pagamento di un corrispettivo. Allo stesso modo, il proprietario potrà anche vendere il parcheggio medesimo.
Di conseguenza, come è possibile la vendita di tale diritto di uso a soggetti terzi, così deve ritenersi possibile l’acquisto del medesimo per usucapione: pertanto, chi utilizza in modo continuativo per venti anni un parcheggio, potrà ottenere una sentenza del tribunale che dichiari che lo stesso ne è divenuto proprietario per usucapione.
Sull’argomento riguardante l’usucapione di uno spazio destinato a parcheggio ha, peraltro, già avuto modo di pronunciarsi la Corte di Cassazione, la quale, in diverse sue sentenze, ha ribadito come “la proprietà delle aree interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, può essere acquistata per usucapione, non comportandone tale vincolo indisponibilità, inalienabilità e incommerciabilità” (Cass. civ., sent. 15 novembre 2002, n. 16053; Cass. civ., sent. 7 giugno 2002, n. 8262).