Il codice civile contiene una disciplina specifica relativa alle immissioni rumorose, dettata dall’art. 844 codice civile, il quale stabilisce che debbano essere tollerate le immissioni che non superino la soglia della “normale tollerabilità”.
Tuttavia, ci si potrebbe chiedere se il regolamento di condominio possa derogare a tale disposizione, prevedendo una soglia di tollerabilità più bassa per i rumori.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 5465 del 3 maggio 2016, si è pronunciata proprio in merito a questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dal Tribunale, la società immobiliare amministratrice del condominio, aveva agito in giudizio nei confronti di una coppia di condomini, al fine di ottenere la condanna dei medesimi alla cessazione delle immissioni di rumore prodotte nell’appartamento di loro proprietà, in quanto tale comportamento si poneva in violazione del regolamento condominiale, oltre che delle norme del codice civile in materia di immissioni.
In particolare, la società riferiva di aver concesso in locazione un appartamento del condominio ad un soggetto, il quale aveva lamentato “diversi episodi di intollerabile disturbo della quiete diurna e soprattutto notturna”, a causa di “musica ad altissimo volume, schiamazzi, grida, insulti fra familiari e rumori derivanti da probabili colluttazioni, talmente acuti da disturbare il sonno e la quiete notturna”.
Nonostante le lamentele, i rumori non erano cessati, con la conseguenza che il soggetto in questione aveva “preannunciato alla locatrice che, in caso di ulteriore prosecuzione delle emissioni sonore, avrebbe esercitato il recesso dal contratto”.
Per risolvere il problema, quindi, la società locatrice aveva deciso di effettuare degli interventi di insonorizzazione dell’immobile ma, nonostante ciò, il locatario aveva deciso di recedere dal contratto di locazione, motivando tale decisione con il fatto che la rumorosità dei vicini rendeva intollerabile la permanenza nell’abitazione, in quanto “urla, litigi, musica a volume altissimo” , provenivano dall’abitazione vicina “a qualsiasi ora del giorno e della notte, rendendo impossibile la tranquilla e normale permanenza nell’alloggio”.
La società, inoltre, chiedeva che i condomini stessi fossero condannati “ad adottare le precauzioni necessarie a contenere le emissioni rumorose a livelli idonei ad evitare pregiudizi al riposo, alla quiete ed alla salute delle persone che abitano nel suo immobile”, nonché al risarcimento del danno, (in considerazione del “deprezzamento dell’immobile” e della mancata percezione dei canoni di locazione), oltre che al rimborso delle spese sostenute per l’insonorizzazione dell’immobile stesso.
I condomini convenuti in giudizio si difendevano affermando di aver immediatamente cessato i rumori, una volta ricevute le lamentele e che, comunque, quei rumori erano solo “normali cene di famiglia” e che “derivavano esclusivamente dalle condizioni di udito gravemente scemate” di un famigliare, “prossimo al compimento di settantacinque anni … il volume alto della musica e/o televisione e/o delle voci durante le normali conversazioni di casa erano causate esclusivamente dalla necessità di consentire al convenuto di sentire ed essere sentito, a causa dei propri problemi di udito”.
Il Tribunale, tuttavia, riteneva le domande svolte dalla società parzialmente fondate.
Il Giudice, infatti, osservava come il regolamento condominiale faccesse “assoluto divieto” ai condomini “di recare disturbo ai vicini con rumori di qualsiasi natura e, segnatamente, dalle ore 20,00 alle ore 8,00”, con la conseguenza che si tratta di una norma ben più restrittiva di quella di cui all’art. 844 codice civile, il quale “richiede la dimostrazione che le emissioni rumorose superino la soglia della tollerabilità, che è concetto ben diverso dal semplice “disturbo””.
Il regolamento di condominio, quindi, non prevedeva di dover sopportare le immissioni rumorose al di sotto della soglia della “normale tollerabilità” ma, al contrario, faceva “assoluto divieto” di rumori negli orari di riposo.
Pertanto, il giudice riteneva provata la violazione di tale norma regolamentare e riteneva, altresì, violato l’art. 844 codice civile, dal momento che risultava adeguatamente provato anche il superamento della soglia della “normale tollerabilità”.
Il giudice, inoltre, riconosceva il diritto al risarcimento del danno, ma solo nei limiti della “mancata percezione del reddito ricavato dalla locazione dell’immobile, per effetto del recesso del conduttore, ed al rimborso delle spese sostenute per porre rimedio al problema”