La vicenda trae origine dal
ricorso presentato da un uomo avverso la
sentenza della Corte d’
appello che confermava la declaratoria dello
stato di adottabilità del figlio, sulla base dello stato di
detenzione di entrambi i genitori per reati contro il patrimonio e contro la persona, oltre che per reati collegati all'uso di
sostanze stupefacenti.
La Cassazione si è espressa a riguardo con l’
ordinanza n. 319/2020. La Suprema Corte ha sottolineato, innanzitutto, che è ormai principio consolidato il fatto che, qualora la
famiglia d’origine non sia in grado di garantire al figlio la
necessaria assistenza e la stabilità affettiva, l’interesse del
minore a vivere con essa può venir meno, se sussiste un grave pregiudizio per un suo equilibrato ed armonioso sviluppo.
È chiaro, però, che le carenze morali e materiali che integrano lo
stato di abbandono del minore non devono dipendere da cause di
forza maggiore di natura transitoria: tale motivo di giustificazione è espressamente previsto dalla
legge n. 184/1983. L'
adozione, infatti, costituisce una misura eccezionale a cui si ricorre solo qualora altre soluzioni, dirette a favorire il ricongiungimento del figlio con i genitori, si siano dimostrate impraticabili.
Nel caso in esame, la condizione di abbandono del minore è dimostrabile dal fatto che il genitore si trovi in stato di
detenzione, per aver questi posto in essere una
condotta criminosa: tale condizione, infatti,
non costituisce una causa di forza maggiore transitoria.
Alla luce di questi motivi, la Cassazione ha ritenuto che fosse pienamente giustificata la
decisione con cui la Corte territoriale escludeva la possibilità di recupero della capacità genitoriale del padre.
Poiché le questioni collegate alla tutela del minore necessitano di una sollecita definizione, nel caso in esame sarebbe stato impossibile ricorrere in tempi brevi a delle misure alternative di sostegno e, per queste ragioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.