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Troppe ore di attesa al pronto soccorso, puoi chiedere un risarcimento: ecco le prove necessarie e i danni risarciti

Troppe ore di attesa al pronto soccorso, puoi chiedere un risarcimento: ecco le prove necessarie e i danni risarciti
Le attese al pronto soccorso possono dar luogo a un risarcimento se causano danni alla salute: ecco quando scatta la responsabilità, chi può agire, quali prove servono e i termini per fare causa
Essere costretti a lunghe ore di attesa al pronto soccorso, anche in condizioni di sofferenza o emergenza, è purtroppo un’esperienza comune a molti cittadini. Ma cosa succede se, a causa di questo ritardo, la situazione clinica di un paziente peggiora in modo significativo? Esistono delle tutele? È possibile chiedere un risarcimento per danni subiti? La risposta è sì, ma solo in presenza di specifici presupposti giuridici e medici.
In questo articolo vedremo quando la responsabilità della struttura sanitaria può essere accertata, come ottenere il risarcimento per il danno subito e quali sono i tempi e le modalità per far valere i propri diritti.

Il diritto alla salute e l'obbligo di prestazioni tempestive
L’art. 32 Cost. riconosce la salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività. Da questo principio discende l’obbligo, per il Servizio Sanitario Nazionale e per le sue articolazioni territoriali, di garantire prestazioni tempestive, efficaci e proporzionate al bisogno di cura. In particolare, nei pronto soccorso, ogni cittadino ha diritto a essere assistito secondo la gravità del suo stato di salute e non in base all’ordine di arrivo.
Le strutture di emergenza si basano sul c.d. sistema di triage, che assegna a ogni paziente un codice di priorità in base alla gravità della situazione clinica. È quindi evidente che un ritardo nell’intervento, soprattutto nei casi più urgenti, può avere conseguenze molto gravi, fino alla morte del paziente.

La normativa principale in materia è costituita dal Decreto Ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015. Questo decreto rappresenta il punto di riferimento per definire l’organizzazione degli ospedali italiani, sia pubblici che privati accreditati. Il testo, corredato da numerosi allegati tecnici (in particolare l’All. 1), fissa in modo dettagliato gli standard minimi che ogni struttura sanitaria è tenuta a rispettare sotto il profilo qualitativo, strutturale, tecnologico e quantitativo.

Quali standard devono rispettare gli ospedali italiani?
Secondo il D.M., ogni ospedale che fa parte del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), o che opera in convenzione, deve garantire:
  • un’organizzazione efficiente dei reparti, inclusi i servizi di emergenza;
  • la presenza di personale qualificato in numero sufficiente per gestire i flussi di pazienti;
  • l’adozione di tecnologie sanitarie moderne e strutture adeguate alle necessità dell’utenza;
  • il rispetto di tempi di intervento commisurati alla gravità clinica.
Proprio quest’ultimo punto è particolarmente rilevante per chi accede a un pronto soccorso, poiché riguarda direttamente i tempi di attesa massimi che la struttura può ritenere accettabili in base alla condizione clinica del paziente.

Quando il ritardo diventa responsabilità sanitaria
Non ogni attesa è automaticamente indice di una violazione. In condizioni di particolare affollamento o in presenza di emergenze multiple, i ritardi possono anche essere giustificati. Tuttavia, quando l'attesa supera i tempi previsti per il codice triage assegnato e ciò comporta un peggioramento dello stato clinico o addirittura un evento avverso evitabile (come invalidità, complicanze, decesso), la situazione cambia: la responsabilità della struttura può essere chiamata in causa.
Perché vi sia un risarcimento, devono verificarsi tre elementi:
  • condotta omissiva o ritardata della struttura sanitaria;
  • danno concreto e dimostrabile alla salute subito dal paziente (come, ad esempio, un peggioramento delle condizioni cliniche oppure il venir meno della possibilità di guarire);
  • nesso causale tra il ritardo e il danno.
Il ruolo del triage nella valutazione della responsabilità
Il triage rappresenta un punto cruciale nell'accertamento della responsabilità. Questo sistema classifica i pazienti con codici – colori:
  • rosso: emergenza assoluta;
  • giallo: urgenza con potenziale pericolo di vita;
  • verde: condizioni stabili ma che richiedono assistenza;
  • bianco: situazioni non urgenti.
Il superamento dei tempi massimi previsti per ciascun codice può diventare elemento rilevante per dimostrare un'inadeguata condotta da parte del personale del pronto soccorso. Se un paziente in codice giallo è costretto ad attendere ore prima di essere visitato e subisce danni alla salute che un intervento tempestivo avrebbe potuto evitare, la responsabilità della struttura ospedaliera può essere accertata in sede civile.

A chi spetta il risarcimento? Chi è responsabile?
Il soggetto legittimato a chiedere il risarcimento è il paziente stesso o, in caso di decesso o gravi conseguenze, anche i familiari stretti (coniuge, figli, genitori). Ma chi è responsabile? La responsabilità non grava necessariamente sul singolo medico o infermiere, bensì sull’intera organizzazione sanitaria.
Infatti, il pronto soccorso è un servizio pubblico gestito da un ente (ASL, ASST, ospedale pubblico o convenzionato) tenuto a garantire la funzionalità del sistema, la disponibilità di personale sufficiente, strumenti, protocolli e strutture idonee. In presenza di carenze organizzative - come mancanza di medici, tempi eccessivi di attesa, o disorganizzazione cronica - è la struttura a doverne rispondere, purché il paziente sia in grado di provarle.

Quali prove servono per ottenere il risarcimento?
Per dimostrare il danno e ottenere un risarcimento, è fondamentale raccogliere apposita documentazione medica e amministrativa, tra cui:
  • il referto del pronto soccorso con data, orario di arrivo e codice triage assegnato;
  • la cartella clinica completa;
  • i tempi esatti di attesa e di presa in carico;
  • i referti diagnostici successivi;
  • le eventuali perizie mediche di parte.
Spesso è necessario ricorrere a un consulente medico-legale, che possa accertare se l’evento lesivo fosse evitabile e quale sarebbe stato l’evolversi della patologia in assenza del ritardo. È, inoltre, consigliabile rivolgersi a un avvocato specializzato in responsabilità sanitaria per valutare la fattibilità di un’azione legale.

Che tipo di danni possono essere risarciti?
In caso di responsabilità accertata, il risarcimento può riguardare:
  • danno biologico (lesioni fisiche o peggioramento della salute);
  • danno morale (sofferenze psicologiche subite);
  • danno patrimoniale (spese mediche sostenute, perdita di reddito);
  • danno esistenziale (compromissione della qualità della vita).
In caso di decesso del paziente, i familiari possono richiedere il risarcimento per perdita del rapporto parentale e per i danni subiti indirettamente (sofferenza, trauma, mancato sostegno familiare o economico).

Quanto tempo si ha per chiedere il risarcimento?
I termini per presentare una richiesta risarcitoria sono soggetti a prescrizione, cioè a un limite temporale oltre il quale il diritto non può più essere esercitato:
  • 10 anni se si invoca la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, sulla base del rapporto di affidamento che si instaura tra paziente e ospedale;
  • 5 anni nel caso si proceda sulla base della responsabilità extracontrattuale (cioè come illecito civile).


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