Se lo si chiede ai condomini che vi partecipano, quasi tutti risponderanno che queste riunioni sono “senza fine”. Però, vediamo cosa dice la legge sulla questione.
La legge stabilisce una durata massima per le assemblee condominiali?
La risposta è no. La legge non dice alcunché. Infatti, il codice civile (art. 66 disp. att. c.c. e art. 1136 c.c.) precisa soltanto che, tra l’assemblea in prima convocazione e quella in seconda convocazione, deve passare almeno un giorno e non devono intercorrere più di dieci giorni.
Quindi, una riunione potrebbe essere brevissima (il tempo di accertare l’assenza dei quorum costitutivi) o prolungarsi per ore. Tutto dipende dal numero e complessità dei punti all’ordine del giorno e dal numero dei partecipanti.
Però, l’art. 66 disp. att. c.c. prevede che l’amministratore (o altro soggetto convocante) ha la facoltà di suddividere l’assemblea in più incontri consecutivi, assicurando comunque che la riunione si svolga in tempi brevi. Infatti, con l’originario avviso di convocazione, l’amministratore può già stabilire una calendarizzazione delle eventuali successive sedute (indicando data e ora) per la prosecuzione della discussione e deliberazione da parte dell’assemblea già validamente costituita.
Se il codice civile tace, ci si chiede se il regolamento condominiale possa imporre una durata massima della riunione condominiale.
L’art. 1138 c.c. stabilisce che, se è obbligatorio (quando ci sono più di dieci condomini), il regolamento condominiale contiene le norme sull’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese spettanti ad ogni condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.
Si ritiene che, tra le norme sull’amministrazione delle cose comuni, possano essere ricomprese anche disposizioni sulle modalità di svolgimento dell’assemblea. Ad esempio, dall’art. 66 disp. att. c.c. si comprende che il regolamento condominiale può espressamente prevedere che la partecipazione all'assemblea possa avvenire in modalità di videoconferenza.
Da un lato, è dubbia la liceità di una clausola che fissi l’indicazione generale e specifica della durata massima dell’assemblea condominiale. Questo perché una tale generale limitazione rischierebbe di restringere o sopprimere il diritto del singolo condomino di discutere e partecipare in modo attivo all’assemblea e ciò a priori e senza alcuna valutazione del caso concreto.
Pertanto, deve escludersi che il regolamento condominiale, nel disciplinare il funzionamento della riunione di condominio, preveda una forma di limitazione dei tempi dell’assemblea con l’imposizione di una generale durata massima della riunione.
Dall’altro lato, però, il regolamento condominiale può stabilire delle regole per la corretta gestione dell’assemblea, al fine di evitare che ogni riunione diventi interminabile.
Ad esempio, il regolamento potrebbe porre un numero massimo di argomenti da mettere all’ordine del giorno oppure potrebbe imporre all’amministratore di condominio di avvalersi della facoltà di frazionamento dell’assemblea ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c.
Ancora, come si capisce anche da quanto sostenuto dalla Suprema Corte (con sent. n. 24132 del 2009), il regolamento può consentire al Presidente di stabilire la durata di ogni singolo intervento nel corso dell’assemblea condominiale per evitare contributi superflui o sovrabbondanti, ma comunque garantendo ad ogni condomino la possibilità di esprimere le proprie ragioni su tutti i punti all’ordine del giorno e oggetto di discussione.
Inoltre, al Presidente può anche essere riconosciuto il potere di rinviare a nuova data l’assemblea che si prolunga oltre un ragionevole lasso di tempo, nonché specifici poteri di direzione della riunione.
Quindi, anche se non è possibile stabilire direttamente una durata massima della riunione, ciò non vuol dire che i condomini siano costretti ogni volta a sopportare un'assemblea interminabile.