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Rumori molesti in condominio, ecco come impedire al vicino di fare rumore e come chiedere un risarcimento danni

Rumori molesti in condominio, ecco come impedire al vicino di fare rumore e come chiedere un risarcimento danni
Musica ad alto volume, schiamazzi notturni e rumori molesti dei vicini. Quando il rumore diventa intollerabile? Ecco come impedire al vicino di fare rumore e ritrovare la serenità
Avere a che fare con i vicini di casa non è affatto semplice; la situazione può divenire ancora più complessa se si vive in condominio. Difatti, una delle ragioni più frequenti di liti condominiali è rappresentata dai rumori molesti provenienti dall’appartamento del vicino. I rumori fastidiosi possono i più svariati: semplici schiamazzi, lavori di ristrutturazione, musica ascoltata ad alto volume in piena notte, rumorosi elettrodomestici in attività già alle 7 del mattino. Insomma, la lista può essere davvero lunga. Ma tutto questo è consentito? E, soprattutto, cosa si può fare a riguardo?

Regolamento di condominio
La prima cosa da fare in caso di rumori molesti è verificare cosa prevede il regolamento condominiale in merito e se al suo interno siano specificati degli orari in cui non è concesso fare rumore. In linea generale, le fasce orarie in cui va rispettato il silenzio sono:

  • dalle ore 13:00 alle 15:00;
  • dalle ore 21/22:00 alle 8:00.


Per cui, un condomino che fa continuo baccano o ascolta musica ad alto volume ad orari non consentiti potrebbe violare potenzialmente il regolamento del proprio condominio.
In tal caso, si potrà contattare l’amministratore di condominio per far cessare il chiasso proveniente dall’ appartamento, ma solo qualora il regolamento in questione lo preveda.
Invece, nel caso in cui il regolamento condominiale non stabilisca delle specifiche regole per limitare i rumori all'interno dell'edificio allora si dovrà far riferimento alla legge.

Cosa dice la legge
L’art. 844 c.c., disciplina le cd. immissioni e stabilisce che solo i rumori che superano il limite della “normale tollerabilità” possono considerarsi illegali.
Per sapere cosa si intende per “normale tollerabilità” occorre fare una verifica del caso concreto. Ciò significa valutare con che frequenza il vicino fa rumore: se accade quotidianamente o se si tratta di rumori occasionali. Inoltre, sarà importante individuare in quali momenti della giornata si verificano i rumori. Si pensi al rumore di un’aspirapolvere in funzione in piena notte che non ci lascia dormire. Lo stesso elettrodomestico, se utilizzato durante il giorno, potrebbe risultare sicuramente meno fastidioso.
Infine, si deve guardare alla c.d. “situazione ambientale”, ossia alla zona dove si verificano questi rumori. Ad esempio, chi vive in un palazzo in pieno centro sarà sicuramente più soggetto a rumori (traffico, rumori di gente in strada ecc.) rispetto a chi vive in un luogo isolato.

Come calcolare il rumore
Per rendere più uniforme il metro di giudizio, la recente giurisprudenza ha adottato un criterio di calcolo dei rumori, seppur non espressamente previsto dalla legge. Tale criterio si basa sul rapporto tra i decibel di rumore prodotti e quelli provenienti dall’esterno.
In particolare, la stessa ha stabilito che, nelle ore notturne, è considerato disturbante - e quindi intollerabile - tutto ciò che supera di oltre 3 decibel il rumore di fondo. Di giorno, invece, c’è una maggiore tolleranza e risultano vietati i rumori che superano di oltre 5 decibel il rumore di fondo.
In caso di contenziosi, la valutazione di questi rumori viene spesso rimessa ad un perito esperto in fonometria.

Cosa si può fare per impedire i rumori?
Se il vicino proprio non vuole saperne di abbassare il volume dello stereo e rientrare nei limiti della tollerabilità del rumore, allora si potrà agire per vie legali.
Il soggetto che subisce l’immissione potrà presentare un ricorso d'urgenza al giudice, chiedendo la cessazione della condotta molesta e lesiva (c.d. tutela inibitoria prevista dall’art. 700 c.p.c.), oltre al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
Per ottenere il risarcimento del danno (art. 2043 c.c.), oltre a provare l’esistenza del rumore, andrà dimostrato anche il danno alla salute o alla serenità quotidiana quale diretta conseguenza del rumore intollerabile.


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